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«Ho vissuto con dignità e fecondità»

Oggi, all’età di 86 anni, è morto Marco Pannella, il leader storico del Partito Radicale Italiano. Per ricordarlo riproponiamo un’intervista che gli fece Clemente Mimun per Chi in occasione del suo 80esimo compleanno

di Clemente Mimun

Nella sua vecchia mansarda nel cuore di Roma, dove volteggia quasi incurante delle travi di legno che schiva avventurosamente per pochi millimetri, Marco Pannella vive tra cataste di carte, libri e ricordi di famiglia. Ma, visto che siamo in casa di un mangiapreti, a sorprendere sono soprattutto una fantastica Via Crucis napoletana dell’Ottocento, perfettamente restaurata, una statua antica di legno che raffigura San Nicola e una grande foto di un monsignore Giacinto Pannella, zio di Marco, che si chiama in realtà

proprio Giacinto. Nella casa si respira un’atmosfera di festa per l’ottantesimo compleanno del leader radicale. Mentre lui sfoglia un librone rilegato con gli auguri degli amici più cari, do una sbirciatina e noto quelli di Giuliano Ferrara, e ne scippo un passo: «Gli si vuol bene, a Marco, quando evapora in un mondo fatto di continue ellissi, di giravolte inspiegabili in apparenza. Gli si vuol bene quando è narciso, quando è pietoso, quando è vero e quando è falso. Gli si vuol bene a 80 anni e in tutti gli altri compleanni, non certo per quello che fa, ma per quello che unicamente è».


L'annuncio di Radio Radicale della morte di Marco Pannella

C’è tanto affetto nei suoi confronti, ho visto centinaia di messaggi, da quelli dei presidenti delle Camere a Battiato, da Paolo Mieli ad Albertazzi, fino a Platinette…
Quel che non ha visto è la simpatia, l’affetto che mi dimostrano ogni giorno per le stradee d’Italia a forza di “ciao Marco, dài, non mollare”. Il fatto è che io sono una persona comune e, dopo 60 anni di partitocrazia, la gente conserva un affetto profondo per chi propone cose ragionevoli.

In queste ore è stato costretto a fare un bilancio della sua vita?
No, il bilancio lo faranno il tempo e la gente comune. Se proprio devo, le dico che ho vissuto con una qualche dignità e forse anche con fecondità.

Se proprio devo, le dico che ho vissuto con una qualche dignità e forse anche con fecondità

Quindi è felice?
Sì, perché ho passione per la vita. Il professor Valloni, un endocrinologo che ebbe in cura i miei genitori in Svizzera, dopo avermi tenuto in osservazione, mi disse: “Noi siamo diversi. Al suo posto ringrazierei Dio, lei ringrazi pure i suoi genitori, o il dna che le hanno donato, perché qualunque cosa avesse deciso di fare, che si trattasse di sport, scienza, letteratura o altro, lei avrebbe raggiunto i suoi propositi”.

Le è mai passato per la testa di ringraziare Dio?
Di certo ringrazio il caso, i miei genitori e le idee che mi sono state trasmesse. E Dio, anche se fin da quando ero ragazzo mi sono chiesto, se Dio somiglia a noi, che bisogno ce n’è. Ogni eccessiva antropizzazione della sua immagine mi sembra un po’ blasfema e sbagliata, qualunque sia il nome dell’assoluto nel quale siamo immersi.

Parliamo del Pannella bambino. Che rapporto aveva con i suoi genitori?
Eccellente. Mia madre, Andrée Estachon, era di Lucerna, ma aveva interessi a Grenoble, dove conobbe mio padre. Nel 1923 lei aveva l’auto, la guidava, era iscritta all’università, portava i capelli corti, ballava benissimo. Papà, Leonardo, era finito in Francia per una specializzazione, per non tornare subito a Teramo, dove l’aspettava la direzione di una banca. Quando si sposarono, lei fece scandalo, era troppo avanti in quell’ambiente provinciale. Brigò al punto di portare la Montessori a Teramo e, quando ci trasferimmo a Pescara, si trasferì anche l’asilo. La chiamavano “la franzosa”, una gran donna.

Ma si dice che la tenesse a stecchetto…
Sì, ma ci pensavano i contadini a nutrirmi con delle belle fettone di pane casareccio spalmate di salsiccia cruda.

E papà, invece…
Lui stava sveglio fino alle 2 del mattino a leggere e ordinare schede dei libri che possedevamo. Era dolce, cocciuto, ha, perfino fatto un duello con un giovane fascista perché se la prendeva con un ubriacone…

E la politica quando arriva nella sua vita?
A sei anni facevo scherma e studiavo violino con un professore republicano, si chiamava Righetti, che parlava con me di politica neanche fossi un adulto. Gli piacevano le mie domande e io mi appassionavo…

Sono anche i tempi della primissima fidanzatina?
Come no, si chiamava Adria, avevo 8 anni e ne ero innamorato. Durò poco, lei fuggì con la sua famiglia, era ebrea.

Facciamo un salto nel tempo: lei, a 17 anni, incontrò Benedetto Croce…
Facevo parte della Gioventù liberale e riuscii a vederlo perché Croce era stato pubblicato da mio zio monsignore, che aveva una rivista. Se ne ricordò e mi dedicò due ore indimenticabili. Mi dimostrò, tra l’altro, che eravamo parenti. Ancora oggi mi sento con la figlia.

Il primo bacio?
Alle medie baciavo un po’ tutte, ero grande e grosso. Ma il mio amore si chiamava Didi e con lei facevamo il ballo della mattonella.

Mai pensato al matrimonio?
Bianca, una ragazza che conobbi a Pavia, aveva occhi splendidi e dolcissimi. Una volta andammo a mangiare nei pressi di un ruscello vicino alla Certosa… Arrivammo addirittura alle pubblicazioni, ma pendeva dalle mie labbra, era troppo innamorata, non poteva andare…

E ad avere un figlio non ci ha mai pensato?
Con Mirella, la mia compagna di sempre, ci abbiamo riflettuto tanto. Ci dicevamo: “Quando saremo pronti per essere in tre, perché anche l’altro possa essere felice, lo faremo”. Ma io non ne ho mai avuto voglia, anche se ho un forte dubbio su una ragazza che conobbi tanti anni fa: si chiamava Gabriella, era napoletana. Chissà che non ci sia un cinquantenne in giro che mi somiglia fin troppo…

Il mio vero rammarico è non avere capito quanto fossi importante per Pasolini, quanto ci e mi amasse

Oggi in molti fanno outing, lei ha parlato della sua bisessualità decenni or sono. Come ha conciliato l’amore per alcuni ragazzi con quello per Mirella?
Noi abbiamo convissuto per quasi 30 anni, poi abbiamo attuato una separazione che è solo logistica, forse perché stiamo troppo bene insieme. Ho avuto tre o quattro uomini che ho amato molto, ma non c’è mai stata alcuna gelosia con lei. Potevamo avere, e avevamo, anche altre storie, ne parlavamo prima e durante, senza che nulla ci abbia potuto mai dividere.

Pensa di dover chiedere scusa a qualcuno?
Probabilmente a tanta gente, ma il mio vero rammarico è non avere capito quanto fossi importante per Pasolini, quanto ci e mi amasse. Lui descrisse il modo in cui cercò la morte, così come poi avvenne, e quando il Gr2 mi informò del fatto, non mi sorpresi, era l’ultima stazione del suo Golgota, che purtroppo stava preparando da tempo.

Che obiettivo politico ha a 80 anni suonati?
Io penso sia realmente possibile una alternativa liberale, come accade ogni due o tre secoli nella storia. Sarò cocciuto, ma non riesco a rinunciarci. Ora basta, ho fame, vi preparo due cosine…».

E qui, Pannella si trasforma in cuoco provetto e in quattro e quattr’otto mette in tavola: un bel piatto di fave e pecorino, gnocchi e ravioloni con burro e gorgonzola, polpettine, pomodori col riso, birre olandesi e francesi… «Quando digiuno, digiuno, ma quando mangio, faccio sul serio», spiega ridendo»

da Chi


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