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Volontari: Orlando ci incontri, non siamo tamponi d’emergenza

Al termine della IX Assemblea nazionale dell’associazione l'appello della presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, Ornella Favero: serve un cambio culturale

di Redazione

«Vogliamo che ci sia un dialogo e un confronto, ma che ci sia davvero. Al ministro chiediamo di incontrarci, non di essere usati solo quando c’è da tamponare l’emergenza». Questo l’appello lanciato da Ornella Favero, presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia (Cnvg), al termine della IX Assemblea Nazionale dell’associazione, che si è svolta il 17 e 18 giugno a Roma.

«Ha detto Dacia Maraini, durante i lavori dell’assemblea, che il rapporto con l’altro è sempre uno scambio. Ecco, pensiamo che questo sia fondamentale: capire che il rapporto con la persona detenuta, ma anche con le istituzioni, è uno scambio», afferma Favero. «Noi volontari portiamo noi stessi e la nostra esperienza», spiega.
E lancia un appello: «Il ministro ci ascolti, porti la sua esperienza e i suoi dubbi» concludendo: «Il carcere non è altro dalla società, ecco perché è importante l’impegno dei volontari per portare cultura ed esperienza all’interno di un mondo che rischia di essere troppo spesso rimosso dai nostri pensieri e relegato a mondo di scarto. La pena sensata è quella che accompagna e non quella che esclude».

«La società sta sempre più voltando le spalle al carcere. Con l'annunciata dismissione dei carceri urbani, saranno allontanati dallo guardo della comunità. Lontano dagli occhi lontano dall'attenzione», sottolinea a margine dell’assemblea il finalista del Premio Strega Edoardo Albinati, scrittore e insegnante di Lettere in carcere, attualmente favorito nella prestigiosa competizione letteraria.
«È sbagliato», spiega l’autore di “La scuola cattolica”, «sia perché il carcere cittadino esercitava un effetto di deterrenza, indicando agli uomini liberi che dentro la città ci sono uomini reclusi, sia perché così si allontana dalla vista l'idea del male, quindi lo si separa e lo si annulla. Ancora, perché rende sempre più complicata la vita a chi, i detenuti, va a visitarli. I parenti ad esempio. È la prova», conclude, «che la società ha più il problema di allontanare le carceri dalla sensibilità comune che, invece, di renderne più significativo lo scopo. Piuttosto di fare carceri più funzionali alle necessità sociali, semplicemente li nasconde».

All’evento sono intervenuti rappresentanti delle istituzioni, garanti dei diritti dei detenuti, sociologi, professori universitari, avvocati, procuratori della repubblica, letterati e volontari, insieme a vittime e familiari di detenuti.

In apertura foto di Regina Coeli da Getty Images


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