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Il Papa: Il Giubileo tocchi le tasche

«Se il giubileo non arriva alle tasche, non è un vero giubileo. Avete capito?». Lo ha detto Bergoglio in udienza. Poi ha spiegato che misericordia vuol dire condivisione. La Bibbia raccomanda infatti che queste occasioni siano un “condono generale”

di Giuseppe Frangi

Man mano che passano le settimane l’Anno santo di papa Francesco precisa i suoi contorni. Oggi all’udienza del Mercoledì delle ceneri, ha lanciato un’altra di quei pensieri che lasciano il segno prendendo un po’ di sprovvista. Ha detto che il Giubileo è una forma di “condono generale”, facendo riferimento al testo del Levitico: «Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia […] In quest’anno del giubileo ciascuno tornerà nella sua proprietà». In sostanza, ha detto il Papa, la Bibbia insegna che «se qualcuno era stato costretto a vendere la sua terra o la sua casa, nel giubileo poteva rientrarne in possesso; e se qualcuno aveva contratto debiti e, impossibilitato a pagarli, fosse stato costretto a mettersi al servizio del creditore, poteva tornarsene libero alla sua famiglia e riavere tutte le proprietà».

E poi ha continuato: «Con il Giubileo, chi era diventato povero ritornava ad avere il necessario per vivere, e chi era diventato ricco restituiva al povero ciò che gli aveva preso. Il fine era una società basata sull’uguaglianza e la solidarietà, dove la libertà, la terra e il denaro ridiventassero un bene per tutti e non solo per alcuni, come accade adesso, se non sbaglio…». La conclusione non è affidata a mezze parole: «Se il giubileo non arriva alle tasche, non è un vero giubileo. Avete capito?».

Il Giubileo di papa Francesco assume quindi caratteristiche sempre più concrete: misericordia, lui dice, è sinonimo di condivisione. E quindi diventa inaccettabile che l’80% delle ricchezze del pianeta siano in mano al 20% della popolazione. Ed è inaccettabile che migliaia di famiglie siano nelle spirali dell’usura. («La Sacra Scrittura esorta con insistenza a rispondere generosamente alle richieste di prestiti, senza fare calcoli meschini e senza pretendere interessi impossibili»).

Il Giubileo sta poi sempre più diventando il Giubileo della confessione. E anche in questo caso il Papa prende alla sprovvista, perché invece che preoccuparsi dei fedeli si è preoccupato dei “ministri”. Come a dire: il problema oggi non è dalla parte di chi si confessa, ma di chi confessa. Per questo ha voluto convocare oltre 700 sacerdoti confessori da tutto il mondo, proprio nei giorni in cui i corpi di due santi, grandi confessori, erano arrivati a Roma: padre Pio e Leopoldo Mandic. Anche in quest’occasione ha coniato una nuova categoria: li ha ribattezzati missionari della misericordia. E ha dato loro questa indicazione: «Qualunque sia il peccato che viene confessato, ogni missionario è chiamato a ricordare la propria esistenza di peccatore e a porsi umilmente come canale della misericordia di Dio». La direzione è quella di tenere aperte le porte. Di far sentire chiunque si avvicini al confessionale come avesse trovato «un padre». «Non è con la clava del giudizio che riusciremo a riportare la pecorella smarrita all’ovile, ma con la santità di vita che è principio di rinnovamento e di riforma nella Chiesa».


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