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Rasconi: «Il mio obiettivo? Che l’incontro con noi non sia più una fortuna»

Intervista di inizio mandato con il neo presidente dell'Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, Marco Rasconi. «Incontrare l'associazione per me è stata una fortuna, ma l’incontro con noi non può essere una fortuna o un caso, deve accadere in modo sistematico. Ognuno farà le sue scelte, ma l’obiettivo è dare pari opportunità a tutti».

di Sara De Carli

Milanese, 37 anni, laureato in economia, già presidente di Uildm Milano per nove anni e vicepresidente per altri tre, presidente in carica di Ledha Milano, Marco Rasconi è il nuovo presidente nazionale dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare. «Sono volontario Uildm da 25 anni, l’ho incontrata che ero un ragazzino, non avevo nemmeno 14 anni. È stata una fortuna, ma l’incontro con la Uildm non può essere una fortuna o un caso, deve accadere in modo sistematico. Ci sono ancora troppi casi di persone che non incontrano il mondo associativo. Non dico che poi la Uildm debba piacere a tutti, ognuno farà le sue scelte, ma l’obiettivo è dare pari opportunità a tutti». Il programma di Rasconi per il prossimo triennio potrebbe essere riassunto così e non sarebbe affatto cosa da poco.

Uno dei primi impegni nella sua agenda da presidente è stata la partecipazione al Consiglio di Amministrazione di Fondazione Telethon. Ha detto che «se la Direzione Nazionale è in un certo senso la mamma delle 69 Sezioni Uildm sul territorio, Telethon è la sorella di Uildm, la settantunesima casa dei nostri valori» e che l’alleanza fra Uildm e Telethon in questi 25 anni ha fatto la differenza per le persone con malattie neuromuscolari e non solo. Perché è un legame tanto forte?
Metto senza dubbio fra le priorità del mio mandato lo stringere ancora di più il rapporto con Telethon. A Telethon abbiamo dato tanti anni fa la delega della nostra speranza. Noi e loro siamo due facce della stessa medaglia: noi ci occupiamo della qualità della vita nella quotidiantà, Telethon cerca la risposta definitiva alla malattia ma anche quelle soluzioni che hanno migliorato la nostra qualità di vita. La ricerca si occupa anche di questo

Va in questa direzione anche la nascita del NEMO Clinical Research Center, un’area di 650 metri quadrati all’interno dell’Ospedale Niguarda di Milano, che vuole configurarsi come un centro ad alta specializzazione dove si svilupperanno sperimentazioni su tutte le patologie attualmente trattate al Centro Clinico NEMO di Milano?
Sulla ricerca bisogna puntare sempre, come dicevo la nostra associazione ha due anime, una che vuole dare risposte legate al quotidiano, l’altra che vuole dare una risposta definitiva. Se non ragioniamo sulle entrambe le cose, perdiamo un pezzo. Il nostro obiettivo è scomparire perché o trovi la risposta definitiva o hai fatto talmente bene il tuo lavoro che tutte le barriere cultuali e fisiche sono state eliminate e di conseguenza la disabilità non c’è più perché nell’ambiente la persona vive benissimo, benché la sua limitazione del funzionamento rimanga. Rispeto alla ricerca sul quotidiano Nemo era l’anello che mancava e i centri Nemo sul territorio stanno dimostrando di essere una straordinaria risposta qualitativa.

Oltre a queste, quali sono le priorità del suo mandato?
Investire sui giovani, perché l’associazione ha bisogno di nuove forze ed energie nel territorio. Questo significa di pari passo valorizzazione del territorio. Vorrei far sentire che la direzione nazionale è a disposizione delle sezioni, è uno strumento in più per mettersi in rete, condividere le criticità e le soluzioni trovate, oltre ad essere ovviamente il luogo di sintesi del pensiero politico associativo, che parte sempre dalla base. Poi ci sono “gli evergreen”, che però hanno sempre bisogno di essere presidiati: la vita indipendente, le barriere architettoniche, l’inserimento lavorativo, la scuola, il tempo libero. Il tempo libero non è qualcosa di residuale, lo voglio sottolineare, perché nel tempo libero le persone possono esprimere davvero chi sono, essere protagonisti attivi della loro vita. Un’altra priorità cono le collaborazioni con le altre associazioni, penso innanzitutto a Parent Project, Aisla, Famiglie Sma, perché dobbiamo uscire dalla patologia e ragionare sui bisogni delle persone. Prendiamo il dopo di noi, la legge è una prima risposta ma va calata sui territori per capire quanto ne potranno usufruire le persone. A livello politico occorre far sentire la voce sul bisogno, non più fare battaglie di categoria, dobbiamo ragionare insieme: questo è un tema che non riguarda i 10mila soci Uildm, ma tutte le realtà. Se ragionaimo in maniera trasversale, i numeri sono diversi e anche a livello politico una risposta ci deve essere. Devo dire che la Fish sta facendo molto bene questo lavoro di ragionare sui bisogni e non più sulle categorie. L’altro tema è la collaborazione con altri partner come Avis, Csi, Auser, Cittadinanzattiva… tutte condividiamo le finalità di qualità della vita, di impegno civile, con loro possiamo fare molto. Mi piacerebbe stringere collaborazioni a livello nazionale da calare poi sul territori.

Cosa immagina per valorizzare i giovani e i territori?
Un esempio semplice: noi abbiamo sedi grandi e sedi piccole, perché allora non fare sintesi delle progettazioni sui territori per poi metterle a disposizione di tutte le sedi, dando strumenti flessibili che facciano risparmiare tempo e risorse? Riuscire a fare rete tra ciò che facciamo sui territori, metterlo a disposizione di chi non ha capacità progettuali specifiche. Creare questo strumento flessibili significa liberare risorse, liberare i territori. E poi raccontiamoci tanto, nelle nostre sezioni si fa tanto ma non lo si racconta.

E i giovani?
Il gruppo dei giovani ha trovato difficoltà, alle nostre assemblee l’età media è un po’ alta. Vorrei mettere insieme un po’ di giovani di tutta Italia, riunirli e ragionare insieme a loro, coinvolgendli, sugli obiettivi da porci come associazione da qui a dieci anni, ci manca un po’ il confronto. È qualcosa che serve anche per sollecitare i giovani a dire “ci sono anche io”. Altrimenti si cristallizza una leadership, i giovani tendono a restare un po’ in seconda fila, le risorse nuove magari ci sono ma non vengono percepite. Per questo occorre partire dai giovanissimi, dai bambini e dalle loro famiglie: facciamo vivere l’associazione ai piccoli, facciamo venir voglia di vivere insieme.

Nella foto di copertina, la nuova direzione nazionale UILDM. A destra di Rasconi il presidente uscente, Luigi Querini, ora vicepresidente, mentre il primo a sinistra in seconda fila è Alberto Fontana, già presidente Uildm, ora segretario dell'Associazione.