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Società sportive: disco verde alle collaborazioni, ma senza esagerare

Il Jobs act prevede la cancellazione della figura del collaboratore continuativo con esclusione però per le società sportive. Qual è la ratio giuridica per questa difformità di trattamento e in mancanza della figura del co.co.co. potrebbero essere le forme giuslavoristiche con cui inquadrare le persone in staff in organizzazioni di volontariato medio-piccole? Risponde Marco Chiesara

di Marco Chiesara

La domanda impone subito una precisazione. Con il Jobs Act, il legislatore ha eliminato, non tanto le collaborazioni coordinate e continuative, quanto il contratto a progetto. In pratica non è più necessario che le collaborazioni coordinate e continuative, che continuano a esistere anche dopo l’entrata in vigore del Jobs Act, siano collegate a un progetto e a un risultato misurabile. Tuttavia per evitare l’abuso di collaborazioni coordinate e continuative non genuine, ossia di quelle forme di collaborazione apparentemente autonome ma che in realtà nascondono gli elementi ti pici del lavoro subordinato, il legislatore ha previsto, all’art. 2, che «a far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato an- che ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro».

È evidente, dal tenore letterale della norma, che la possibilità di ricorrere alle collaborazioni coordinate e continuative, senza correre il rischio dell’applicazione della disciplina del lavoro subordinato, si riduce moltissimo. L’art. 2 prosegue individuando alcune eccezioni alla norma, tra cui quella relativa «alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni». Si tratta di un’eccezione che era già stata prevista dalla legge Biagi per i contratti a progetto. Questo significa che per le società e le associazioni sportive e dilettantistiche l’utilizzo di collaborazioni esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente, non comporta automaticamente l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro. Non si tratta però di una sorta di “liberi tutti”, di una zona franca all’interno della quale è possibile utilizzare sempre e comunque contratti di lavoro autonomo: infatti nel caso in cui tali prestazioni siano svolte con le modalità tipiche del lavoro subordinato, potranno essere convertite, come conseguenza dell’impugnazione del lavoratore o di attività ispettiva.

Venendo alla seconda parte della domanda, è evidente che per tutte quelle attività lavorative che presuppongono un potere organizzativo in capo al datore di lavoro, l’unica forma possibile è quella del contratto di lavoro subordinato, eventualmente a tempo determinato o parziale. Viceversa laddove si tratti di una prestazione genuinamente autonoma, si potrà ricorrere all’utilizzo dei contratti di lavoro autonomo e delle co.co.co.

L'illustrazione in apertura è a cura di Gio Pastori


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