Welfare & Lavoro

Vita, il turbante che celebra la bellezza delle donne

Dee di Vita è un’iniziativa solidale nata da una partnership tra Mantero e Ospedale San Raffaele in occasione del lancio di Vita, un turbante allegro e colorato, che valorizzi la bellezza delle donne con un tumore. Il progetto comprende anche una mostra fotografica alla Triennale di Milano. Tutto sostiene la onlus Salute allo Specchio, partita dall'intuizione dinanzi a una ottantenne con una retina sui capelli...

di Sara De Carli

Farfalle, strumenti musicali, insetti… e tanti, tantissimi fiori. Colorati, sgargianti, allegri, vitali. Sono i nuovissimi turbanti Vita, nati dalla collaborazione tra Ospedale San Raffaele di Milano e Mantero, prestigioso marchio della seta comasco: i disegni scelti vengono tutti dall’archivio storico dell’azienda. «È un’iniziativa nata da un’esigenza delle pazienti», spiega Valentina Di Mattei, psicologa, ricercatrice dell’Università Vita e Salute, ideatrice – insieme alla ginecologa e oncologa Giorgia Mangili – del progetto Salute allo Specchio, a cui il nuovo turbante è legato. «Volevamo un prodotto allegro e colorato, che interpretasse la forza e l’energia di tutte le donne, ne celebrasse la bellezza e ne valorizzasse la femminilità. Qualcosa che fosse bello, prezioso, non triste». La dottoressa Di Mattei lavora ogni giorno con donne alle prese con un tumore: il progetto Salute allo Specchio, da cui è nata anche una onlus, vuole proprio sostenere le donne che a seguito delle cure si sentono private della propria femminilità: imparare a truccarsi, scegliere la parrucca giusta, giocare con la propria immagine non è soltanto un “gestire gli effetti collaterali delle terapie”, ma ridare qualità di vita e forza alla progettualità di ciascuna donna.
Insieme agli esperti di Mantero, a Vita hanno lavorato due stylist di Salute allo Specchio e alcune pazienti, perché «il prodotto doveva essere bello ma anche comodo, facile da indossare. È stato necessario ricreare i volumi dei capelli, studiare il peso e la caduta delle stoffe, pensare a due code per fissare il turbante in maniera semplice e sicura, perché chi non ha dimestichezza con il foulard ha sempre paura poi che scivoli», continua Di Mattei (qui i dettagli tecnici).

Per turbante – in seta 100% – sono stati scelti in 14 disegni, ciascuno con diverse varianti. Si può già acquistare online sul sito www.deedivita.org e in alcune delle boutique più prestigiose di Milano. Costa 80 euro, perché «volevamo qualcosa di bello, ma accessibile a tutti», spiega ancora Di Mattei. Al netto dei costi, il ricavato va tutto a sostenere Salute allo Specchio: «Il setificio Mantero ha completamente sposato questo progetto, l’accordo non ha un termine. Il coinvolgimento così forte di un’azienda è un altro aspetto innovativo del progetto, non sarebbe mai stato possibile realizzare un prodotto del genere senza il know how di un’azienda così importante», commenta Di Mattei.

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Il prodotto però è solo una parte del progetto Dee di Vita, che include anche una mostra fotografica a cura di Guido Taroni, il 10 e l’11 maggio allo Spazio Lab della Triennale di Milano. Il giovane fotografo ha fatto indossare Vita a diverse donne, alcune con tumore e altre no, e le ha ritratte: «È bello che un oggetto nato su misura per una donna malata, con esigenze specifiche, possa essere indossato da tutte le donne, che diventi un accessorio di bellezza e femminilità. Oggi indossare un foulard è quasi un segnale della malattia, invece no, si crea una somiglianza fra tutte le donne, si abbatte quel confine tra sane e malate. La bellezza, anche durante la malattia, non è qualcosa che si deve aggiungere perché manca, al contrario è qualcosa che c’è sempre ma che ha bisogno di essere ritrovato», afferma Letizia Carnelli, psicologa, segretario della onlus Salute allo Specchio.
Guido Taroni per la sua mostra ha voluto un titolo che contiene una insita provocazione: “Donne ConTurbanti”. «È un titolo molto bello, molto appropriato, perché fa riferimento al fatto che una donna, anche durante la malattia, ha il diritto di vedersi e di essere guardata esattamente come prima, come una donna, con la sua femminilità e anche la sua sensualità. È un messaggio difficile di normalità della paziente in chemioterapia, che può mettersi un foulard e sentirsi a posto per andare a fare la spesa o a prendere il figlio a scuola», sottolinea la ginecologa Giorgia Mangili. E ricorda come l’esigenza di sentirsi e vedersi ancora belle sia qualcosa di trasversale, «importante per le ragazze giovani come per le settantenni, perché non è vero che con il passare del tempo l’immagine di noi e del nostro corpo conti meno. Me l’ha insegnato una signora di 80 anni, vent’anni fa, venne in ospedale con una retina di quelle che si mettevano sopra i bigodini, carica all’inverosimile di lacca: “così i capelli non mi cadono”, disse, e mi commosse».


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