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Congo, l’inutile corsa nella notte dei genitori adottivi

La Commissione Adozioni Internazionali manda a chiamare con la massima urgenza 80 coppie per firmare documenti decisivi per l'arrivo in Italia dei loro figli. In poche ore in 160 si mettono in macchina e partono, salvo poi scoprire che la loro presenza non era necessaria. E che nessuno ha ancora notizie dell'arrivo dei loro bambini, che attendono ormai da tre anni. E rabbia e delusione esplodono sul web

di Gabriella Meroni

Una corsa forzata, nella notte, per firmare carte «importantissime», ma in realtà inutili, e restare per giunta delusi. E' quanto è capitato nella serata del 21 aprile scorso a decine di coppie di genitori adottivi in attesa dell'arrivo dei figli dal Congo, gli ultimi 83 che ancora devono raggiungere l'Italia dopo un blocco di tre anni (una cinquantina di altri sono per fortuna già arrivati).

Avvisati con una telefonata perentoria nel pomeriggio, che intimava loro di partire subito, senza poter chiedere nessuna spiegazione 160 mamme e papà si sono dunque precipitati a Roma, nella sede della Commissione Adozioni Internazionali, macinando anche 600 chilometri in macchina (perché non c'era tempo di prenotare treni né aerei). Arrivati da Trento, Matera, Brindisi, Brescia, Napoli, Milano, Lucca, scoprono di dover firmare una delega a un incaricato per consegnare i documenti a un incaricato CAI, perché «per motivi familiari e di viaggio» non possono andare personalmente in Congo. Una dichiarazione evidentemente formale, per non dire falsa – perché dopo tre anni questi genitori a prendere il loro figlio ci sarebbero andati di corsa e a piedi – ma soprattutto inutile, perché firmare quelle carte, una copia delle quali è stata portata nella redazione di Vita, non era nemmeno necessario.

Si aggiunge così un altro tassello alla gestione a dir poco discutibile della Cai a opera della presidente Silvia Della Monica, che aveva una tale urgenza che quelle deleghe venissero firmate di persona da convocare 160 persone (alcune sono arrivate poco dopo la mezzanotte) per poi ripiombare nel più assoluto silenzio e non dare alcuna informazione circa i tempi del definitivo arrivo dei figli in Italia. Firmati i documenti, infatti, i genitori se ne sono tornati a casa non solo senza i bambini, ma anche senza nessuna notizia di loro, bloccati da tre anni in Congo nonostante siano a tutti gli effetti loro figli.

Nella delega all’incaricato di un ente i genitori dichiarano in francese che «per motivi familiari e di viaggio» non possono andare personalmente in Congo

Non basta. La presenza delle coppie a Villa Ruffo, con i relativi disagi e spese, si sarebbe potuta benissimo evitare. «Sappiamo che un ente ha fatto firmare le deleghe nella propria sede», ha scritto su internet il Comitato Genitori Rdc. «E ci risulta che coppie si siano recate presso gli uffici pubblici della propria città per firmare questi documenti, davanti ad un pubblico ufficiale». E comunque, dopo due anni e mezzo di blocco, era davvero impensabile preparare prima delle deleghe? O anche mandare un fax? No, meglio convocare tutti con qualche ora di preavviso, paventando neppure troppo velatamente conseguenze irreparabili in caso di mancata presenza fisica negli uffici, come sottolineano ancora i genitori. «Sempre perchè si parla di un’isituzione che dovrebbe esser al servizio del cittadino, è questo il senso di rispetto nei confronti di questi cittadini?», concludono. «Ha senso mettere in strada, per un’intera notte, coppie di futuri genitori con rischio di incidentalità sicuramente più alto, mentre ad altri è stato concesso un trattamento diverso?».

Sul caso, infine, è stata presentata anche un'interrogazione parlamentare a firma del senatore Aldo Di Biagio di Ndc, che già in passato aveva presentato interrogazioni sul tema, nella quale si osserva «una gestione per certi aspetti raffazzonata delle pratiche adottive per famiglie» e si domanda se non vi siano «altre possibili "modalità" di gestione delle pratiche e di firma delle fantomatiche deleghe, magari prevedendo una gestione digitale delle stesse, o predisponendo strumenti ad hoc nelle sedi locali degli enti a cui afferiscono i genitori». Di Biagio chiede infine al governo se esistano «ulteriori ipotesi percorribili sul versante della firma di "carte importanti" che non comportino viaggi notturni su Roma da parte di genitori non informati» e quale sia, allo stato attuale, «la situazione dei restanti 83 bambini, ancora bloccati in Congo, e quando questi rientreranno in Italia». Tutte questioni che sono sul tavolo da molto tempo, e alle quali la dottoressa Silvia Della Monica non ha ancora risposto.


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