Welfare & Lavoro

Per ogni bambino adottato, uno resta senza famiglia

Paola Crestani, presidente del Ciai, audita ieri in Commissione Giustizia, ha portato un dato impressionante: nel 2015 Ciai ha dato una famiglia a 54 bambini ma per altri 63 non è riuscita a trovare famiglie disponibili ad accogliere un bambino con special needs. «C’è un evidente disallineamento tra la disponibilità delle famiglie e i bisogni dei bambini. Servono servizi per il post adozione»

di Sara De Carli

Cercasi famiglie per bambini con bisogni speciali. È noto il fatto che i bambini con special needs (grandicelli, con problemi sanitari, con una disabilità, in gruppi di fratelli) rappresentano una fetta crescente della realtà delle adozioni internazionali, ma il dato che Paola Crestani, la presidente del Ciai, ha portato ieri in audizione in Commissione Giustizia della Camera dà una dimensione quantitativa di grandissimo impatto.

Crestani ieri era audita all’interno della indagine conoscitiva sulle adozioni, in vista della riforma della legge 184. Durante il suo intervento ha affermato che «l’anno scorso Ciai ha trovato una famiglia in Italia per 54 bambini, però sono stati ben 63 i bambini che ci sono stati segnalati, di cui abbiamo studiato la situazione, fatto approfondimenti, ai quali non siamo riusciti a trovare un famiglia». I decimali con i bambini hanno poco senso, ma in sostanza significa che ogni due bambini che dall’altra parte del mondo aspettano una mamma e un papà, uno li ha trovati ma l’altro (più un pezzetto, per l’esattezza il rapporto è 1,16) è rimasto solo, là dove era.

Questa la premessa fatta da Crestani (qui il video integrale dell’audizione, l’intervento di Paola Crestani è da 1:33): «C’è un calo delle famiglie disponibili ad adottare, sicuramente è una causa il fatto che i bambini segnalati sono sempre più bambini con bisogni speciali: bambini in età scolare, con problemi di salute, gravi maltrattamenti o fratrie allargate. Questa percentuale di bambini con problemi di salute è aumentata molto, gli ultimi dati che abbiamo, nel rapporto statistico CAI sul 2013, dicono che fra il 2009 e il 2013 la percentuale di bambini con disabilità o problemi di salute è raddoppiata. Allo stesso tempo diminuiscono le famiglie che danno la disponibilità per questi bambini, non abbiamo dati precisi su quanti siano i bambini che non riescono a trovare una famiglia, né sulle necessità dei bambini, ma evidenziamo che manca la disponibilità di famiglie per bambini con bisogni speciali». Come dire, ripensare la legge sulle adozioni non può tenere conto di ciò.

Presidente, cosa significa esattamente che per 63 bambini segnalati non siete riusciti a trovare una famiglia?
Sono bambini che ci sono stati segnalati, di cui abbiamo studiato i dossier, solitamente quando c’è un problema sanitario chiediamo approfondimenti perché vogliamo dare alle famiglie delle informazioni precise, chiare. In generale più che disabilità sono malattie, magari croniche: cardiopatie, labbro leporino, diabete, epatite c. Alcuni di quei 63 bambini in effetti dopo questo approfondimento hanno rivelato situazioni decisamente gravi, per altri invece si trattava di una situazione simile a quella di tanti altri bambini per cui troviamo normalmente disponibilità: ciononostante non siamo riusciti a trovare famiglie disponibili.

Il problema qual è?
C’è un evidente disallineamento tra le disponibilità delle famiglie e i bisogni dei bambini. In questo momento non abbiamo – noi Ciai, magari per altri enti le cose sono diverse, non sono nella condizioni di fare generalizzazioni – abbastanza famiglie con le risorse effettive per farsi carico dei bisogni dei bambini che aspettano una famiglia.

Significa che le famiglie italiane sono chiuse alla disponibilità ad adottare un bambino con qualche difficoltà in più?
No, non è questo il messaggio, vedo anzi tantissime famiglie eccezionali: Ciai ha una tradizione fortissima nell’accoglienza di bambini con special needs, la maggior parte dei bambini adottati con noi ha questa caratteristica.

Quindi di cosa si tratta, soprattutto pensando all’imminente riforma della legge sulle adozioni?
Dobbiamo avere la consapevolezza che le adozioni internazionali del futuro saranno sempre più di bambini con queste caratteristiche, perché i bambini senza special needs trovano sempre più spesso risposte nei loro Paesi d’origine, con le adozioni nazionali. Le famiglie sono le vere risorse per rispondere ai bisogni dei bambini, ma serve molta più attenzione da un lato a verificare con cura le reali condizioni dei bambini dall’altro a sostenere con cura le famiglie che si avvicinano all’adozione. Alcune magari si sentono disponibili ad accogliere un bambino con qualche problema in più, ma sono frenate dal non avere la sicurezza che ci sarà sempre qualcuno ad accompagnarli, anche dal punto di vista economico, perché un bambino con questi problemi dovrà essere seguito anche sul piano sanitario. Serve creare servizi per il post adozione gratuiti o in convenzione, su cui le famiglie possano sempre contare.

Foto Kevin Frayer/Getty Images, Pechino 2014


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