Welfare & Lavoro

#stopdiscriminatingdown, una petizione contro gli aborti selettivi

Una petizione chiede all'Onu di regolare i test genetici che identificano se il feto ha la sindrome di Down, utilizzandoli per migliorare il benessere del nascituro e non per abortirlo, come avviene invece nel 90 per cento dei casi

di Gabriella Meroni

Chi sarebbe d'accordo con l'aborto che riguarda i feti femmina, a cui in molti paesi è impedito di nascere soltanto perché "del sesso sbagliato"? L'aborto selettivo trova la maggior parte delle persone in forte disaccordo. Eppure, le cose cambiano quando il feto ha la sindrome di Down: in molti paesi dove sono diffusi i test genetici, il 90 per cento di questi feti viene abortito. Ora una petizione, lanciata dall'associazione Lejeune Usa e dal movimento Downpride, prova a ribaltare le cose opponendosi agli aborti selettivi e chiedendo al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, al Suo Alto Commissariato alle Nazioni Unite per i Diritti Umani e ad altre autorità internazionali di intervenire affinché lo screening genetico prenatale sia utilizzato per migliorare la cura e la salute delle persone, e non per discriminarle in base alle loro predisposizioni genetiche.

"Oggi, i bambini nati con sindrome di Down possono aspettarsi una vita lunga e di buona qualità", si legge nel testo della petizione, chde ha raccolto finora quasi 35mila firme. "La ricerca mostra che le persone con trisomia 21 e le loro famiglie hanno una migliore visione della vita rispetto ad altri". Secondo i promotori, la selezione dei feti su base genetica "è un crimine sociale e morale nei confronti dei disabili – che hanno grandi potenzialità – e le loro famiglie" e i programmi che identificano la sindrome di Down nel feto "sabotano i progressi compiuti nel corso degli ultimi 40 anni per promuovere una società d’uguaglianza e inclusiva". E concludono "In un mondo umano, le persone con la sindrome di trisomia 21 sarebbero accolte".

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