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Diritti umani in azienda: istruzioni per l’uso

Per aiutare le imprese a mettere al centro della propria attività di business il rispetto dei diritti umani, come imposto dai “Sustainable Development Goals” (SDGs) lanciati a fine 2015 dalle Nazioni Unite è stato appena pubblicato un manuale ad hoc. Si tratta del “Blueprint on Business & Human Rights”

di Monica Straniero

I nuovi “Sustainable Development Goals” (SDGs) lanciati a fine 2015 dalle Nazioni Unite assegnano alle imprese, non più soltanto agli Stati, la responsabilità di assicurare nell’esercizio delle attività imprenditoriali ed economiche la protezione e il rispetto dei diritti umani. In sostanza si richiede alle imprese uno standard di condotta omnicomprensivo, per il quale devono rispettare tutti i dritti umani tutelati a livello internazionale e minacciati dalle loro attività. Tra questi rientrano i diritti alla vita, alla salute e alla libertà personale, oltre ai divieti di discriminazione in base a genere, età, orientamento sessuale, di lavoro forzato e minorile.

All’ONU ha fatto seguito la Commissione Europea che con la Direttiva 2014/95 sulla Disclosure of Non-Financial Diversity Information by some Large Companies and Groups, obbligherà, a partire dal 2017, le imprese di pubblico interesse con più di 500 dipendenti di rendicontare il proprio impegno per rispettare i diritti umani, prevenire corruzione e abusi. Tuttavia, ancora oggi molte aziende si limitano a pubblicare una policy sui diritti umani. Solo l’8% delle imprese europee affronta il tema adottando un approccio continuativo sia di assessment del rischio che di definizione di possibili azioni preventive o di mitigazione e riparazione dell’impatto negativo sui diritti umani (e su altri beni) causati dalle proprie attività. Perché quando una grande impresa arriva nei paesi poveri le conseguenze possono troppo spesso essere disastrose per la popolazione locale; sindacali compressi o vietati, discriminazioni, sfruttamento di minori, inquinamento dell'ambiente.

Così per aiutare le imprese a mettere al centro della propria attività di business il rispetto dei diritti umani è stato appena pubblicato un manuale ad hoc. Si tratta del “Blueprint on Business & Human Rights”, un set di linee guida elaborato da CSR Europe, per integrare il rispetto dei diritti umani nelle tre funzioni aziendali chiave: Risorse Umane, Acquisti e Risk Management.

Nel documento, presentato la scorsa settimana in un incontro organizzato a Milano da Sodalitas, sono stati individuati i 6 principi-chiave a cui le imprese, dipendentemente dalla cultura aziendale, dal tipo di attività o dal posizionamento delle diverse funzioni, devono ispirarsi per non incorrere nelle violazioni dei diritti umani. Tra i suggerimenti contenuti nel rapporto c’è quello di creare una cultura aziendale forte, consapevole, costantemente aggiornata e capace di responsabilizzare tutte le persone che lavorano nell’impresa.

Nel manuale sono anche illustrati 55 esempi di buone pratiche d’impresa. Tra cui quella di Telecom Italia che nel 2015 ha introdotto la direzione Corporate Shared value, con il compito di invitare determinate funzioni e società del Gruppo alla compilazione di un apposito questionario di autovalutazione delle proprie attività in rispetto dei diritti umani.

Tra gli esempi virtuosi, il documento cita anche la società elettrica italiana Enel che da qualche anno ha incluso nei contratti di acquisto apposite clausole con riferimento alla lotta alla corruzione, alla tutela e protezione dell’ambiente, alla promozione di condizioni di lavoro salutari e sicure, alla tutela della libertà dalla discriminazione, al divieto di lavoro forzato, al divieto di sfruttamento economico dei minori, alla libertà di associazione e contrattazione collettiva.

Per quelle imprese che ancora ritengono che il rispetto dei diritti umani non sia un tema rilevante per sé, e non formano i propri dipendenti sull’argomento, è in arrivo una novità. A novembre 2016 saranno pubblicati i risultati del Corporate human rights benchmark(ChrB). Il progetto ha l’obiettivo di creare una classifica delle maggiori imprese del mondo in base alle loro performance in tema di diritti umani. Il ChrB utilizza una metodologia rigorosa in linea con i Principi Guida su Imprese e Diritti Umani approvati nel 2011 dalle Nazioni Unite, e si propone di “fare del rispetto dei diritti umani un requisito per tutte le imprese, ovunque esse operino”. Questi nuovi principi, sviluppati dal team coordinato dal Prof. Ruggie, Professore della Harvard University, rappresentano infatti il primo apparato di regole globali per la prevenzione e la gestione dei rischi derivanti dagli impatti negativi che l'attività d'impresa può generare sul rispetto dei diritti umani.

Intanto, le aziende, i governi, le ONG, e i rappresentanti della società civile si sono dati appuntamento tra oggi e domani a Doha, nella regione del Qatar, per fare il punto sullo stato di attuazione dei principi guida dell'ONU in quei paesi asiatici troppo spesso coinvolti in casi di violazione dei diritti umani commessi dalle imprese. Chi non ricorda la tragedia del Rana Plaza di Dacca, capitale del Bangladesh? Il 24 aprile del 2013 una fabbrica tessile di otto piani che produceva abbigliamento per grandi marchi internazionali, crollò uccidendo oltre 1.100 persone. A tre anni di distanza è desolante notare quanto siano stati scarsi i progressi fatti per eliminare lo sfruttamento della manodopera, in particolare quella minorile.


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