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Economia & Impresa sociale 

Sergio Gatti: «Bcc, una riforma a rischio costituzionalità»

Dialogo con il direttore generale di Federcasse dopo l’approvazione del decreto da parte del Governo: «la cessione dell'attività bancaria ad una Spa con un affrancamento del 20% delle riserve indivisibili va contro il principio, di radice costituzionale e fissato dalle norme, della indisponibilità e della indivisibilità delle riserve di una banca cooperative. Il Parlamento ne tenga conto»

di Redazione

Non arriva a smentire la definizione di autoriforma, anche se «esprimiamo forti perplessità anche di natura tecnica su alcuni profili. Ribadiamo, ad esempio, la non condivisione della modalità con cui verrebbe resa possibile la cosiddetta “way out” ("way out" che deve esserci, ma senza ledere principi fondanti e vitali della cooperazione italiana a mutualità prevalente) e del mancato recepimento di quanto previsto sulle specificità di alcuni territori a statuto speciale, in particolare per il sistema delle 47 Casse Raiffeisen altoatesine”. A dirlo è il direttore generale di Federcasse, Sergio Gatti, (l'associazione nazionale delle Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali che raggruppa 360 istituti) in un dialogo con Vita, che potrete leggere in versione integrale sul magazine di marzo (in uscita il giorno 4). La possibilità di consentire, alle BCC oltre una certa soglia patrimoniale, la cessione dell'attività bancaria ad una Spa con un affrancamento del 20% delle riserve

indivisibili « va contro il principio, di radice costituzionale e fissato dalle norme, della indisponibilità e della indivisibilità delle riserve di una BCC. Riserve che, come per ogni cooperativa, non sono nella disponibilità dei soci, ma sono il frutto dell’accantonamento obbligatorio (normativamente previsto) di almeno il 70 per cento degli utili netti annuali, una parte dei quali in regime di esenzione fiscale». Tale trattamento, ragiona Gatti « e', come noto, una misura ripristinatoria di oggettivi svantaggi competitivi e il riconoscimento di una attività – basata sui principi di solidarietà intergenerazionale – non finalizzata al profitto individuale. Ora, se si consente ad una BCC di trasformarsi in una società di capitali con fini lucrativi portandosi dietro il patrimonio così costituito – pagando un’imposta per l'affrancamento – si stravolge uno dei principi che da oltre cento anni sono alla base dell’impresa cooperativa. Ravvediamo in questa decisione, che nei fatti va contro l’intenzione più volte espressa dal Governo di volere una riforma che favorisse invece l’aggregazione delle banche, anche dubbi di legittimità costituzionale. Per tornare alla sua domanda, non cambia molto nel caso la BCC, restando cooperativa dal punto di vista giuridico, cedesse ad una spa la propria attività bancaria. Secondo molti esperti si tratterebbe di una pratica "elusiva" dello stesso principio costituzionale, in quanto – alla fine – quella spa opererebbe indirettamente grazie al patrimonio accumulato negli anni dalla cooperativa che aveva un certo trattamento fiscale solo perché era- contemporaneamente e inscindibilmente – cooperativa e banca».

Quanto al nodo della possibile “diaspora” di alcune Bcc toscane, in molti in questi giorni hanno fatto il nome di Bini Smaghi quale possibile timoniere della nuova spa autonoma. Ancora Gatti: « È nota da tempo la posizione di alcune banche toscane (in particolare aderenti da alcuni decenni ad un consorzio non associato a Federcasse) circa una non adesione al Gruppo Bancario Cooperativo derivante dalla riforma. Non entro minimamente nelle vicende che potranno svilupparsi a seguito di questa scelta. Vorrei però fosse chiaro che se una BCC vorrà trasformarsi in banca con finalità lucrative, potrà e dovrà farlo – come peraltro ha anche sottolineato di recente la Banca d’Italia – nel rispetto della Costituzione e della legislazione che ne regola l’attività; legislazione che prevede, in caso di trasformazione, la devoluzione del patrimonio ad uno dei fondi mutualistici per lo sviluppo della cooperazione. Più in generale, credo che diventare una banca a fini di lucro dopo anni in cui si è fatta cooperazione di credito possa rivelarsi meno semplice di quanto si possa pensare. In un mercato, dove la dimensione, la capacità di raccogliere capitali, fare efficienze, saper interpretare al meglio il fare banca in un ambiente normativo trasformato sono le discriminanti per la sopravvivenza, il rischio di finire presto assorbiti da qualche grande gruppo bancario non è remoto. Alla prova dei fatti vedremo quale sarà la firma definitiva della clausola d'uscita e chi riterrà di avvalersene».

Ritiene che ci siano ancora spazi di dialogo aperti col Governo? Questa la risposta di Gatti: «Abbiamo dialogato e negoziato per un anno intero con il Governo. Abbiamo messo a punto un buon progetto, equilibrato e innovativo. Confidiamo che in Parlamento si apra – nell’iter di conversione del decreto – una discussione ampia, seria ed approfondita sui temi che ho appena accennato e che riteniamo essenziali per dare compiutezza ad un disegno riformatore ambizioso. Vorremmo, in buona sostanza, che il dibattito parlamentare possa comprendere fino in fondo l'innovatività del disegno complessivo e la necessità di portare alcuni miglioramenti rilevanti al testo di legge».


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