Welfare & Lavoro

Mutilazioni genitali femminili, le vittime sono 125 milioni

I numeri dell’Unicef che parlano di un fenomeno che colpiusce donne e ragazze in 29 paesi di Africa e Medio Oriente. Sabato 6 febbraio l’Onu ricorda questa violazione dei diritti umani con una Giornata Mondiale

di Mara Cinquepalmi

Oltre 125 milioni di donne e ragazze in 29 paesi dell’Africa e del Medio Oriente. Sono questi i numeri, secondo l’Unicef, delle vittime delle mutilazioni genitali femminili. Sabato 6 febbraio l’Onu ricorda questa violazione dei diritti umani con una Giornata Mondiale (su Twitter l’hashtag è #EndFGM). Si accendono così i riflettori su un problema concentrato in una fascia di paesi che va dalla costa atlantica al Corno d'Africa e spesso dovuto ad un mix di fattori culturali, religiosi e sociali all'interno delle famiglie e delle comunità.

Mutilazioni che causano gravi emorragie, problemi di salute e complicazioni nel parto al punto di aumentare il rischio di mortalità neonatale.

Secondo le stime delle Nazioni Unite, se le tendenze attuali continuano, entro il 2030 altre 15 milioni di bambine in tutto il mondo saranno sottoposte a questa pratica. Purtroppo in molti paesi la raccolta di dati statistici sul tema è abbastanza recente e questo non permette di avere un quadro esaustivo. Spesso, come in Italia, si tratta addirittura solo di stime.

Le MGF sono lesioni agli organi genitali femminili, come la rimozione parziale o totale di quelli esterni dovute non a questioni mediche. A praticarle sono spesso gli operatori sanitari (oltre il 18%) e la tendenza è in aumento. La giornata mondiale 2016 punta sulla formazione e sul coinvolgimento di medici, infermieri, ostetriche e chirurghi perché diventino sostenitori della “tolleranza zero” nei confronti delle MGF.

Secondo Lale Say, esperta di mutilazione genitale femminile dell'OMS, gli operatori sanitari dovrebbero ricevere una formazione specifica per migliorare l'assistenza clinica delle donne.

La questione delle MGF è entrata per la prima volta nell’agenda internazionale nel 1979, in occasione di un seminario dell’OMS. In quello stesso anno è uscita anche la prima dichiarazione dell’UNICEF.

Nel corso degli anni sono stati prodotti altri documenti, poi nel 2008 l’OMS ha approvato una risoluzione sull'eliminazione delle mutilazioni genitali femminili sottolineando la necessità di un'azione concertata in tutti i settori (dalla sanità all’istruzione). In quello stesso anno l’Unicef e l’Unfpa, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, hanno lanciato un programma comune sulle MGF, il più grande a livello globale, che coinvolge istituzioni, società civile e religiosa tanto che diversi paesi hanno approvato una legge che vieta le mutilazioni genitali femminili e sviluppato politiche nazionali per eliminarle.

Nel dicembre 2012 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che ha istituito la giornata mondiale e che chiamava all’azione gli Stati ed i governi. Due anni più tardi la stessa Assemblea è tornata sulla questione adottando un’altra risoluzione.

Ventisei paesi dell'Africa e del Medio Oriente hanno vietato le MGF per legge o per decreto costituzionale. Con l'eccezione della Guinea e della Repubblica Centrale Africana, dove i divieti risalgono già a metà degli anni ‘60, il processo legislativo per rendere fuori legge le MGF si è diffuso solo di recente. In Kenya vale anche un principio di extraterritorialità in base al quale vengono puniti i cittadini che praticano le MGF al di fuori del paese.

L’ultimo in ordine di tempo a vietarle è stato il Parlamento del Gambia che, lo scorso 28 dicembre, ha votato a larga maggioranza una proposta di legge in base alla quale chi pratica le MGF rischia fino a tre anni di carcere o una multa di 1250 dollari e, se la donna muore, rischia l’ergastolo.

Il divieto è stato adottato anche da 33 paesi di altri continenti, anche se in alcuni, come Canada e Stati Uniti, è illegale solo per i minori.

“Prevenire, Proteggere, Perseguire e realizzare Politiche integrate” è la strategia adottata dalla Convenzione di Istanbul per contrastare la violenza nei confronti delle donne, incluse le MGF alle quali è dedicato l’articolo 38.

Le mutiliazioni genitali femminili riguardano anche l’Italia, dove sono vietate da una legge del 2006. Il dato più recente disponibile per il nostro paese risale ad uno studio del 2009 commissionato dal Dipartimento per le Pari Opportunità secondo cui in Italia risiedono 110.000 donne provenienti da paesi dove si praticano le MGF, 35.000 le hanno subite e 1.000 sono a rischio.

Il provvedimento del 2006 ha istituito anche un numero verde gratuito, 800 300 558, attivo dal 2009. Disponibile dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 14 e dalle 15 alla 20, il numero è gestito dalla Direzione Centrale Anticrimine del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno.

Dal 2009 ad oggi sono state 200 le telefonate ricevute e di queste due si riferivano a situazioni che sono state poi istruite presso le squadre mobili competenti. Dopo un primo exploit, il numero verde non riceve un gran numero di segnalazioni. Difficile, infatti, che le vittime, soprattutto se bambine, si rivolgano ad un numero della Polizia, mentre sarebbe più facile raccogliere segnalazioni dai servizi sociali e dalle scuole, ovvero quelle antenne sul territorio che possono intercettare situazioni dove la pratica è stata compiuta. Una soluzione potrebbe essere far confluire questo tipo di richieste d’aiuto nel 1522, il numero verde dedicato alla violenza contro le donne.

Occorre un lavoro di rete che dia centralità alla precenzione. «Questo significa – spiega Clara Caldera di AIDOS – soprattutto aprire uno spazio d’informazione, sensibilizzazione e dialogo con le donne e le comunità che vengono da Paesi e comunità in cui la pratica è la norma, favorendo l'empowerment delle donne e ragazze. Infatti, molte comunità di migranti che praticano le MGF hanno legami forti con i paesi di origine e così come possono venire condizionati nel portare avanti la pratica possono invece a loro volta essere agenti di cambiamento nel promuoverne l'abbandono. Questo è l’approccio del progetto CHANGE Plus on Female Genital Mutilation (FGM) within African Communities in the European Union cofinanziato dalla Commissione Europea di cui AIDOS è partner. Fondamentale quindi lavorare in modo transnazionale, creando ponti tra le persone e le comunità che risiedono stabilmente in Europa e i paesi d’origine, tra i professionisti di diversi settori, ma anche tra i governi. Questo lavoro è uno dei principali obiettivi della rete europea ENDFGM che mette insieme 13 OSC di 11 paesi membri».


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