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Dire il terrorismo ai bambini: la guida per genitori e insegnanti

Quattro grandi esperti - Alberto Pellai, Vinicio Ongini, Daniele Novara e Franco Vaccari - danno suggerimenti concreti a genitori e insegnanti per parlare ai bambini del terrorismo, età per età, rispettando i tempi di ciascuna fase.

di Sara De Carli

Come dire il terrorismo ai bambini? Che parole usare per accompagnare senza forzare, rispettando le esigenze, i tempi e la sensibilità dei bambini e dei ragazzi, età per età? Ce lo siamo chiesti in tanti dopo i fatti di Parigi, dopo l’attentato di Bruxelles e forse ancora di più dopo quell’esplosione di domenica al Gulshan-e-Iqbal Park di Lahore, in Pakistan, tra ruote panoramiche e giostre di cavallini (foto in copertina di ARIF ALI/AFP/Getty Images). All’indomani degli attentati di Parigi avevamo sentito l’urgenza di approfondire questo aspetto, cercando quattro grandi esperti che dessero a genitori ed insegnanti dei piccoli suggerimenti, età per età, qualche attività da fare insieme, qualche materiale utile. Ne è uscita una piccola guida, preziosa nella sua concretezza e nella sua attenzione all’evoluzione delle domande dei ragazzi, che vi riproponiamo in allegato.

Capire il mondo con le note dello Zecchino d’Oro
Scuola dell’infanzia, 2-5 anni
con Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta
«L’uomo è sempre esposto al pericolo, per noi oggi sono i terroristi, per l’uomo primitivo erano il leone o la tigre e questo anche i bambini più piccoli possono capirlo; il punto è non trasformare il possibile pericolo in qualcosa di incombente, che blocca il nostro progetto di vita. L’uomo da sempre ha trovato la via per non farsi schiacciare dalla paura del pericolo: fare squadra. Fare squadra contro il leone, fare squadra contro i cattivi. I bambini lo comprendono benissimo».

Sconfiggere il terrorismo con Cenerentola
Scuola primaria, 6-9 anni
con Valerio Ongini, maestro, Ufficio Integrazione Alunni Stranieri del Miur
«Di Cenerentole nel mondo ne esistono 345, con 80 tipi diversi di scarpe. La più antica è cinese e risale addirittura all’800 d.C Attraversare con leggerezza le religioni, vedendo le differenze nei piccoli dettagli concreti ma ben saldi nell’individuare un nucleo di appartenenza comune: oggi mi sembra quasi l’unica possibilità di percorsi didattici».

Educare alla pace creando un “conflict corner”
Scuola secondaria di primo grado, 10-13 anni
con Daniele Novara, pedagogista
«Mai puntare sul molteplice, partire sempre dall’uno. Partiamo dai volti, da una foto: parlare di n morti, estranei, ci fa sentire solo la frustrazione dell’impotenza. Dall’empatia invece può nascere la responsabilità e l’impegno, radica l'esperienza del riconoscere il diritto di tutti, qualsiasi essere umano, alla vita e alla felicità. E creiamo un conflict corner per allenare alla pace, sembra un paradosso ma funziona».

Imparare che
 la fratellanza non la scegliamo noi
Scuola secondaria di secondo grado, 14-18 anni
con Franco Vaccari, fondatore di Rondine cittadella della pace
«Il tema della fraternità è che noi i fratelli non li scegliamo, ce li ritroviamo. Allora il percorso della fraternità è trasformare una condizione di necessità in una di libertà. L’idea è quella di fermarsi e rifiutare che “tutto sia già deciso”, che la storia sia già scritta. Chi ha fatto la storia l’ha fatta perché si è opposto a questa idea, dobbiamo dirlo ai ragazzi, mostrare che si può spendere la vita per qualcosa che abbia sapore».

In questi mesi in realtà molte riflessioni sono state fatte, tanto che pochissimi giorni prima degli attentati di Bruxelles erano usciti due contributi importanti. Uno è Parlare di ISIS ai bambini (edizioni Erickson), con scritti di Alberto Pellai, Edgar Morin, Riccardo Mazzeo e Marco Montanari, nato «dall’esigenza di fornire a genitori e insegnanti un aiuto per non nascondersi dietro al timore di affrontare temi critici come il terrorismo, le stragi, il fondamentalismo religioso, ma andando la possibilità di mostrarsi adulti competenti sai dal punto di vista culturale sia emotivo ed empatico. Sapere cosa dire e come dire».

L’altro è Educare a vivere con gli altri nel xxi secolo: cosa può fare la scuola, un quaderno delle Edizioni TreELLLE, che ragiona sul fallimento della “formazione alla cittadinanza”, praticamente in tutti i Paesi europei. «È un’emergenza educativa non più rinviabile, ma occorre cambiare approccio alla questione: serve una svolta radicale, per disegnare “una scuola che non solo istruisca ma anche educhi alla cittadinanza». Il problema è antico, se già Guido Calogero nel 1956 ne parlava dicendo «E come volete che i giovani imparino ad essere buoni cittadini, se non imparano a discutere? L’educazione civica potrà bene essere introdotta come materia d’insegnamento: ma quel che importa, a questo proposito, non è una materia nuova, ma il nuovo modo di insegnare, di apprendere, di approfondire, discutendo in comune, qualsiasi tema di insegnamento. E questo si può fare soltanto quando si abbia agio per la discussione, tranquillità per il colloquio, tempo per sviluppare ogni punto che appaia degno di essere esaminato: e non già quando si sia ossessionati dall’ansia di arrivare alla fine del programma … il dovere degli scolari, in Italia, è solo quello di rispondere, mentre l’eterno dovere del cittadino è invece proprio quello di domandare».


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