Sostenibilità sociale e ambientale

Se ti dicessi che si può pompare l’acqua con la luce del sole?

Impossibile? No. Anzi, è qualcosa che un italiano aveva brevettato già negli anni Trenta. Poi però il motore solare è stato dimenticato, finché nel 2013 una start up innovativa lo ha riscoperto. A luglio la Nova Somor inizerà la produzione delle sue eliopompe, per migliorare la vita nei paesi della sand belt. Questa è una della storie di come le imprese e le ong italiane stanno operando per raggiungere l'obiettivo di dare energia a tutti

di Sara De Carli

Immaginate un villaggio rurale dell’Africa e la fatica necessaria per approvvigionarsi di acqua. Immaginate ora una pompa, che estrae acqua senza consumare nulla. Non servono né elettricità né carburante né pannelli: basta la sola luce del sole, gratuita. La pompa trasforma la luce del sole in energia meccanica, sfruttando la termodinamica. Non è un sogno e nemmeno qualcosa di particolarmente avvenieristico: si chiama eliopompa e ed è stata inventata in Italia già negli anni Trenta, nell’epoca dell’autarchia. Poi il “motore solare”, così si chiamava, era stato dimenticato. A riscoprilo è stato Giordano Mancini nel 2013, leggendo un libro di storia sul periodo autarchico.

La storia della Nova Somor e dell’eliopompa comincia così, da un caso fortuito. A luglio la Nova Somor, una startup nata nel 2014 grazie anche a una campagna di equity crowdfunding, di cui Mancini è il presidente, partirà con la produzione dell’eliopompa. Il loro mercato principale saranno i Paesi della sand belt e hanno già sette importatori che coprono 35 Paesi, dal Marocco al Bangladesh. C’è molto interesse, curiosità: la stessa che ha mosso Mancini leggendo quel famoso libro di storia. «Leggere del motore solare termodinamico di Daniele Gasperini nel 1935 mi ha molto sorpreso, ho approfondito, ovviamente mi sono chiesto perché non è stata sviluppata questa idea… sarà superata dal fotovoltaico, mi sono detto. Invece no, perché più caldo fa, meglio la pompa funziona, diversamente dal fotovoltaico. Il pannello fotovoltaico funziona al top a 25 gradi, ma nella sand belt fa molto più caldo. Inoltre c’è il vantaggio che la pompa è solo meccanica, quindi si ripara facilmente e può funzionare anche manualmente: oggi i pozzi hanno un diametro tale per cui non ci passa nemmeno un secchio. L’elettricità è una comoda “scorciatoia”, per questo le alternative non si sono sviluppate», racconta Mancini (qui la storia dell'eliopompa).

La Nuova Somor ha ribrevettato l’eliopompa, il cui brevetto era scaduto ed è partita l’avventura: «abbiamo registrato il brevetto solo in Italia, ci interessava che nessuno impedisse a noi di lavorarci, non impedire che altri ci lavorassero». Alcune macchine sono già in giro per il mondo: Centrafrica, Senegal, Bangladesh. Una l’ha presa l’università di Bologna, per studiarla. L’idea è quella di spostare la produzione in loco, fatta eccezione per il motore termodinamico: il resto infatti è meccanica semplice, non avrebbe senso produrlo lontano da dove serve e spostarlo. In questo modo però il beneficio locale sarebbe doppio.

Colmare il “modern energy gap” è una sfida che unisce sviluppo economico, inclusione sociale e tutela dell’ambiente: la Nova Somor mixa direttamente nella propria essenza queste due dimensioni: «Volevamo fare una onlus, poi abbiamo optato per la start up a vocazione sociale, poi in corso d’opera non rientravamo più in quella forma… la nostra impostazione però resta fortemente legata al sociale», racconta ancora Mancini (ad esempio la Nova Somor ha tra i suoi 15 soci fondatori anche Gigi Perinello, colui che ha creato Ragioniamo con i piedi, un’azienda che progetta, realizza e commercializza calzature ecologiche, anallergiche e solidali). Sul sito della società una pagina è dedicata a fare incontrare le ong o le missioni che avrebbero bisogno di un’eliopompa con eventuali sponsor: «siamo molto sensibili verso queste richieste, ma sfortunatamente non abbiamo le risorse economiche per soddisfarle direttamente. Nova Somor ridurrà di almeno il 50% i suoi margini abituali». Il matching ha già funzionato due volte: in Uganda e in Kenya.


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