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Adozioni, quale riforma?

Chi si occupa ogni giorno di adozioni ha molto da dire nell'ambito del dibattito appena iniziato sulla riforma della legge 184. Qui una raccolta dei primi materiali prodotti, a partire dalla proposta in sei punti elaborata da VITA a giugno 2014

di Sara De Carli

Chiara Saraceno è una sociologa. Lavora sulla famiglia, sostiene che la famiglia naturale non esiste e si è inventata il termine “famiglia caleidoscopio” per descrivere le famiglie attuali. È una che un tempo avremmo detto “di sinistra”, si è sempre schierata in favore dei diritti delle famiglie arcobaleno, e anche oggi ritiene che consentire le adozioni solo alle coppie eterosessuali sposate sia anacronistico, come ha scritto qualche giorno fa su Repubblica, poiché «ciò che interessa è la capacità genitoriale, che non è né garantita né particolarmente concentrata tra chi si sposa e neppure determinata dall’orientamento sessuale». La professoressa Saraceno è fra i personaggi pubblici che si sono esposti in questi giorni per dire che la fretta e l’ideologia, sul tema adozioni, è cattiva consigliera.

Certo, i tempi sono lunghi, gli assistenti sociali e gli psicologi sono più o meno simpatici e preparati, ci sono tanti minori in istituto, ma ricordiamoci – dice la professoressa – che semplificare per semplificare non risolve questi problemi. Molti dei minori che sono in istituto nemmeno sono adottabili e molti ci restano per mancanza di genitori disponibili: perché sono disabili, troppo grandi, con esperienze negative alle spalle, più difficili da integrare in famiglia. «Nessun fai da te lasciato alla libera iniziativa di aspiranti genitori adottivi e agenzie private come negli Usa», sottolinea la professoressa, poiché «l’adozione non è, non può essere, solo l’esito di scelte individuali anche motivate da generosità e disponibilità all’accoglienza». Nel dibattito che si è avviato sulla riforma della legge 184 – dice – «si mescolano motivazioni e obiettivi diversi. Essi andrebbero esplicitati e tenuti distinti, a partire da una premessa importante: la legge italiana è una buona legge, anzi una delle migliori per quanto riguarda le garanzie che offre nella selezione dei potenziali genitori adottivi e nell’abbinamento tra questi e il bambino da adottare».

Ecco, il termine usato dalla professoressa – “selezione” dei potenziali genitori – già è una parola che segna la discussione, poiché Marco Griffini, presidente di AiBi, sostiene da anni che il cambiamento dovrebbe essere proprio da una cultura della selezione a una cultura dell’accompagnamento. Le visioni su come la legge 184 dovrebbe cambiare, con quali emergenze e con quale architettura (si pensi al dibattito attorno alla CAI), anche fra gli addetti ai lavori, sono molto differenti. Nell’aria si annusa persino un cambiamento radicale della stessa impostazione delle adozioni in Italia: cosa disegna la proposta di legge per l’istituzione di un’Agenzia Italiana per le Adozioni Internazionali, avanzata dall’onorevole Anna Rossomando, il cui testo al momento non è disponibile? E cosa il ripetere che «le adozioni le fa la Cai, non gli enti»? Parliamone. Che la legge 184 presenti delle criticità lo si dice da tempo, cogliamo l’occasione di questa attenzione politica per migliorare ulteriormente la legge, con l’intento di dare ai bambini e ai ragazzi il migliore contesto di crescita possibile.

VITA già nel giugno 2014, poco dopo l'inizio del mandato della dottoressa Della Monica, che nell'occasione aveva rilasciato una approfondita intervista, aveva elaborato una proposta in sei punti, incentrata più sulle adozioni internazionali. Saranno punti da aggiornare, ci sarà da aggiungere una riflessione più puntuale sulle adozioni nazionali, ma lo riproponiamo come punto di partenza.

Chi si occupa ogni giorno di adozioni sta producendo in questi giorni molti materiali importanti. Ci sono i dieci punti individuati dal Ciai; il dossier del Care, che sta lavorando sui social con l’hashtag #adozionisostenibili, ovviamente mettendosi dal punto di vista delle famiglie; ci sono le associazione del Forum Famiglie che già in pieno dibattito sul ddl Cirinnà avevano proposto un seminario dal titolo “C'e' il diritto del figlio, non il diritto ad un figlio”; c’è Anfaa che ha aperto una nuova sezione sul proprio sito, dicendo che «siamo distanti dalla posizione di coloro che vorrebbero un’adozione “più veloce e senza regole”, un’adozione che non abbia quale presupposto fondante la dichiarazione di adottabilità del bambino e l’idoneità della coppia; l’adozione “fai da te”, che non passa dal Tribunale per i minorenni, ma che viene gestita da non meglio precisate autorità amministrative». Trovate tutti i materiali in allegato, come punto di partenza, per una riflessione approfondita: chi lavora in questo settore ha molto da dire alla politica, facciamoci sentire!


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