Welfare & Lavoro

Oxfam: Aumentano gli aiuti pubblici allo svilppo ma non sempre arrivano ai Paesi più poveri

I dati Ocse del 2015 sugli APS mostrano che le risorse ammontano a 131,6 miliardi di dollari con un incremento complessivo del 6,9%. «Se da un lato si può essere soddisfatti dell’aumento», ha sottolineato Francesco Petrelli, Responsabile Relazioni Istituzionali della ong, «è evidente che bisogna fare di più»

di Redazione

I dati del 2015 sull’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) pubblicati oggi dall’OCSE mostrano che nel 2015 le risorse destinate all’APS ammontano a 131,6 miliardi di dollari, un incremento complessivo del 6,9% che si riduce ad un piccolo 1,7% al netto dei costi per l’accoglienza dei rifugiati contabilizzati da molti Paesi donatori, soprattutto in Europa, in quota APS.

L’Italia ha innalzato il suo contributo di APS in rapporto al PIL dallo 0,19% del 2014 allo 0,21% del 2015. Un aumento che, al netto dell’inflazione e dei tassi di cambio, ammonta in termini assoluti a +568 milioni di dollari, pari a +14,2%.

«Se da un lato si può essere soddisfatti dell’aumento di contributi da parte dei Paesi Donatori, Italia inclusa, dall’altro è evidente che bisogna fare di più in un mondo dove ci sono ancora 900 milioni di persone che vivono in estrema povertà», dichiara Francesco Petrelli, Responsabile Relazioni Istituzionali di Oxfam Italia, «L’aumento dell’aiuto pubblico italiano, che cresce dallo 0,19% allo 0,21% del rapporto APS/PIL, conferma l’inversione di tendenza positiva del nostro Paese, sebbene vi siano ancora molti ritardi da recuperare rispetto ad altri donatori. Auspichiamo che queste risorse, nel quadro nella nuova legge sulla cooperazione, siano sempre più concentrate per la realizzazione di programmi di sviluppo e lotta alla povertà sia nelle aree e nei Paesi che l’Italia ha indicato come prioritari (Africa Sub Sahariana e Mediterraneo) sia nei Paesi più poveri, agli ultimi posti delle classifiche di sviluppo (i cosiddetti LDC least devloped countries)».

Da quarant’anni i Governi hanno promesso di allocare lo 0,7% del loro PIL per porre fine alla povertà e contrastare la disuguaglianza, tuttavia, a parte alcune eccezioni (Norvegia, Svezia, Lussemburgo, Danimarca, Paesi Bassi, Regno Unito) vi è ancora una chiara mancanza di volontà politica nel raggiungere questo obiettivo storico che era stato sottoscritto. Se questo trend non cambia, sarà quindi vanificato l’obiettivo di porre fine alla povertà estrema entro il 2030, come recentemente sancito dai Governi di tutto il mondo nella nuova Agenda per lo Sviluppo Sostenibile adottata lo scorso settembre dalle Nazioni Unite.

«È preoccupante che una crescente quota dei fondi non raggiunge alcun Paese in via di sviluppo, ma resta all’interno dei confini dei Paesi donatori per far fronte alle spese di accoglienza dei rifugiati», continua Petrelli, «Una tendenza che interessa soprattutto l’Europa, destando quindi ancora più preoccupazione essendo il primo donatore mondiale con lo 0,47% di APS rispetto al PIL continentale. Se da un lato è inderogabile il dovere dei Paesi di approdo di rispondere ai bisogni e proteggere i diritti dei rifugiati in arrivo sui loro territori, è altrettanto importante che ciò non vada a discapito degli aiuti da destinare per interventi nei Paesi più poveri».

Complessivamente, circa 12 miliardi di dollari in quota APS sono stati destinati nel 2015 all’accoglienza dei rifugiati, una quota quasi doppia rispetto al 2014 (con un incidenza sull’APS in aumento dal 4,8% al 9,1%). In particolare colpisce il dato di alcuni Paesi del nord Europa, come Svezia, Paesi Bassi, Norvegia e Danimarca, tra i pochi Paesi Donatori ad aver raggiunto o superato il target dello 0,7% di PIL destinato all’APS, che stanno riservando una parte sempre più significativa per coprire le spese di accoglienza dei rifugiati nei loro Paesi (con percentuali rispettivamente del 33%, 22,8%, 15,5%). Se oggi questo trend non ha comunque impedito che, al netto di questi costi si registrasse comunque un piccolo aumento complessivo dell’APS, sono altrettanto evidenti le implicazioni in termini di riduzione dell’ammontare di risorse disponibili per programmi di lotta alla povertà nei Paesi in via di sviluppo. E’ alto Il rischio che si alimenti un circolo vizioso ed una politica poco lungimirante incapace di incidere sulle cause profonde che sono alla base degli ingenti flussi migratori degli ultimi anni.

L’Italia non è da meno in questo trend. Dagli 840 milioni di dollari del 2014 (21% APS/PIL), le risorse contabilizzate in quota APS e destinate all’accoglienza dei rifugiati nel 2015 sono state 982 milioni di dollari (25,5% APS/PIL).

«È comprensibile e giusto che il nostro Paese, essendo in prima linea nell’accoglienza, reperisca risorse sufficienti a soddisfare le necessità di prima accoglienza, tuttavia ad oggi, anche in sede OCSE, mancano dei criteri chiari ed un adeguato livello di trasparenza su quali siano le spese allocabili sui fondi APS per tale emergenza», conclude Petrelli, «Se da un lato alcune spese per l’accoglienza dei rifugiati possono, nella fase di primo intervento, essere associabili all’aiuto umanitario ed essere quindi coerenti alle finalità dell’APS, non si può dire altrettanto per lo stanziamento di risorse per altri fini (es. politiche di integrazione, seconda accoglienza) che dovrebbero, invece, essere contabilizzate su altri capitoli di bilancio e non essere sottratte all’aiuto pubblico allo sviluppo. Se il Presidente del Consiglio Renzi intende mantener fede all’impegno di arrivare al G7 a presidenza italiana del 2017 presentando il nostro Paese come 4° donatore, è necessario che a questo aumento numerico corrisponda un effettivo rafforzamento degli interventi della cooperazione italiana nei Paesi in via di sviluppo».


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