Cooperazione & Relazioni internazionali

Aitr e caso Regeni: cari tour operator, andatevene anche voi dall’Egitto

Parla il presidente dell'Associazione Italiana Turismo Responsabile, Maurizio Davolio, e risponde alle critiche di chi giudica il loro boicottaggio inefficace o, peggio, dannoso per gli operatori egiziani. E invita tutti gli operatori turistici a fare come loro

di Gabriella Meroni

Ha fatto molto discutere la decisione dell’Aitr, Associazione italiana turismo responsabile, di sospendere tutte le attività in Egitto in attesa che si faccia chiarezza sulla morte del ricercatore italiano Giulio Regeni. Accanto ai tanti messaggi di sostegno e incoraggiamento arrivati al coordinamento via Facebook e in altri modi, ci sono state però anche alcune voci critiche che hanno sottolineato come queste azioni non siano in realtà efficaci ma anzi si risolvano in un danno economico a paesi come l’Egitto che già si trova in grosse difficoltà a causa del crollo del turismo internazionale. Abbiamo chiesto sl presidente di Aitr, Maurizio Davolio (nella foto), di rispondere a queste osservazioni e di approfondire i motivi della decisione.

Davolio, come rispondete a chi vi dà degli ingenui?

Come coordinamento siamo sempre molto indecisi quando si tratta di prendere decisioni così nette, perché sappiamo bene che un conto è la motivazione etica che le muove, un altro è la valutazione dell’efficacia che portano con sé. Andandosene da un paese, seppur temporaneamente, comporta il rischio di colpire persone incolpevoli come i nostri partner e fornitori locali, cioè tutti coloro che ospitano i turisti. Questa volta però è diverso.

In che senso?

Nel senso che la vicenda è troppo grave e troppo oscura. Serviva dare un segnale forte, e nel nostro piccolo l’abbiamo dato, sospendendo le attività in Egitto. Certo, qualcuno dirà che non serviva molto coraggio visto che comunque le attività turistiche in quel paese si sono già ridotte al lumicino, ma il punto da sottolineare è comunque in altro: secondo noi un turista responsabile oggi non dovrebbe andare in Egitto non perché è pericoloso, ma perché non è giusto.

Cosa auspicate che accada?

Che l’Egitto chiarisca la reale dinamica dei fatti e che si arrivi alla verità. Non solo per Giulio e la sua famiglia e per l’Italia, ma anche per l’Egitto. I nostri partner ci riferiscono di un clima pesante nel paese, anche la stampa locale è perplessa e preoccupata.

Aitr è un coordinamento che riunisce un centinaio di associazioni e una ventina di tour operator. Tra i vostri soci figurano realtà importanti come Legacoop, Arci, Legambiente, Wwf, Banca Etica, Cts, Borghi autentici Italia, Lonely Planet, Touring Club, oltre ad alcune ong. Tutti d’accordo con la sospensione?

Nessuno dei soci, che abbiamo ovviamente informato della decisione presa dal direttivo, ha sollevato obiezioni, anzi molti ci hanno incoraggiato. Qualche voce critica c’è stata, soprattutto sui social media, ma sono stato molto felice di constatare che il dibattito è sempre stato corretto e civile. Anche chi non è d’accordo con noi, infatti, si rende conto della gravità della situazione.

Il mondo del turismo in generale dovrebbe dare un segnale di dissenso, secondo lei?

Direi di sì. I tour operator mainstream tra l’altro hanno una forza molto superiore alla nostra, e se entrassero in azione anche loro potrebbero dare un contributo importante. Ma purtroppo non credo che lo faranno.


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