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Zappolini: «La misura è colma, lo Stato smetta di favorire l’azzardo»

L'appello del presidente del Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza alla vigilia della Conferenza Stato-Regioni: «La misura è colma. A Renzi e Mattarella dico serve una legge al più presto»

di Riccardo Sanna

Don Armando Zappolini è, da sempre, in prima fila nella lotta al "gioco" d'azzardo. Alla vigilia dell'importante riunione della Conferenza Unificata Stato-Regioni di domani, sceglie Vita.it per lanciare un appello alle istituzioni: «È ora di agire, così non si può più andare avanti». Zappolini è presidente del CNCA, Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza e Rappresentante nel Coordinamento Provinciale degli Enti Locali per la Legalità promosso dalla Provincia di Pisa per l'Associazione Libera di Don Luigi Ciotti.

Potrebbe darci un aggettivo per definire il "gioco" d'azzardo?
Subdolo. Il gioco d’azzardo si presenta oggi come un realtà integrata nel nostro ambiente sociale (si pensi alla diffusione capillare delle sale giochi o alla tanta pubblicità presente nei più diversi canali di comunicazione), attraente e anche un po’ glamour. Per questo molti non si rendono conto dei possibili rischi di dipendenza che l’azzardo comporta.

Nel "gioco" d'azzardo ci vede la mano del diavolo?
Ci vedo di più! Le tante mani di coloro che hanno corposi interessi nella diffusione del settore.

Ha conosciuto persone che si sono suicidate a causa del "gioco" d'azzardo?
Due anni fa ho conosciuto la moglie di una persona che si è suicidata per il "gioco" d’azzardo. E tanti sono coloro che arrivano fino a un livello estremo, stretti tra debiti, usura, bugie, liti in famiglia.

Perché, secondo lei, il "gioco" d'azzardo è pericoloso per i nostri figli?
Sappiamo dalle ricerche disponibili che anche i minori giocano, anche se la legge lo vieterebbe. Il problema principale non è solo il rischio di dipendenza che corrono – come tutti gli altri – ma la “lezione” che ricevono dal "gioco" d’azzardo: che sia più importante cercare di “svoltare”, puntando sulla fortuna e l’azzardo, piuttosto che provare a coltivare le proprie abilità e competenze, arrivando a sviluppare professionalità specifiche. Il "gioco" d’azzardo dà l’idea di “soldi facili”, conquistati con poco impegno e in una volta sola, che ti fanno diventare “turista per sempre”. Ci sono prospettive di vita migliori da proporre ai nostri ragazzi.

Se non si fa nulla per arginare questa piaga sociale, come vede il nostro paese fra 10 anni?
Già oggi, l’Italia è uno dei Paesi al mondo in cui si azzarda di più. Difficile fare peggio. Per questo credo che abbiamo superato ampiamente, già ora, il livello di guardia. È necessario approvare subito una legge quadro che regolamenti il settore per limitarne l’impatto negativo sul tessuto sociale.

Stiamo educando i nostri figli al "gioco" secondo lei?
Come dicevo prima, dovremmo educarli al gioco, ma non all’azzardo. Al divertimento e al mettersi alla prova, da soli o in squadra con altri, assai più che a puntare soldi per fare soldi.

Quanto, in percentuale, le colpe sono da attribuirsi allo Stato? E quanto alla famiglia?
Le responsabilità dello Stato sono molte. Il "gioco" d’azzardo era vietato in Italia fino ad alcuni anni fa. Poi si decise di legalizzare, in qualche modo, il settore per ricavarne delle entrate fiscali. Da allora tutti i governi che si sono succeduti, di destra e di sinistra, hanno favorito il "gioco" d’azzardo. Ora è difficile limitarlo anche perché nel bilancio dello Stato figura questa entrata, a cui non si vuole rinunciare. La lobby del settore, molto potente e trasversale, fa leva anche su questo. Per quanto riguarda la famiglia, ai genitori spetta la responsabilità di indicare ai figli un modo sano di crescere, di diventare adulti e di valorizzare se stessi, in connessione con i bisogni della collettività.

Quali consigli vuole ai ragazzi affinché stiano alla larga dal "gioco"? E ai genitori affinché educhino i figli a non "giocare"?
Ai ragazzi direi che se vogliono giocare – inteso come spensieratezza e non come azzardo -, ci sono molte cose che varrebbe la pena fare. Mettersi in gioco facendo un cortometraggio o mettendo su una web radio o inventando un gioco di ruolo o dando vita a un collettivo teatrale. Le possibilità sono infinite. Il "gioco" d’azzardo mi pare una delle meno interessanti per il tipo di esperienza che propone. Ai genitori consiglierei di stare accanto ai figli cercando di ascoltare le loro domande e bisogni, prima – e invece – di limitarsi a vietare.

Se avesse di fronte a lei Matteo Renzi o Sergio Mattarella, cosa gli direbbe con estrema franchezza?
Gli direi che la misura è colma! Che lo sviluppo impetuoso del "gioco" d’azzardo in questi ultimi anni sta provocando problemi a tante persone, e in particolare a quelle più deboli dal punto di vista sociale e culturale. Occorre regolamentare il settore in modo rigoroso, in modo da limitare i rischi sociali e sanitari che comporta. Un buon testo di legge giace sepolto in Parlamento. Che aspettiamo ad approvarlo?


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