Politica & Istituzioni

L’Isee e il silenzio delle associazioni di disabili sulla sentenza del Consiglio di Stato

A 48 ore dalla sentenza del Consiglio di Stato, in un fiorire di news anche da parte di testate generaliste, gran parte delle associazioni impegnate sulla disabilità tacciono. E allora ci chiediamo se questa battaglia sia o no una battaglia che riguarda tutte le persone con disabilità. E che conseguenze avrà questa sentenza sul mondo associativo

di Sara De Carli

Mercoledì 2 marzo, ore 17,30. Sono trascorse 48 ore dalla notizia della pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato che ha stabilito l’illegittimità del nuovo Isee nella parte in cui considera come reddito le indennità sia di accompagnamento sia risarcitorie riconosciute alle persone con disabilità. Eppure gran parte delle associazioni impegnate sul fronte della disabilità tacciono. Non ci sono comunicati, i siti parlano d’altro.

Il sito della Fish in homepage ha la legge sul dopo di noi, approvata dalla Camera il 4 febbraio scorso, con le perplessità della federazione. Superando apre presentando la neonata rivista «Minority Reports – Cultural Disability Studies» e l’imminente convegno internazionale “Sono adulto! Disabilità: diritto alla scelta e progetto di vita”. Handylex parla della proposta di legge sui caregiver familiari. Anffas del “sondaggio” per capire quali siano i 50 ausili tecnici di maggiore priorità e bisogno, secondo le persone che li usano, in vista dell’aggiornamento del nomenclatore tariffario, fermo al 1999. Nessuna corsa a plaudire alla sentenza. E notarlo non è una critica o un suggerire che avrebbero dovuto fare un post o un comunicato stampa – ci mancherebbe!: è soltanto una presa d'atto. Queste sono tutte realtà che stimo, quindi il fatto che proprio loro non parlino di questa sentenza sull'Isee qualche domanda me la fa nascere.

Della sentenza sull’Isee parla invece il sito della Fand, che accoglie la sentenza con «soddisfazione» e alcune associazioni ad essa aderenti, come l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, che parla di una sentenza che «ripristina un diritto sacrosanto […]. Ora ci attendiamo che il Governo coinvolga le associazioni per rinegoziare l’intero impianto dell’Isee» e l’Anmil, che ha inviato un comunicato lunedì stesso e che guarda in avanti dicendo che «possiamo confermare a tutte le persone con disabilità che nella ormai prossima campagna fiscale le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate nell’ISEE». E parla Ledha, che fa parte invece della Fish e che si rivolge direttamente ai Comuni: «Ora i Comuni non hanno più scuse, devono adottare i nuovi regolamenti o modificare quelli già in vigore. […] È importante che queste modifiche e adeguamenti avvengano in tempi brevi e con il coinvolgimento delle associazioni di persone con disabilità attive sul territorio. Escluderle, come spesso avviene, è non solo sbagliato ma deleterio, perché una materia così complessa, articolata e controversa richiede non solo un ampio confronto, ma la ricerca della massima condivisione possibile».

Le domande allora sono queste. Perché la gran parte delle associazioni tace? La battaglia contro questo Isee è o no una battaglia che riguarda e che beneficia le persone con disabilità tutte? Questo nuovo Isee penalizzava le persone con disabilità, come sostengono i ricorrenti o – nel loro complesso – le avvantaggiava, come dicono i monitoraggi del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali? E quindi, dinanzi a questa sentenza che lo smonta, forse le associazioni hanno qualche difficoltà a commentare? Le persone con disabilità tutte hanno o no da gioire di questa sentenza? Ma soprattutto, il percorso partecipato che ha portato a questo Isee, rivendicato ancora oggi da Maria Cecilia Guerra, è o non è una strada su cui rimanere, pur con la ricerca del meglio a discapito dell'optimum che di un percorso di questo tipo è condizione essenziale? Che conseguenze ha il fatto che questa battaglia, come ha sottolineato ieri il professor Cristiano Gori in un’intervista, sia «una battaglia portata avanti da alcune associazioni che rappresentano solo una piccola parte dell’universo di chi si impegna per i diritti delle persone con disabilità»? Forse allora, mi chiedo, questa sentenza e la viralità che hanno le news che la raccontano e il silenzio delle associazioni legate alla Fish che per tradizione è l’ala più riformista del mondo della disabilità, non ha solo a che fare con l’Isee ma sancisce anche una parziale sconfitta – almeno a livello di un'opinione pubblica fatta di retweet e condividi – della linea riformista, dialogante, che non vede le istituzioni solo come antagoniste o come soggeto erogatore, una linea che poi sui territori si declina come capacità di coprogettazione fra pubblico e privato? Speriamo di no. Qui a Vita aspettiamo comunicati.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA