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Economia & Impresa sociale 

Atlante, il fondo che promette di salvare il sistema bancario italiano

Secondo il Global Financial Stability Report del Fmi il livello delle sofferenze in Italia è estremamente alto. Per questo gli istituti si affidano al fondo privato di salvataggio che porta il nome del titano di mitologica memoria. Con una dotazione tra i 4 e i 6 miliardi dovrà far fronte alle ricapitalizzazioni. Ma funzionerà? Lo spiega a Vita Mario Seminerio, portfolio advisor di una importante SGR italiana

di Monica Straniero

Secondo il Global Financial Stability Report del Fmi, il livello delle sofferenze in Italia è estremamente alto, all'11,2% degli impieghi, più del doppio della media europea. Le banche si affidano così ad Atlante, il titano che secondo la mitologia greca venne condannato da Zeus a reggere l’intera volta celeste, per sostenere il peso degli aumenti di capitale e delle sofferenze. Il fondo privato di salvataggio del sistema bancario, infatti, col 70% della sua dotazione, compresa tra i 4 e i 6 miliardi, dovrà far fronte alle ricapitalizzazioni degli istituti di credito, richiesti

dalla Bce. Se farà il pieno di capitale, resterebbero 3,5 miliardi per acquistare i cosiddetti “non performing loan” ovvero quel fardello da 200 miliardi che banche hanno cercato di trasferire ad un grande bad bank nazionale. A gestire il Fondo Atlante, la Società di Gestione del Risparmio, Quaestio Capital Management sgr, che promette ai soci rendimenti del 6%. Solo ieri l’istituto ha infatti comunicato di aver raccolto in pochi giorni adesioni per un importo di oltre 4 miliardi di euro da 44 istituzioni italiane ed estere che includono banche, con in testa Unicredit e Intesa Sanpaolo, istituti assicurativi, fondazioni bancarie e Cassa Depositi e Prestiti. Il progetto salva istituti è stato appena avviato, e i pareri sulla sua reale efficacia sono già molto discordanti. Vita.it ne ha parlato con l’economista Mario Seminerio, portfolio advisor di una importante SGR italiana.

Quali sono i reali obiettivi del Fondo Atlante?
Il progetto ha ricevuto il suo avvio ufficiale ieri con l'autorizzazione della Consob alla commercializzazione delle quote della Banca Popolare Vicenza. L’offerta si concluderà il 28 aprile. Le quote degli istituti che hanno aderito al Fondo servono come garanzia per l’eventuale inoptato degli aumenti di capitale non solo di Banca Vicenza, pari a 1,5 miliardi, ma anche di Veneto banca, pari a 1 miliardo, ed eventualmente quelli di Cari Cesena e Cassa Rimini. In sostanza il Fondo comprerà le azioni non sottoscritte al valore minimo del range di prezzo indicato, ossia €0,1. Con il rischio che se Atlante interverrà, per gli azionisti della banca veneta si prospetta una perdita del 99,84% sul capitale investito. L’operazione ha quindi

come obiettivo quello di mettere in sicurezza gli aumenti di capitale delle due banche venete. Perché nel caso probabile in cui una quota rilevante delle nuove azioni dovesse rimanere invenduta, Unicredit si troverebbe costretta ad intervenire mettendo ulteriormente sotto pressione i propri coefficienti patrimoniali con effetti destabilizzanti per l’intero sistema bancario. Come sappiamo Unicredit, insieme a Intesa San Paolo, sono considerate tra le banche di rilevanza sistemica globale. Per dirla in breve, il Fondo Atlante si farà carico dell’aumento, con tutti i rischi che ne derivano visto che probabilmente diverrà anche maggiore proprietario delle banche in questione. In questo modo si pensa di salvare dal disastro il sistema bancario italiano e evitare il rischio di una nuova operazione bail in simile a quella che a novembre scorso ha gettato nel panico i risparmiatori italiani, e in definitiva anche il governo.

Nella nota informativa si legge che il Fondo Atlante ha tra le sue finalità quella di deconsolidare uno stock importante di sofferenze, in tempi significativamente più brevi rispetto a quelli attualmente previsti dal mercato, contribuendo a liberare risorse per nuovi impieghi alle famiglie e alle imprese”. Cosa c’è d vero?
Per le sofferenze bancarie il Fondo si concentrerà sulle tranche junior delle cartolarizzazioni, visto che le senior, ovvero le tranche più rischiose, sono coperte dalla garanzia pubblica Gacs concordata con Bruxelles ma non ancora attivata. Il motivo? Per attivarla, occorre che le banche vendano preliminarmente le tranche meno rischiose, ovvero quelle che hanno una qualità minore e quindi rendimenti più alti. Quelle che appunto dovrebbero essere comprate dal Fondo Atlante.

Ci sono rischi di stop dalla Commissione Europea al fondo Atlante?

In linea generale non dovrebbe arrivare un aut-aut dalla UE, poiché il fondo è alimentato da capitali privati, con contributi volontari, e gestito da soggetti privati. I soldi pubblici sono presenti soltanto in Cassa Depositi e Prestiti. Una partecipazione di circa 500 milioni che però non si può escludere possa finire sotto la lente della Commissione in quanto aiuto di stato. Senza dimenticare che sulla CDP esiste da sempre un problema di commistione tra l’interesse dei risparmiatori e soggetto di intermediazione finanziaria.

Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, il direttore generale di Banca d’Italia Salvatore Rossi, e Carlo Cottarelli, direttore esecutivo per l'Italia del Fondo monetario internazionale, hanno giudicato l’iniziativa del Fondo Atlante positiva per rafforzare il sistema bancario. È davvero così?
Tra le finalità del Fondo c’è anche quella di evitare che le difficoltà crescenti di una banca di dimensioni non irrilevanti possano generare timori di un effetto domino. Eppure il rischio è invece quello di indebolire le grandi banche che sono chiamate a sostenere attraverso la loro partecipazione al fondo banche con seri problemi a causa di deboli sistemi di governo societario, oltre che episodi di mala gestio.

Lei ha spesso parlato di rischi di contagio. Ci può spiegare meglio?
Il fondo salva banche acquisterà le sofferenze a prezzi meno penalizzanti rispetto a quelli di mercato. Il rischio è che se l’effettivo valore di realizzo si rivelerà inferiore rispetto al prezzo di acquisto di Atalante, la perdita ricadrà sui bilanci delle banche partecipanti al fondo che dovranno far fronte a nuovi aumenti di capitale. I nodi sono venuti al pettine. Il sistema bancario italiano è stato fortemente indebolito dalla crisi e dalla condotta di alcuni banchieri che hanno prestato senza considerare il rischio debitore e la validità dei finanziamenti concessi. L’operazione Atlante può mettere una pezza temporanea alle fragilità del sistema e rimandare l'introduzione delle norme sul Bail-in, ma il rischio di contagio della parte sana del sistema bancario rimane alto. Se il Fondo diventa proprietario delle due banche venete non sarebbe in grado di governarle e valorizzarle, perché erché non è solo e tanto un problema di risorse insufficienti nella gestione delle banche eventualmente acquisite, ma proprio di governance, cioè di che fare "da grandi". Ma anche questo finisce col mettere in gioco aspetti di richiesta di risorse, comunque. Con il rischio di generare una perdita che finirebbe nei bilanci delle banche socie con ripercussioni negative su un sistema-Paese sempre più integrato nel contesto europeo.

Al Fondo Atlante sono chiamate a contribuire anche le fondazioni bancarie. Che ne pensa?
Da anni le Fondazioni bancarie sono al centro di un dibattito sulla necessità di avviare processi di diversificazione del rischio e ridurre al minimo la partecipazione nella banca collegata, per dedicarsi completamente al non profit, anche se questo vorrebbe dire rinunciare a posizioni di potere negli istituti di credito. Assecondare i piani di ricapitalizzazione bancaria ha infatti esposto le fondazioni ai rischi bancari che oltre a compromettere la gestione in termini di adeguata redditività rispetto al patrimonio, ha inciso negativamente sul livello delle risorse destinate al territorio di riferimento. Un sistema consolidato di interessi e poteri locali, intrecci politici e conflitti fra diverse autorità di regolazione ha nel tempo impedito alle Fondazione di recidere il cordone ombelicale con le anche conferitarie. Ora, con la partecipazione al Fondo Atlante le fondazioni sono chiamate ancora una volta a soccorrere il sistema bancario. Una scelta che potrebbe mettere in serio pericolo la missione filantropica per cui sono state create.


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