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Sodoma-Europa: a Bruxelles l’Expo della maternità surrogata

Quale amore, quale dono, quale desiderio? Schiavitù, tratta di esseri umani, mercificazione estrema di donne e bambini, marketing e bieco business: ecco è il volto della maternità surrogata commerciale. Altro che generoso gesto d'amore, come l'ha recentemente definito Saviano. Il business si esibisce, ha le sue agenzie, i suoi addetti marketing, i suoi devoti e le sue fiere. Accade a Bruxelles, nel cuore dell'Europa

di Marco Dotti

Ricordate l'epoca delle dimostrazioni e delle vendite a domicilio? Radunate donne e uomini in un salotto, il rappresentante iniziava a magnificare il proprio prodotto. Aspirapolveri, smacchiatutto, cosmetici, macchine miracolose per cucire, stirare, far di conto. Ricordate? Bene, dimenticate tutto. La nuova frontiera della vendita porta a porta è la maternità surrogata. A domicilio. O quasi.

Il 3 maggio scorso, a Bruxelles, una società americata, la MHB, acronimo che sta per Men Having Baby Inc., ha riunito 200 persone provenienti da Francia, Belgio e Germania. Scopo? Una dimostrazione e l'esibizione di un campionario di servizi legati a venti e più agenzie e cliniche specializzate in questo "servizio" e dislocate in Canada, negli Stati Uniti e India.

La vendita porta a porta di ovuli, "donatrici" e donati (o, meglio, venduti e acquistati) è cominciata. Business is business. E questo è un business.

L'utero in affitto, ricordiamolo, è un contratto siglato con una donna che porta in grembo un bambino e lo consegna ai contraenti al momento del parto.

Senza girarci troppo attorno: l'oggetto di questo contratto altro non è che la compravendita di un essere umano.

Se anche la maternità è un business allora, dirà qualcuno, che male c'è nel proporsi come "intermediari" e vendere servizi che, dalle brochure illustrative, sembrerebbero nient'altro che quelli di una normale agenzia di viaggio? Solo che, questa agenzia, normale non è.

Con un sorriso a 32 denti, smaltati e lucenti, il direttore di MHB rassicura tutti: "La nostra società non fa altro che fornire aiuto nel districarvi nel labirinto della maternità surrogata". Perché, osserva un venditore di MHB "la GPA è un percorso complesso che esige numerosi intermediari".

I soggetti intermediati sono, tra gli altri, Extraordinary conceptions e Worldwide Surrogacy, agenzie e cliniche molto note nel mondo della surrogacy.

Il percorso è complesso, dicono. Ma a sentir loro è privo di rischi: bisogna per prima cosa comprare un ovocita, "l'ideale – parole del rappresentante di MHB – è quello di una studentessa ventenne che possieda il massimo di tratti fisici in comune con il donatore di sperma, taglia, colore degli occhi, pelle e via dicendo".

Niente viene detto sui rischi dell'operazione e dell'intervento, nulla sulle polizze di assicurazione in caso qualcosa vada storto. Nulla. C'è solo il marketing a farla da padrone.

MHB si rivolge a coppie omosessuali, ma il problema non sono le coppie, bensì il prodotto magnificato e offerto con pacchetti "tutto incluso" per (quasi) tutte le tasche. Tanto che non poche organizzazioni a difesa dei diritti di genere e omosessuali hanno da tempo preso le distanze da questo bio-business.

Le "fabbriche di bambini" [baby factory] sono nei Paesi poveri, gli acquirenti in quelli ricchi. Gli ovuli possono venire da ogni dove. Capita allora che ovuli provenienti dall'Ucraina, possano unirsi a sperma svedese e dar vita a un bambino in una clinica tibetana o bengalese. Chi può permetterselo va negli USA, in uno degli 8 Stati che consentono questa pratica. I costi lievitano, ma il bambino avrà cittadinanza statunitense per via dello jus soli e non ci saranno troppi problemi legali per "importarlo" in Europa come figlio proprio. Chi ha i soldi ha i mezzi per aggirare ogni ostacolo. Chi non li ha, si rivolge ai discount ucraini.

Gli imbonitori si susseguono sul palco in un crescendo che passa dai "figli possibili" ai "figli meravigliosi". Qualcuno comincia a parlare anche di "figli perfetti". Nessuna trasgressione: l'idioma è quello della normalità, del sentirsi parte di una squadra. Il marketing, insomma. E poi? Poi partono le testimonianze, a dar forza al tutto. In un crescendo che, secondo copione, in un crescendo emotivo si apre con il dramma del non poter avere figli e si chiude con la gioia del poterne avere.

"Se l'hanno fatto loro, se per loro è stato così semplice…" dice qualcuno… L'esca è lanciata, il dado è tratto.

Paradossalmente, osserva Havier Lombard su Le Point,

nessun bambino nato con maternità surrogata è presente per portare la propria testimonianza.

MHD invita giuristi e esperti di legislazioni nazionali e diritto internazionale. Tutti fieri dei risultati raggiunti, tutti pronti a magnificare le pratiche e le doti di questa società che dice di operare "not for profit".

Quando si chiedono le cifre, però, le cose si complicano.

La forbice per una gestazione surrogata commerciale "normale", senza problemi – e qui, di tutto si vuol sentir parlare, fuorché di problemi – va dai 60mila ai 150mila euro. Tutto compreso. Salvo qualche piccolo o grande fuori programma, che può raddoppiare o triplicare la cifra finale.

Il modus operandi di questa società non piace a tutti. Anche se la parola d'ordine sembra quella consueta: evitare i conflitti, presentarsi col sorriso e, soprattutto, dire e far dire che va tutto bene.

Per Stéphanie Raeymaekers, trentaseienne che nove anni fa ha scoperto di essere nata da una fecondazione eterologa, fondatrice di DonorKinderen, bisogna tutelare il "diritto fondamentale di conoscere le proprie origini". Cosa che la maternità surrogata non prevede. I giuristi servono a questo: per creare contratti capestro che, con penali spaventose, leghino le mani alle madri donatrici. Gli schermi sono necessari alla pratica della surrogacy e sono, oggi, uno dei punti più controversi e dibattuti della questione.

Vi siete mai chiesti perché nessuno fa parlare i bambini?

Dice la Raeymaekers che, oggi, se in Europa uno vuole conoscere la provenienza di un prosciutto o di una mortadella lo può fare. Ma se vuole conoscere la propria origine "biologica", questo gli è vietato.

"Mi hanno comprata", dice Raeymaekers, che sbatte la porta, ma è mal vista in Belgio per via delle sue posizioni contro corrente. "Rappresento uno scandalo". Uno scandalo incarnato. "Per loro siamo un prodotto. Ha mai visto un prodotto parlare?".

Non esiste un registro dei figli nati con maternità surrogata e nessuno sa realmente quanti ne nascano e ne siano nati nel mondo.

Havier Lombard dice che bisogna fare esperienza di quest'expo della compravendita dei bambini, prima di parlare. Come in tutte le fiere, chi vende il proprio "prodotto" recita una parte. L'altra parte è data dalla finzione di una "pratica che vorrebbe le madri donatrici" improntate – come si legge in un documento di MHD – all'ethical surrogacy.

Contro la Borsa (dis)valori di Bruxelles si sono scherate anche molte femministe. Per esempio, quelle di Sans compromis, già in allarme per la prevista conferenza di maggio 2016 di MHB. Perché – si chiedono – questo tentativo di ingerenza mentre in Belgio e in Europa di comincia a discutere di una moratoria di questa pratica, inevitabilmente legata, tra le altre cose, a una questione quanto mai di drammatica attualità come la tratta di esseri umani?

"Legalizzare è necessario", dicono alcuni attivisti sui loro blog. Blog tacciati – in Francia e in Belgio – di essere parte di una campagna di neuromarketing. Che la battaglia si giochi molto in rete, d'altronde, è cosa ben nota.

Legalizzare questo mercato non poterà però molto lontano. Porterà dritti nel baratro.

La domanda c'è, ma l'offerta è sproporzionata in termini di capacità di manipolazione dell'informazione, dell'opinione pubblica e la capacità di far credere che un dietro un "libero contratto commerciale" si nasconda altro da una pratica massiva di nuova tratta delle schiave.

Foto di ALAIN JOCARD/AFP/Getty Images


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