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Economia & Impresa sociale 

Welfare aziendale: se è condiviso non spaventa le piccole imprese

Parla Francesca Rizzi, co-fondatrice di una piattaforma che offre servizi di welfare alle aziende scommettendo sulle aggregazioni di pmi che fanno gruppo e insieme acquistano ciò di cui hanno bisogno con precise garanzie di qualità e prezzi calmierati. Ecco come funziona un sistema fatto apposta per chi non è un gigante ma ha grandi progetti

di Gabriella Meroni

Un welfare tagliato su misura, un modello diverso dagli altri perché rivolto in modo speciali alle piccole e medie imprese, in una logica aggregativa e di messa in rete. E' questa la caratteristica dell'offerta di welfare aziendale proposta dalla società Jointly, che ci descrive Francesca Rizzi co-fondatore e Ceo dell'azienda, il cui nome si completa con la dicitura welfare condiviso. A questo tema è dedicato inoltre il primo numero del nuovo Vita, il bookazine uscito lo scorso 8 aprile.

Jointly, già a partire dal nome, che in inglese significa più o meno "unitamente", punta tutto sulla condivisione. Ci spiega in che modo?
La nostra società scommette sulle aggregazioni di pmi che fanno gruppo e insieme, tramite noi, acquistano i servizi di cui hanno bisogno con precise garanzie di qualità e prezzi calmierati. Noi ci occupiamo di aggregare la domanda e l'offerta, creando così un network di servizi sul territorio a cui le aziende possono accedere per costruire la proposta più interessante e vantaggiosa per i propri dipendenti.

Ci fa un esempio?
Certo. Se dieci imprese hanno in totale 300 figli di dipendenti da inserire nei centri estivi, Jointly si occupa di selezionare le strutture adatte ad accoglierli e spunta un'offerta vantaggiosa per il lavoratore. Realizziamo cioè una sorta di "gruppo di acquisto" con volumi tali da permettere prezzi agevolati, sempre tenendo ferma la qualità, che deve essere comprovata e garantita.

Ci sono alcune categorie di dipendenti che hanno meno bisogno di welfare di altri. E' giusto dare gli stessi supporti a tutti? Noi diciamo di no. I benefit a pioggia sono inutili

Francesca Rizzi

Qual è la differenza rispetto ad altri operatori del vostro settore?
La maggior parte degli operatori si concentra sulla gestione dei pagamenti, sottolineando il fatto che grazie alle recenti agevolazioni fiscali il welfare aziendale fa risparmiare soldi all'azienda. La nostra filosofia è diversa. Noi puntiamo innanzitutto alla soluzione dei problemi urgenti dei lavoratori, trovando risposte efficaci e comode. Cerchiamo quindi di far capire alle imprese che i dipendenti attribuiscono ai servizi di welfare aziendale un valore molto superiore al loro costo economico.

Come viene accolta questa vostra visione, soprattutto dalle aziende di minori dimensioni?
Viene accolta con grande interesse dalle imprese, perché le aiutiamo a trarre il massimo vantaggio dalle agevolazioni fiscali. Da sole però non bastano a garantire la soddisfazione dei lavoratori. Serve qualità, attenzione, accompagnamento, messa in rete. E una serie di servizi tagliati su misura: ci sono alcune categorie di dipendenti che hanno meno bisogno di welfare di altri, penso per esempio a un single trentenne e a una madre cinquantenne con figli adolescenti e genitori anziani. E' giusto dare gli stessi supporti a entrambi? Noi diciamo di no. I benefit a pioggia sono inutili, meglio offrire tanto a chi ha più necessità, anche perchè chi oggi ne ha meno sa comunque che un domani non rimarrà a piedi.

(In foto un gruppo di dipendenti dell'azienda Olio Carli, la più grande benefit corporation italiana)


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