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Dopo gli scandali la Maugeri diventa una benefit corporation

Con la pubblicazione del decreto di omologa del concordato da parte del Tribunale di Pavia l’ente esce ufficialmente dalla crisi. Il rilancio sarà affidato a una newco che acquisisce la denominazione di società benefit. Intervista al futuro direttore generale Paolo Migliavacca: «Una scelta di campo più che di marketing»

di Redazione

Nuova vita per la fondazione Maugeri. Con la pubblicazione del decreto di omologa del concordato in continuità, avvenuta lunedì da parte del Tribunale di Pavia, l’ente al centro degli scandali della sanità lombarda gestione Formigoni, esce ufficialmente dalla crisi. Entro il 30 giugno, sarà attuato l’accordo transattivo con Regione Lombardia, approvato dalla Giunta il 24 aprile 2015, dopo di che, dal primo ottobre, sarà operativa una nuova società per azioni denominata Istituti Clinici Scientifici Maugeri, alla quale la Fondazione, che rimarrà il socio di maggioranza, ha conferito la gestione dei 19 centri di riabilitazione e i 3.500 addetti, di cui 600 medici (fatturato annuo di circa 300 milioni di euro).

La newco sarà partecipata per il 30% dal Fondo Trilantic Capital Partners (investimento da 55 milioni) e statutariamente nasce come società benefit in base alla norma introdotta dalla scorsa legge di Stabilità. Scelta radicale o semplice maquillage per rifarsi il trucco dopo il polverone? Abbiamo girato la domanda a Paolo Migliavacca oggi direttore amministrativo e vice-direttore generale della Fondazione e futuro direttore generale della spa.

Da dove nasce l’esigenza di qualificarsi come società benefit?
Il fatto di operare in un settore come quello della salute ci richiama a un livello di impegno e responsabilità che va al di là della corretta gestione operativa di una qualsiasi società privata. C’è poi un secondo punto specifico del nostro settore. Pur fronte ai nodi di sostenibilità economica della sanità occorre ragionare in un’ottica di profittabilità del paziente e non solo del servizio. La centralità del paziente è un punto di riferimento naturale per gli enti pubblici, ma lo deve essere anche per noi soggetti privati. C’è poi una terza considerazione. Come conferma l’approvazione della delega sul Terzo settore e in particolare il passaggio sull’impresa sociale l’orientamento del Legislatore è quello di focalizzare l’attenzione più che sulla forma giuridica, sulla sostanza della missione. Insomma il cosa si fa diventa preminente sul cosa si è.

D’accordo ma nel vostro caso la gestione passa da un ente non profit come la Fondazione Maugeri a una società per azioni con all’interno un fondo di private equity…
La qualifica di società benefit prevede che il perseguimento degli utili (fra l’altro quelli della Fondazione saranno impegnati tutti sul versante della ricerca sanitaria) non sia il solo obiettivo aziendale. Al suo fianco siamo tenuti a perseguire finalità di beneficio comune che andranno raccontate, misurate e valutate. Questo va concepito anche come una scelta di campo proprio nei confronti degli attuali e dei futuri compagni di viaggio. Chi entra nel nostro capitale deve sapere che noi siamo una società per azioni benefit. E credo che in questo modo potremo essere anche un soggetto aggregatore di un certo tipo di investimento.

Cosa risponde a chi pensa che questa sia solo un’operazione di washing di un marchio sinonimo di malasanità?
Il fatto che il processo Maugeri-San Raffaele sia passato alla storia come il processo Maugeri è un fatto, ma è anche il passato. Indubbiamente abbiamo la necessità di riassettare un marchio su cui c’è ancora grande confusione reputazionale. Ma la reputazione non la si costruisce con un’etichetta o uno statuto, ma solo con la qualità del servizio che si offre.


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