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Diseguaglianze e disambiguazioni

Ha preso il via l'undicesima edizione del Festival dell'economia di Trento, appuntamento divenuto centrale nel dibattito economico-antropologico italiano e di ampio respiro internazionale. Un contributo del professor Zanchi dell'Università di Bologna

di Marco Zanchi

In una giornata meteorologicamente ambigua ( e che pertanto di per sé si presta ottimamente al necessario percorso invece di disambiguazione suggerito dal titolo "I luoghi della crescita”) si è inaugurata l'undicesima edizione del Festival dell'Economia di Trento, kermesse di 4 giorni a tema, oramai centrale nel dibattito economico-antropologico italiano e di respiro decisamente internazionale.

Partenza nuvolosa a tratti, a valle contemporaneamente del varo del Tunnel del Gottardo, lucido esempio di programmazione strutturale destinato a rafforzare la posizione di Zurigo tra i 4 brain hubs europei (unica città non incisivamente portuale assieme a Londra, Amsterdam e Stoccolma, capitali del capitale umano) e della lettera congiunta Parigi-Roma tesa a operare (molto tardivamente) una moral suasion che scongiuri una ulteriore non improbabile richiesta dei partner europei filo-tedeschi di rafforzamento fino all' 8% della Total Loss Absorbing Capacity (in sostanza il requisito patrimoniale minimo richiesto all'estero Banche Europee in sede di Vigilanza) con il risultato non del tutto lontano di salvare quel che resta del sistema bancario europeo affossando definitivamente ogni velleità di ripresa economico-industriale, rispetto alla quale a logica il sistema finanziario dovrebbe essere ancillare.

Dove va il lavoro qualificato e su quali direttrici si muove è il tema affrontato senza brillantemente e senza melense narrative retoriche da Enrico Moretti, docente a Berkeley, ed incentrato sullo spostamento dai declinanti luoghi di produzione post-fordisti negli Usa (Detroit, Philadelphia) alle nuove mete fisiche (i brain hubs appunto, tra cui Seattle, San Francisco, Boston) luoghi dove il capitale umano ad alta concentrazione percentuale di lauree e master si stabilisce grazie a condizioni logistico-fisiche ottimali (qualche passaggio logico ricorda le idee di un vecchio e brillante e datato pamphlet di Giuliano da Empoli all' argomento, La sindrome di Meucci, 2005).
Inevitabile invece il declino di Francia, Italia e Grecia, tra le altre, fuori dei giochi da tempo (ci verrebbe da osservare grazie ad almeno 5 anni di politica ferocemente ed ottusamente svevo-casalinga in ambito europeo, forse da qui la sopracitata tardiva sveglia Franco-italiana per via epistolare) anche qui con richiami non espliciti ma fortemente sentiti da chi scrive alle sagge osservazioni sul declino del sistema economico-produttivo italiano che da tempi non sospetti Gianni Toniolo e Giulio Sapelli hanno saputo esplicitare con metodo e rigore ineccepibili. Il capitale umano tecnologizzato, per così dire, si porta dietro lo sviluppo delle forze di lavoro meno sofisticate, con effetto traino: bella tesi di partenza per un dibattito che dovrà necessariamente svilupparsi per coordinate non banali: forse le tesi di uno dei libri più interessanti all' argomento degli ultimi anni (Marianna Mazzucato, The Entrapreneurial State. Debunking Public vs. Private Sector Myths) sono un alquanto distanti da questa impostazione quasi algoritmica al tema ( o non sempre coincidono comunque) ma l'argomento avrà sicuramente modo di essere sviscerato nelle prossime giornate. Più opaco e meno brillante rispetto al primo l'intervento di Kaushik Basu (Il rallentamento globale : cause e prospettive) Senior Vice-President della Banca Mondiale, che ha presentato una relazione francamente deludente i cui temi centrali ("al mondo esistono disuglianze sin dalla nascita", "ci sono paesi in crescita e paesi in declino", " l'economia non è scienza esatta ma ambigua") opinabili in sé, avrebbero forse meritato un abbrivio maggiormente incisivo rispetto apparato retorico-narrativo incerto proposto dall'autorevole relatore.

*Docente di Economia e Regolazione dei Mercati Finanziari
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna


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