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Il volontariato “postmoderno” non è poi così male

Presentato il report intermedio della ricerca - che si concluderà nell'autunno 2016 a un anno dalla chiusura dei padiglioni - sui volontari di Expo 2015. A volere lo studio Csvnet e Ciessevi che si sono posti l'obiettivo di non disperdere l'impegno delle migliaia di persone che si erano impegnate capendo l'evoluzione della figura del volontario.

di Antonietta Nembri

A un anno di distanza che ne è stato degli Expo volunteers? Quale futuro nel mondo del volontariato si prospetta per i tanti giovani che si sono messi in gioco nei mesi dell’esposizione universale di Milano? E proprio per non disperdere il patrimonio di vissuti e stimoli di chi ha vissuto questa esperienza Csvnet e Ciessevi Milano hanno incaricato un’équipe (docenti e ricercatori del seminario permanente di Studi sul Volontariato dell’Università degli Studi di Milano) di condurre una ricerca (i dati preliminari erano stati presentati a fine ottobre scorso) che propone ora il report intermedio e che configura sempre più chiaramente l’immagine di un “volontariato post-moderno”.
Stiamo parlando di una nuova forma di impegno episodico, legato ai grandi eventi che emerge con chiarezza dai dati del report. A rispondere alla ricerca quantitativa quasi la metà dei volontari di Expo (2.376 pari al 48%). La maggioranza è donna (66%) con un’età media inferiore o pari a 30 anni.
Mettendo a fuoco la fotografia che emerge si può dire che l’85% di chi ha partecipato alla ricerca è nato in Italia (6% in Europa e il 9% in una nazione extraeuropea), la maggioranza risiede nel Nord Italia (72%), seguito da Sud (12,8%), Centro (8,8%) e nelle Isole (5,8). Il livello di istruzione è medio-alto, diplomati e laureati rappresentano il 91,5%.

Particolarmente interessante anche il modo con il quale sono arrivati a Expo: il 43% ha saputo dell’opportunità di diventare volontario attraverso Internet e la ragione che ha spinto i volontari a proporsi per Expo 2015 è legata soprattutto ad aspetti personali e culturali «Fare volontariato in Expo fa crescere le mie conoscenze e la mia esperienza».

I dati più interessanti arrivano dall’analisi dell’identikit dei volontari divisi in due categorie “experienced", cioè quelli che avevano già svolto un’attività di volontariato il 59% del campione e i cosiddetti “volontari new entry” il 41%. La stragrande maggioranza, 85,5% del totale ha dichiarato che Expo è stata la prima volta di un’esperienza legata a un evento. Per praticamente tutti i volontari (98%) l’esperienza fatta è stata positiva e da consigliare ad amici e parenti.

Se la stragrande maggioranza dichiara di avere intenzione di fare ancora attività come volontario (95,5%) e lo vuol fare soprattutto nella forma “episodica” (64%). Ed è questo un primo dato interessante da tenere presente e che dimostra un cambiamento di pelle dei volontari. Da osservare anche che per le future attività di volontariato i “new entry” consulteranno i siti internet mentre gli “experienced” è più facile cerchino informazioni direttamente tra le associazioni o ai centri di servizio per il volontariato.

I dati sono stati presentati oggi a Roma in un incontro promosso da Csvnet e Ciessevi e al centro dell’attenzione c’è stato proprio questo “volontariato post moderno” che viene vissuto come una sfida, perché se il volontariato per così dire moderno era mediato dalle associazioni quello che emerge dalla fotografia dei volontari Expo prescinde dalla mediazione delle strutture associative, privilegia gli aspetti della flessibilità e della scelta personale, spessa riferita a singoli eventi. È un volontariato – si legge nel report – «poco incline a dedicare energie alle incombenze e alle dinamiche associative, ma sospinto dal desiderio che ogni ora spesa sia effettivamente rivolta a obiettivi di servizio verso la collettività». Ma si può anche notare – continua il report – «che forme di volontariato situazionali, a basso coinvolgimento organizzativo possono rappresentare la porta d’ingresso verso forme di volontariato più complesse e strutturate» e questo per sottolineare come non abbia senso contrapporre un volontariato informale e occasionale a uno stabilmente organizzato dal momento che uno può evolvere nell’altro. Insomma, un volontariato "liquido" che guarda con interesse all'impegno sociale, anche se in modo diverso dal passato.


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