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Dalle rovine, la speranza: l’importante iniziativa del Museo Salinas

Venerdì 5 febbraio, il Museo Archeologico “Antonino Salinas” di Palermo ha dedicato una sala a Khaled al-Asaad, l'archeologo siriano barbaramente ucciso dall'Isis. Segno di un'istituzione che sa guardare avanti e, come dice la sua direttrice, "vuole farsi scuola", con iniziative che si diramano tra le due sponde del Mediterraneo.

di Valentina Porcheddu

Il 5 febbraio, il Museo Archeologico “Antonino Salinas” di Palermo – la prima istituzione museale della Sicilia, formatasi nel 1814 come museo dell’Università e divenuta museo nazionale nel 1860 – ha dedicato una sala a Khaled al-Asaad, l’ottantaduenne archeologo siriano barbaramente ucciso dallo Stato Islamico il 18 agosto 2015.

L’assassinio di al-Asaad, per mezzo secolo “custode” della Sposa del deserto – così veniva chiamata Palmira per la bellezza dei suoi monumenti – ha suscitato orrore nell’opinione pubblica, sentimento accresciuto dalle distruzioni operate dallo Stato Islamico nella Città carovaniera, dove da sempre si erano incontrati popoli, dèi e culture.

Noto alla comunità scientifica internazionale, al-Asaad è stato ucciso dagli uomini del Califfo Al-Baghdadi per “aver rappresentato la Siria in conferenze blasfeme ed esser stato il direttore degli antichi idoli di Palmira” (queste le parole scritte dagli stessi jihadisti su un cartello svettante dalla testa mozzata dello studioso).

Malgrado la condanna contenesse anche l’accusa di apostasia e non fosse priva di riferimenti politici, è sul “sacrificio” di un uomo giusto, immolatosi per la difesa del patrimonio dell’umanità, che i media hanno costruito la retorica del “martirio”.

Al di là delle speculazioni e del proliferare – soprattutto in Italia – di eventi connessi alla tragica fine di al-Asaad, ciò che resta è la barbarie dell’esecuzione e delle motivazioni che l’hanno provocata.

Ma se la morte di un archeologo non vale certo di più di quella delle migliaia di civili massacrati, dal 2011 a oggi, sotto le bombe del regime, essa è in grado più di altre di trasmettere un messaggio di pace. Forse perché l’archeologo è – nell’immaginario comune – una persona capace di raccontare storie e rivelare «tesori». In questo quadro, l’iniziativa del museo Salinas, impegnato da anni in progetti che avvicinino l’archeologia alla gente – tante le attività già svoltesi in questo senso come portare alcuni reperti nel carcere minorile Malaspina di Palermo – appare degna di nota.

Il giorno dell’inaugurazione della sala Khaled al-Asaad – la cui memoria riposerà ora nella nuova saletta dei sarcofagi fenici della Cannita – gli studenti del Liceo Classico “Giovanni Meli” di Palermo hanno incontrato Paolo Matthiae, illustre studioso del Vicino Oriente e scopritore della città di Ebla.

Un museo, il Salinas, che nei desideri della direttrice Francesca Spatafora, deve essere “scuola”. Perché se i detenuti magrebini dell’istituto penitenziario Malaspina hanno potuto riconoscere nelle ceramiche puniche di Palermo le radici delle loro tradizioni e sentirsi parte di un’unica cultura mediterranea, anche coloro che visiteranno d’ora in poi il museo possano vedere attraverso gli occhiali di Khaled al-Asaad – ritrovati intatti malgrado la violenza subita – un orizzonte di speranza.

Immagine in copertina: Paolo Matthiae con uno studente al Museo Salinas di Palermo.


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