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Le cinque cose a cui non credere quando ti parlano di gioco d’azzardo

Dicono di creare posti di lavoro, raccontano di operare per il vostro bene, si vantano di fare più bella e più ricca l'Italia: sono le lobbies dell'azzardo. Alcuni consigli per non cadere nella trappola.

di Marco Dotti

1. «L'azzardo è sempre esistito»

Forse sì, forse no. Anche l'omicidio, le violenze, gli abusi sono sempre esistiti. Basta questo per legalizzarli? Di certo, l'azzardo di massa basato su algoritmi e software non è "sempre esistito" come vorrebbero le elette schiere dei suoi difensori d'ufficio. L'azzardo di massa è un fenomeno degli ultimi 20-25 anni che ha destrutturato simboli, codici e struttura di giochi con una tradizione (pensiamo al gioco del Lotto, che continuiamo a chiamare così ma non è più tale, né per le regole, né nelle sue forme di offerta) e ne ha introdotti du nuovi. Le slot non crescono sotto i cavoli.

2. «Vietare la pubblicità non serve»

La pubblicità non è una semplice televendita e nemmeno l'esposizione di un prodotto a una fiera campionaria. La pubblicità del gioco d'azzardo è induzione. E come tale è parte di quel processo che "produce" il soggetto-giocatore. Per chi vende azzardo, la pubblicità serve eccome. Serve per indurre quella dipendenza senza la quale non avrebbero il loro "parco giocatori". Serve anche per lasciar cadere un po' di briciole dal tavolo e tener buona l'informazione. Oggi, alla Camera e al Senato ci sono due disegni di legge, praticamente identici e con identico obiettivo: vietare pubblicità e promozione del gioco d'azzardo in tutte le sue forme. I primi firmatari sono Giovanni Endrizzi (M5S) al Senato e Lorenzo Basso (PD) alla Camera. Chi ha interesse a arenare i due provvedimenti?

3. «Il gioco d'azzardo legale scaccia quello illegale»

Basterebbe un po' di logica per capire che ci stanno prendendo in giro. Ma se anziché alla logica, volessimo ricorrere a un'autorità, ecco allora cosa scrive il Comitato di Sicurezza finanziaria del Ministero dell'Economia e nelle finanze a pagina 25 della sua Analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo: "L’interesse delle mafie verso il settore dei giochi non riguarda esclusivamente il gioco illegale ma si estende in modo significativo anche al perimetro delle attività legali del gioco".Se da pagina 25 saltiamo a pagina 13, leggiamo: "ll comparto del gioco, sia illegale sia legale, risulta di altissimo interesse per la criminalità organizzata, per la quale ha storicamente costituito una importante forma di sovvenzione. Attualmente la criminalità mafiosa investe nel settore dei giochi acquisendo e intestando a prestanome sale da gioco, sia per percepire rapidamente guadagni consistenti (soprattutto se le regole vengono alterate per azzerare le possibilità di vincita dei giocatori o per abbattere l’ammontare dei prelievi erariali), sia per riciclare capitali illecitamente acquisiti".

4. «Il gioco è bello se è responsabile»

Uno studio condotto nel 2008 da ricercatori americani sui giocatori di slot machine dimostra che se questi si attenessero ai principi del gioco responsabile smetterebbero immediatamente di giocare. O meglio: solo il 4% dei giocatori continuerebbe a farlo. L'azzardo di massa è progettato per essere veloce, istantaneo, predatorio, in una parola: irresponsabile. È come una macchina fuoriserie a cui hanno tolto i freni: credereste a chi vi dice di non superare i 10 km all'ora ma non vi ricorda che quella macchina è senza freni? La metafora dei freni fu usata dal grande Gregory Bateson che parlò dell'azzardo come di una macchina dove il giocatore accelera, accelera, accelera ma quando si tratta di frenare si accorge che la macchina non rispondeva ai suoi comandi, ma andava per conto suo. Ecco quello che succede nel gioco d'azzardo di massa.

5. «Il gioco d'azzardo crea posti di lavoro»

C'è chi – prendiamone uno a caso – come il senatore del PD, Franco Mirabelli, dalle pagine di Affari& Finanza di Repubblica che ha una sezione chiamata "GiocoEconomy", parla di "un settore che può rappresentare, se ben regolato dallo Stato, un asset industriale importante esattamente come lo sono altri". Strana affermazione, ma ancor più strana la sezione "GiocoEconomy" di Repubblica che ospita queste parole. Chi conosce il settore sa che fra i diktat dei guru del marketing spicca quello di presentare l'azzardo come un prodotto qualsiasi, privo di nocività, neutrale e neutro e, di conseguenza, si tende a insistere sui "posti di lavoro creati", "sull'innovazione generata", etc. etc. etc. Insomma, per usare le parole del senatore, un "asset industriale importante". Se dal marketing passiamo alla realtà, le cose cambiano. Sul piano macro, più che di asset industriale, dovremmo parlare di finanza speculativa ponendo una domanda: come mai a fronte di introiti miliardiari i concessionari del settore continuano a accumulare debiti? In attesa di risposta, ricordiamo le cifre della Consulta Nazionale Antiusura secondo cui gli italiani consumano in azzardo oltre 87,8 miliardi di euro, altrimenti detto 70 milioni le giornate di lavoro. Se si considera invece il monte ore generale, sottratto alle relazioni sociali in generale e alla famiglia la cifra calcolata sale a 488 milioni di ore. In termini economici significa che l'azzardo legale made in Italy (ma con sede a Malta) sposta 20 miliardi di euro dall’economia reale, con conseguente cancellazione di 115 mila posti di lavoro, 90 mila nel commercio e servizi e circa 25 mila nell’industria. Altro che economie del gioco, questa è predazione finanziaria bella e buona.


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