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Disoccupati, non curati, abbandonati: ritratto impietoso dell’accoglienza ai rifugiati

Almeno 10mila richiedenti asilo e rifugiati in Italia vivono fuori dai centri, in condizioni di precarietà e marginalità, senza assistenza istituzionale e con scarso accesso alle cure mediche, in decine di siti informali. Lo denuncia il nuovo rapporto di MSF “Fuori campo”, che punta il dito anche contro il sistema di accoglienza ufficiale. «Collasso evitato solo perchè i migranti fuggono anche dall'Italia»

di Gabriella Meroni

Diecimila rifugiati che vivono al di fuori del sistema di accoglienza, in condizioni di precarietà e marginalità, e 100mila che vivono nelle strutture di accoglienza straordinarie gestite dalle Prefetture (CAS), per oltre il 70% dei casi senza lavoro e in due casi su tre senza accesso al sistema sanitario nazionale. Sono questi i dati più sconcertanti che emergono dal rapporto Fuori Campo di Medici Senza Frontiere, frutto di una ricerca che ha mappato gli insediamenti informali con una popolazione prevalente di richiedenti e titolari di protezione internazionale (35 siti di cui 26 visitati da MSF).

Negli ultimi anni – nota il rapporto – il sistema nazionale di accoglienza non è riuscito a far fronte all’incremento delle richieste di asilo presentate nel nostro Paese. Una paralisi scongiurata solo grazie al numero di migranti approdati in Italia che si sono allontanati volontariamente dai centri: dei 320mila migranti arrivati via mare nel 2014 e 2015, solo 110mila (un terzo) hanno chiesto asilo in Italia. Al 31 dicembre 2015 erano 30mila posti ordinari di prima e seconda accoglienza e 80mila in strutture di accoglienza straordinarie gestite dalle Prefetture (CAS). In totale sono state 64mila le richieste di asilo presentate nel 2014 e 84mila nel 2015.

Almeno 10mila richiedenti asilo e rifugiati in Italia vivono al di fuori del sistema di accoglienza, in condizioni di precarietà e marginalità, senza alcuna assistenza istituzionale e con scarso accesso alle cure mediche

Quanto al profilo dei migranti, dal rapporto si apprende che il 91,5% di coloro che attendono di accedere alla procedura di asilo e di entrare nelle strutture di accoglienza governative è costituito da uomini provenienti da Afghanistan e Pakistan, con un'età media di 31 anni e mezzo. Il periodo medio di permanenza negli insediamenti è di quasi 1 mese e mezzo. Quanto invece ai rifugiati arrivati in Italia da oltre 3 mesi, si scopre che il 14,8% è costituito da donne, l’età media è 34 anni e mezzo, ma solo la metà supera i 33 anni e soltanto il 25% i 40 anni. Tra le nazionalità numericamente più rappresentative ci sono eritrei 38,8% e somali 6,7%. Il periodo medio di permanenza negli insediamenti è di circa un anno e mezzo con punte di 5 anni, e la popolazione degli insediamenti si trova mediamente in Italia da 6 anni. Più del 70% è titolare di una forma di protezione internazionale o umanitaria. Quasi due terzi della popolazione non ha beneficiato di alcun intervento finalizzato all’inserimento sociale: il 41,6% ha beneficiato soltanto della prima accoglienza, e ben il 73% della popolazione non ha alcuna occupazione lavorativa in corso. Almeno 10mila richiedenti asilo e rifugiati in Italia, infine, vivono al di fuori del sistema di accoglienza, in condizioni di precarietà e marginalità, senza alcuna assistenza istituzionale e con scarso accesso alle cure mediche.

Per la legislazione italiana richiedenti asilo e rifugiati hanno diritto all’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale e all’assistenza sanitaria a parità di condizioni col cittadino italiano. Tuttavia, secondo Msf la quasi totalità dei migranti in attesa di accedere alla procedura di asilo non ha accesso ad alcuna forma di assistenza sanitaria pubblica. Dei rifugiati presenti in Italia da più anni, il 30% non è iscritto al Servizio Sanitario Nazionale, e 2 su 3 non hanno accesso regolare al medico di famiglia.

“Per quasi un anno abbiamo visitato edifici occupati, baraccopoli, casolari, parchi e stazioni ferroviarie, in aree rurali ma anche in centri cittadini, e abbiamo documentato una realtà disarmante, pressoché ignorata dalle istituzioni” dichiara Giuseppe De Mola, ricercatore di MSF. “Migliaia di uomini, donne, bambini, persone vulnerabili che sono fuggite da situazioni drammatiche e avrebbero ogni diritto a ricevere assistenza, vivono in condizioni deplorevoli, con barriere spesso insormontabili che compromettono l’accesso a cure essenziali.”


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