Welfare & Lavoro

Povertà, ecco come funziona il modello Torino

La sperimentazione del Sostegno di inclusione attiva nel capoluogo piemontese è stata quella che ha dato i risultati migliori. Ecco quali sono stati i punti di forza che il Piano povertà del governo dovrebbe tenere presenti secondo il presidente dell'Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo Nanni Tosco

di Redazione

Una copertura del budget impegnato rispetto a quello a disposizione (3,6 milioni di euro) vicino al 95% (Firenze si è fermata sotto il 30% e Venezia abbondantemente sotto il 40%, ma anche Milano e Genova hanno di poco superato l’asticella del 50%), 952 nuclei beneficiari (a cui sono corrisposte 3.595 persone) con un beneficio medio mensile di 319 euro. Fra gli esperti di lotta alla povertà sono in molti a pensare (fra questi per esempio la Fondazione Zancan che recentemente ha ricevuto i ringraziamenti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella per il suo impegno contro la povertà e i tecnici dello stesso ministero del Welfare) che una delle sperimentazioni più riuscite del Sia (Sostegno inclusione attiva), il primo strumento operativo per l’avvio del Piano Nazionale di contrasto alla povertà sia stata quella di Torino. Ne abbiamo ragionato con Nanni Tosco, ex segretario generale della Cisl torinese, dal 2014 presidente dell'Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo, uno dei soggetti sociali che hanno dato gambe e fiato alla versione torinese del Sia.

Presidente quali sono stati i tratti distintivi della sperimentazione sotto la Mole?
Occorre fare una premessa. Su questa partita il Comune ha svolto in modo attivo il suo ruolo da driver e lo ha fatto mettendo in campo le sue competenze e la sua capacità di attivare le reti sociali del territorio.

A cosa si riferisce?
Penso per esempio al Tavolo di coordinamento rete contrasto alla povertà” (di cui fanno parte le principali realtà del Terzo settore attive nel territorio torinese nell’ambito del contrasto alla povertà, tra le quali lo stesso Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo, Save the Children, Action Aid, Caritas Italiana, Sermig, Società San Vincenzo, i sindacati, le Acli, e il Dipartimento Cultura, Politiche e Società dell’Università di Torino). La sperimentazione si è incardinata in una cornice già esistente che per l’occasione è stata capace di attivarsi per incontrare i bisogni reali del territorio facendo squadra in una prospettiva win-win

Insisto: in che modo nel concreto?
L’apporto del Tavolo è stato importante fin dalla fase istruttoria per esempio nella raccolta delle domande. Le circoscrizioni del Comune, i circoli Acli e le sedi periferiche del sindacato sono stati veri e propri punti di intercetto delle domande. Una rete che ha consentito una presa in carico individuale.

Rimane il fatto che rispetto al bisogno che un territorio come quello di Torino esprime (un quarto della popolazione dell’area metropolitana, circa 300mila persone possono essere considerate in affanno), le domande risultate idonee sono state una piccola parte…
Questo però è dovuto in larga misura ai criteri imposti dalla sperimentazione. Pe esempio ha pesato molto il fatto fossero esclusi i disoccupati da oltre tre anni e questo in una condizione di crisi che dura dal 2008 non è cosa di poco conto. Ma mi faccia aggiungere un paio di osservazione sul nostro modello.

La prima?
Come sapere il Sia prevede anche programmi di reinserimento sociale e professionale. Ecco in questo senso il fatto che tutti i soggetti della rete anti-povertà fossero coinvolti ha permesso incardinare il Sostegno all’interno di percorsi già sperimentati. Le faccio un esempio. Il Comune ha sostenuto l’inserimento di 128 beneficiari in una misura da tempo implementata dalla Compagnia di San Paolo che si serve della formula del lavoro accessorio a favore di soggetti disoccupati.

La seconda?
L’incrocio delle banche dati. Chi conosce questo mondo sa quanto sia difficile far parlare i database delle amministrazioni pubbliche con quelli delle rete sociali. Noi invece lo abbiamo fatto e oggi le posso dire che su 139 casi di persone che hanno beneficiato del Sia e contemporaneamente di un supporto messo in campo dall’Ufficio Pio, in 67 casi si trattava di persone con una cartella aperta presso i servizi sociali del Comune e in altri 72 di persone che non erano mai state prese in carico dal pubblico. Cosa questo significhi, se si tratta di sovrapposizioni o al contrario di integrazione bisognerà capirlo caso per caso, ma ora abbiamo un primo panel di cifre su cui ragionare per poter arrivare a un meccanismo di valutazione reale degli interventi sociali.

Nella foto Getty un'installazione di Tobias Rehberger esposta nel 2013 in piazza Carignano


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