Comitato editoriale

Dichiarazioni anticipate di trattamento: la “ricetta” di Aisla

Un tema delicato sul quale l'associazione sta lavorando da molto tempo e che pone al centro la persona, la sua malattia e la sua concezione della qualità della vita. I sanitari dovrebbero comunicare con chiarezza per permettere al paziente di esprimere un consenso veramente informato sulle scelte terapeutiche.

di Antonietta Nembri

Sono in corso le audizioni – iniziate il 31 marzo – in Commissione affari sociali della Camera sulle proposte di legge dedicate alle Dat, le direttive o disposizioni anticipate di trattamento. A voler essere ascoltata dai deputati è anche Aisla, l’associazione italiana Sclerosi laterale amiotrofica. «L’audizione non è che un risvolto del lavoro fatto nell’ultimo anno e mezzo in seno ad Aisla» osserva Stefania Bastianello, responsabile formazione e Centro di ascolto dell’associazione. Da Aisla è stato anche pubblicato lo scorso anno un opuscolo “Le scelte terapeutiche della persona affetta da Sla” «un documento molto importante perché sancisce sulla base di elementi scientifici, etici e deontologici il diritto del paziente a compiere scelte libere e consapevoli, a seguito di un continuo processo di informazione ed elaborazione» continua.

Per Bastianello il problema oggi risiede in una grande confusione anche rispetto ai termini usati «Gli stessi media fanno confusione sulla differenza tra eutanasia, suicidio assistito, rifiuto e rinuncia a un trattamento», insiste Bastianello. «A noi interessa far capire che si può sempre rinunciare a un qualcosa che, magari in un primo momento era stato accettato, ma che non viene più giudicato adeguato alla propria concezione di qualità della vita». L’associazione del resto nel suo documento sottolinea più volte l’importanza dell’accompagnamento e della continuità di informazione che deve essere completa, chiara ed esaustiva.

Bastianello va anche oltre «Per Aisla è un dovere del sanitario prospettare e rendere disponibili tutti i trattamenti ai quali la persona, nel nostro caso affetta da Sla deve dare un consenso informato. Ma può anche rinunciare: si rinuncia a uno strumento tecnico». In pratica, insiste, non è lo strumento cui rinuncio che mi uccide, è la malattia. Proprio per questo ad Aisla si ritiene importante avere la dichiarazione anticipata di trattamento che espliciti le scelte. «È importante per una persona con diagnosi di Sla possa dichiarare la propria scelta, purtroppo oggi non c’è niente di ufficiale, siamo in una specie di limbo».

Ma detto tutto ciò per Stefania Bastianello alla base di tutto, «il pre-requisito è l’informazione, la consapevolezza delle conseguenze delle scelte che permette un’elaborazione. Proprio per questa ragione nel nostro documento “Le scelte terapeutiche della persona affetta da Sla” sottolineiamo molto il ruolo dei medici e dei sanitari nel dare informazioni». Nel documento, infatti si sottolinea come “La comunicazione relativa alla malattia è un aspetto fondamentale nella relazione che si deve realizzare tra il medico, la persona affetta da Sla e la sua famiglia, sin dal momento della diagnosi”.

«È importante che le persone siano consapevoli», insiste Daniela Cattaneo medico palliativista del centro di ascolto Aisla. Per Cattaneo solo chi raggiunge la consapevolezza può scegliere di avvalersi o meno di un trattamento «è un sostegno anche da un punto di vista culturale che aiuta la persona a essere più serena nel prendere la sua decisione.

Le informazioni devono essere precise per non confondere e la comunicazione deve essere diretta». Un percorso che secondo il medico deve avere tempi lunghi per favorire la comprensione, la conoscenza e le criticità dei diversi strumenti «un’azione che non si può fare in urgenza» osserva.

Per Daniela Cattaneo in una vera azione di “medi-care” la Dat è importante per scegliere le terapie e questa possibilità «deve poter essere declinata per tutte le fasce di fragilità. Soprattutto si tratta di dichiarazioni che non possono essere generiche» ed è proprio nella necessità di una consapevolezza circostanziata che si trova il compito dei sanitari «che purtroppo non sono preparati. L’università, ma anche la specialistica, salvo che non si scelga un percorso bioetico, non danno strumenti per affrontare questo», conclude Daniela Cattaneo che ritiene necessario «un cambio dei corsi all’università»

In apertura foto di Fred Dufour/Afp/Getty Images