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Idomeni: possibile sgombero entro la fine di maggio

Il governo greco ha annunciato la chiusura del campo profughi entro la fine del mese ma le incognite rimangono molte. Tra queste la disponibilità di posti letto e le condizioni precarie di molti dei campi gestiti dal governo, in cui dovrebbero essere trasferite le persone. E alle dichiarazioni del governo non crede nemmeno l’amministrazione locale di Idomeni...

di Ottavia Spaggiari

Entro la fine di maggio. E’ questa la data che il governo greco avrebbe fissato per la chiusura del campo di Idomeni. A confermarlo il vice-ministro per le politiche migratorie, Ioannis Mouzalas che, in un’intervista a ANA-MPA, ha dichiarato senza mezzi termini che l’accampamento informale debba “essere sgomberato” al più presto.

La prima domanda che viene in mente: Cosa ne sarà di loro?

Dalla fine di febbraio, con la chiusura della frontiera macedone, tra i 10 e i 12mila profughi, la maggior parte siriani e iracheni, vivono in questa striscia di terra al confine tra la Grecia e Fyrom (la repubblica di Macedonia), accampati in tende e ripari di fortuna, nella speranza, sempre più flebile, che la frontiera possa riaprire, consentendo così a ognuno di proseguire il viaggio verso la propria destinazione. Perché qui, quasi tutti sanno dove andare. Germania, Svezia, Danimarca, i paesi che si sentono nominare più spesso tra le tende.

Tra chi è rimasto bloccato al confine, in quelli che fino a pochi mesi fa erano campi coltivati e che, al primo temporale si trasformano in una landa di fango, migliaia di bambini, circa il 40% della popolazione. Impensabile pensare che, con l’arrivo del caldo estivo, si possa continuare a vivere qui, dove non c’è ombra.

L’obiettivo del governo greco: trasferire i profughi nei campi allestiti dal governo e gestiti in collaborazione con l’UNHCR. Ma se alla fine del mese mancano poco più di 2 settimane, le incognite rimangono ancora molte.

I campi “ufficiali”, per ora sono 34, 10 di questi nella nord della Grecia, ma le condizioni variano moltissimo da una struttura all’altra. Emanuel Massart, di Medici senza Frontiere, aveva dichiarato a Vita, come, alcuni campi non garantiscano nemmeno l’accesso all’acqua e Marek, una profuga siriana, di Homs, ci aveva raccontato di come fosse stata costretta a tornare nell’inferno di fango e sole cocente di Idomeni, dopo aver trascorso un periodo in uno dei campi del governo, perchè “Non mi davano nemmeno abbastanza latte per il bambino.”

Noi stessi avevamo provato a visitare il campo di Nea Kavala, a circa 25 km da Idomeni, ma l’ingresso alla stampa non è consentito, così come non lo sono i video e le fotografie, nemmeno dall’esterno.

A confermare la disparità degli standard tra un campo e l’altro lo stesso UNHCR. “Siamo d’accordo con il trasferimento delle persone da Idomeni, purché vi sia un’alternativa dignitosa e migliorabile.” Spiega Giovanni Lepri, Vice Rappresentante di UNHCR Grecia. “Il problema a Idomeni è anche la sicurezza, la situazione si sta cristallizzando.” Con il trasferimento dei profughi negli altri campi, l’UNHCR spera non solo di garantire alle persone l’accesso a servizi migliori, ma anche di facilitare la pre-registrazione per le richieste di asilo in Grecia (secondo Dublino), ricongiungimento e re-location (ovvero trasferimento in altri Paesi europei, opzione accessibile solo a Siriani e Iracheni) al momento completamente inaccessibile.

Come avevamo raccontato, infatti per ottenere il colloquio di richiesta d’asilo a Salonicco è necessario prendere un appuntamento via Skype. Un’impresa praticamente impossibile, sia per via dei grossi problemi di connessione a Idomeni, dove le reti wi-fi sono solamente due (di cui una gestita completamente da volontari), che per la mancanza di risposta dagli uffici di Salonicco: la maggior parte delle volte nessuno risponde alle chiamate Skype. Un processo estenuante e assurdo, tanto da spingere una delle ragazze siriane bloccate a Idomeni a lanciare una una petizione online su Change.org, che ad oggi ha raccolto oltre 186mila firme e potrebbe vedere i primi risultati concreti tra qualche settimana.

“Nelle prossime settimane verrà avviato un programma di pre-registrazione di persona,” conferma Lepri. “Non sarà nel campo di Idomeni, ma in un registration hub vicino. Skype rimarrà, ma verrà implementato, in modo da rendere il processo più veloce.” Chi verrà pre-registrato riceverà un documento che certifica lo status di richiedente asilo e una data per il colloquio individuale che si terra' ad uno degli uffici dell'asylum service. UNHCR provvederà ai trasporti.

La Dachau dei nostri giorni, come era stata definita Idomeni dal ministro degli interni greco, potrebbe quindi avere vita breve, ma la “vergogna d’Europa”, non finirà tanto presto, perché i conti continuano a non tornare.

Come confermano da UNHCR, infatti, in realtà non solo nei campi del governo non vi sono ancora abbastanza posti letto per tutti i profughi di Idomeni, ma il problema più ampio rimane quello di un’Europa che continua a voltarsi dall’altra parte. Dei quasi 50 mila profughi rimasti bloccati in Grecia dopo la chiusura delle frontiere, secondo l’UNHCR circa 30mila sono Siriani e Iracheni, e quindi aventi diritto alla richiesta di re-location in un altro Paese europeo. Dal momento dell’accettazione della domanda alla partenza per l’Europa, dovrebbero passare appena 8 settimane, eppure, al momento, i posti resi disponibili per il trasferimento dei profughi siriani e iracheni dalla Grecia ad altri Paesi europei sono appena 2788 e ci sono gia' molte domande in corso di valutazione.

“La re-location di queste persone dipende dalla capacità di registrarli ma anche dalla necessità di un aumento considerevole dei posti resi disponibili dall’Unione Europea.” Spiega Lepri.

Nonostante l’UNHCR confermi di avere destinato altri 130 operatori per le pre-registrazioni e molti di questi andranno in supporto all’Asylum Service greco, il rischio è comunque quello di trasferire tutte queste persone da un limbo ad un altro, forse solo un pò più sicuro, trattenendo però sempre in ostaggio le vite di decine di migliaia di persone, in fuga, da guerra, morte e distruzione.

E nel frattempo a Idomeni, nonostante le dichiarazioni del governo, la vita continua come sempre. Migliaia di uomini donne e bambini continuano a dormire sotto pioggia e sole e su Facebook i volontari continuano ad organizzare il proprio lavoro quotidiano.

“Il numero delle persone effettivamente è calato nelle ultime settimane, molti hanno deciso di essere trasferiti nei campi del governo, ma rimangono ancora circa 10mila persone e tra queste centinaia di bambini non accompagnati.” Spiega Olivia Watson di Save the Children. I minori non accompagnati bloccati in Grecia sarebbero circa 2mila, ma i posti disponibili nelle strutture di accoglienza per minori sono attualmente solo poco più 400, un numero irrisorio, destinato a costringere circa 1600 bambini e adolescenti a vivere senza alcuna protezione. “Per ora non si ha la sensazione di grandi cambiamenti, non vi sono state operazioni di sgombero, ci sono solamente diversi autobus, all’entrata del campo, che attendono di caricare chi decide di trasferirsi nei campi del governo, ma la scelta di spostarsi è lasciata ai singoli.”

Una calma che non sembra solo apparente. L’incertezza sul futuro di Idomeni, si legge chiaramente nelle parole di Petros Bellis, assistente del sindaco di Paionia, la municipalità a cui fa capo anche l’amministrazione locale di Idomeni: “Non possiamo davvero prevedere cosa accadrà in futuro. D’altronde qualche mese fa il governo aveva dichiarato che il campo sarebbe stato sgomberato entro Pasqua e invece non è cambiato nulla.”

Foto: Ottavia Spaggiari


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