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Kentridge e la sua festa popolare sul lungotevere

Sarà inaugurata oggi 21 aprile per il “Natale di Roma” la prima opera di arte pubblica dell’artista sudafricano William Kentridge. “Trionfi e Lamenti”, un fregio di 550 metri che racconta la storia della città. «Quella di domani sarà una festa popolare aperta a tutti», dice l’artista. In anteprima le foto del lavoro finito

di Anna Spena

Secondo la leggenda narrata da Marco Terenzio Varrone, letterato, scrittore e militare romano, la città fu fondata da Romolo il 21 aprile del 753 a.C. Il giorno viene chiamato il “Natale di Roma”. Non è un caso che William Kentridge, artista sudafricano noto a livello internazionale soprattutto per i suoi disegni al carboncino, incisioni e film d’animazione, abbia deciso di inaugurare proprio in questo giorno una delle più grandi opere di arte pubblica mai realizzata: “Trionfi e Lamenti”, un fregio lungo 550 metri e alto dieci dove ottanta figure raccontano tutta la storia della città eterna.

«Quella di domani», ha dichiarato l’artista, «sarà una grande festa popolare aperta a tutti. Non ci sono posti riservati e chiunque può parteciparvi gratuitamente». Le figure, ottenute con l’idropulitura della patina biologica accumulata sul travertino, si susseguiranno da Ponte Sisto arriveranno e Ponte Mazzini. «È stato un lavoro lungo durato diversi anni», ha commentato l’artista, «è stato difficile ottenere tutti i permessi. Ma la cosa più importante è stata il desiderio di realizzare questo fregio». L’inaugurazione ufficiale partirà oggi dalle 20,30. Per l’evento di apertura Kentridge ha organizzato un evento teatrale creato in collaborazione con il compositore Philip Miller. «Il direttore d’orchestra camminerà all’indietro seguito da pubblico e musicanti». Prima di arrivare alla fase finale del lavoro l’artista ha realizzato diversi bozzetti con dimensioni differenti. Poi ha trasformato i bozzetti ad inchiostro e infine ha realizzato le forme da trasferire sul muro con la tecnica classica dello stencil. Tra le varie immagini raffigurate c’è Minerva, dea della saggezza; la Lupa Capitolina; e un’immagine della Dolce Vita di Fellini; o ancora la figura di Pasolini. L’artista però non ha raccontato la storia della città in ordine cronologico.

«Non ho badato alla logica quanto al senso. Quello che volevo raccontare con quest’opera sono anche le contraddizioni della storia. La cupola di San Pietro, ad esempio, è vicina alla costruzione del ghetto e al rogo di Giordano Bruno».

La foto di copertina e la terza immagine sono di Sabastiano Luciano; l'immagine centrale di Giulia Carpignoli


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