Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

Bassani: “L’Europa è caduta sulla terra, la disgregazione avverrà in tempi brevi”

"Ci vorranno ancora due anni", "il referendum è solo consultivo" sono le espressioni ricorrenti. Media e istituzioni non vogliono prendere atto di un fatto politico di base, elementare e chiaro: il popolo ha votato e ha chiesto di uscire subito dall'Unione. L'Europa di oggi non è quella di ieri e non sarà quella di domani. Ne parliamo con il professor Luigi Marco Bassani, storico delle dottrine politiche, che ha recentemente curato un volume di scritti - oggi più che mai profetici - di Gianfranco Miglio

di Marco Dotti

Non ha l'euro, non aderisce al Trattato di Schengen sulla circolazione e il referendum di ieri avrà effetto solo tra due anni, come prevede l'articolo 50 del Trattato di Lisbona. Eppure, oggi le borse sono calate a picco. Nemmeno dopo l'attacco alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001 era accaduto che Milano perdesse il 12,48%. Professor Bassani, che cosa sta accadendo?
Innanzi tutto, andiamoci piano col dire che non è successo niente e che per due anni le cose rimarranno come sono. Girano molte superficialità, parole come "è solo un referendum consultivo", "tutto accadrà fra due anni", "non cambia nulla". In realtà, è già accaduto qualcosa di importantissimo: uno dei popoli fondamentali d'Europa, che appartiene a pieno titolo alla storia di questo continente e l'ha salvato più di una volta dai tentativi di imperializzazione – da Carlo V a Napoleone a Hitler – ha deciso che l'ultimo e più recente tentativo di imperializzazione dell'area europea andava scartato. Pur essendo profondamente diverso dai precedenti, pur servendosi di strumenti apparentemente democratici la matrice era quella e come tale è stata rigettata.

Molti, soprattutto a sinistra, hanno letto il voto di ieri come un voto di nostalgia imperiale e volontà isolazionistica…
Restiamo ai fatti e non ai desiderata di qualsiasi colore. I fatti dicono che un'istituzione, l'Unione Europea, ha perso la sua sacralità. Una sacralità che era stata posta da una sorta di fondamentalismo kantiano, pensiamo agli Altiero Spinelli, ma anche all'eurocrazia di Jacques Delors...

Cosa intende con fondamentalismo?
Intendo che l'Europa era stata messa nella categoria dei valori ultimi, valori che la ponevano in una sorta di limbo dove non poteva essere discussa.

Oggi è caduta dal piedestallo, quindi?
Caduta sulla terra, può essere discussa e tornare nell'agone delle relazioni umane e delle popolazioni. L'Unione Europea è caduta sulla terra. Non intendo dire sia completamente inutile, mi limito a osservare due cose. Primo, attribuire sacralità a istituzioni artificiali non serve a nulla, perché nel corso del tempo i nodi vengono al pettine e il pettine si rompe. Secondo, è finita l'idea che l'ascia di guerra tra Germania e Francia fosse sepolta per sempre.

Non è stato così?
Questo è successo per diecimila altri motivi, non certo perché c'era questa entità superiore e sacrale che chiamiamo Unione Europea. Non è certo l'eurocrazia bruxellese ad aver portato la pace in Europa. La pace in Europa è derivata da una condizione globale di pace, durata sessant'anni, di cui l'Unione Europea non è certo stata il fattore decisivo. L'idea del grande spazio europeo gestito da una nuova forma imperiale di carattere democratico kantiano tramonta per sempre proprio oggi. Questo è l'inizio di un processo di disgregazione che non avrà più fine.

Lo sta dicendo senza toni apocalittici, contrariamente a quanti, magari condividendo la sua analisi, stanno agitando spettri e fantasmi…
Io mi limito all'analisi e considero che da oggi l'Unione Europea è passibile di una riflessione pacata ma concreta sui suoi fini e sui suoi destini. Probabilmente sarà utile, questa discussione, anche ai fautori dell'Unione. Valutiamo l'Europa esattamente come valutiamo il club di tennis o di calcetto a cui siamo iscritti.

Game is over

Spesso ci iscriviamo e non giochiamo…
E magari ci accorgiamo che la quota di iscrizione è un po' alta. L'Italia perde tra i 7 e gli 8 miliardi ogni anno con questo gioco. Dà 18miliardi e ne riceve 11, i costi dell'Unione cominciano a essere abbastanza visibili.

Questo cambia le cose, finora l'Unione era vista come macchina burocratica disfunzionale, ma non ancora come fattore drenante risorse….
Mentre i loro Stati nazionali tassavano a non finire i cittadini, l'Unione Europea regolamentava. Se c'era un vantaggio era questo. Negli Stati Uniti d'America la tassazione era incredibilmente inferiore, ma la regolamentazione no. Questa differenza negli ultimi anni è stata quasi interamente azzerata dall'Unione Europea che ha reso l'intero spazio comune interamente regolamentato ma in compenso con una tassazione che, oggi, è circa il doppio di quella americana. Questo fatto ha creato l'area meno competitiva del pianeta.

Parla sempre dell'Europa?
Certamente. Sono 25 anni che quest'area non cresce. Pensi alla Germania che viene ritenuta un modello o un Paese di successo, ebbene la sua crescita media storica è dello 0,28% l'anno dal crollo del Muro di Berlino. Ossia nulla.

A questo punto torneranno gli Stati nazionali?
Sul breve periodo non potranno tornare, perché tutte e dico tutte le classi dirigenti del continente hanno riposto le proprie speranze nella creazione bruxellese. Non c'è alcun dubbio che la costruzione europea era il sogno, il paradiso vagheggiato dalla classi dirigenti europee. Quante volte ci siamo sentiti rispondere "ce lo chiede l'Europa, non possiamo far altro". "Adesso, se l'Europa non chiederà più loro nulla come si muoveranno?

Come cani senza padrone…
Il grande alibi delle classi dirigenti ha reso queste classi dirigenti incapaci di riprendesi in mano la situazione, dopo decenni di retorica europeista. Certamente, però, ci sarà una disgregazione da un lato, rappresentata dalla fuoriuscita semplice dall'Unione Europea. Dall'altro lato, ci saranno Paesi come la Scozia che entro un anno o due diventeranno indipendenti. La Scozia vuole raggiungere l'Unione Europea e proprio per questo spingerà per l'indipendenza, contrariamente al resto del Regno Uniti. Stanno per innescarsi dei processi a catena causati sia dal polo di aggregazione eventuale dell'Unione Europea sia dalla disgregazione di antichi conglomerati, come il Regno Unito appunto. Il Muro di Berlino per l'Europa dell'est cadde, appunto, a Berlino. Il Muro dell'Europa contineantale è crollato proprio dal suo centro, dalla Gran Bretagna. Nel cuore dell'Europa, nella sua piazza finanziaria crolla un nuovo Muro di Berlino…

Quando parla di Muro di Berlino cosa intende di preciso?
Nell'Europa occidentale dal 1989 non è accaduto nulla. Nulla di nulla, calma piatta. Tutto è accaduto da Trieste agli Urali. Oggi, invece, inizia un processo di disgregazione irreversibile. L'Unione Europea è un progetto vecchio, ottocentesco, è lo spostamento della logica degli Stati nazionali a livello continentale e centralizzato. Ancor più centralizzato. Gli eurocrati bruxellesi pensavano all'allargamento interno, accogliendo nel seno dell'Unione il Veneto, la Catalogna… Oggi invece è accaduto qualcosa di diverso e proprio questa logica inglobante viene a cadere. Ne vedremo delle belle.

Attualità di Gianfranco Miglio

Lei ha curato un volume, da pochi giorni in libreria, di Scritti politici (edizion di Pagine, pp 230, euro 10) di Gianfranco Miglio, il politologo di cui è stato allievo.Miglio aveva studiato a fondo questi processi disgregazione.
Ci sono testi incredibili di Miglio. Testi che sembrano scritti oggi, non ieri. Nel 1991, Miglio si era reso conto che sarebbero stati i Paesi arabi a diventare la punta di diamante contro l'Occidente capitalistico. Durante la Prima Guerra del Golfo si era reso conto che la prima formazione politica che avrebbe sfidato quelle occidentali sarebbe stato il gruppo dei Paesi arabi. Nessuno aveva capito che cosa stava accadendo nel 1991, tutto veniva declinato come conseguenza o appendice del post-guerra fredda. Lui aveva capito e aveva già visto questi fenomeni che per i più restavano invisibili.

Gli scritti di Miglio che ha raccolto sono in gran parte scritti dal 1991 al 1997, venticinque anni fa…
Sì e nel frattempo non è successo praticamente nulla. La proposta di una riforma autentica in senso federale avanzata da Gianfranco Miglio è stata probabilmente l'ultimo progetto che avrebbe potuto salvare l'Italia. Erano anni, quelli fra il 1991 e il 1997, in cui tutti i nodi di questo Paese venivano al pettine.

Quali?
Il fatto che l'asse era oramai nord-sud e non più destra-sinistra, il fatto che il 20% del reddito delle regioni avanzate sparisce sulla strada per Roma. Questi problemi che Miglio ha contribuito a evidenziare non sono sono mai stati affrontati. Oggi, la vulgata vuole che la spesa pubblica sia esplosa a causa di un federalismo che non è mai esistito. Come vede, siamo sempre lì: a una rappresentazione della realtà che difetta di realtà.

L'ultimo tentativo di seppure timido di devoluzione risale a 10 anni fa…
Sì ed è stato respinto. Quando qualcuno andrà a vedere dentro lo sfascio che verrà e si sovrapporrà a quello già in atto, forse capirà che lì c'è stato un punto di rottura e di non ritorno.

Oggi la riforma Del Rio ha tolto di mezzo le province, si inizia a parlare di macroregioni e a ottobre è previsto un referendum costituzionale. Qualcosa si sta muovendo o no?
Nessuno sa se esistono ancora le province, forse nemmeno chi pretende di averle abolite. La riforma costituziona in atto va in senso accentratore, non di decrentramento. Questo ci fa capire come, in Italia, le cose, i dibattiti, le riflessioni si consumino con una rapidità senza eguali. Si discute a oltranza e, a un certo punto, c'è una consumazione radicale e tutto riparte. QUesto Paese, dal 1945 al 1979, ha bruciato tutto il marxismo teorico immaginabile. Nessun Paese ha fatto un bagno simile nel marxismo teorico, avendo tra l'altro il più grande particol comunista dell'Occidente.

Poi è venuta la Lega…
E questa è un'altra storia, ma una storia che ha consumato tutto quello che poteva essere detto in termini di riforma federale, autodeterminazione, comunità, riflessione economica seria. La Lega si è divorata tutto. Tutte le questioni di carattere istituzionale sulla riforma sono state consumate da 25 anni di Lega Nord, che oggi non sa neanche più che cosa dire se non arroccarsi dietro le ovvietà, non sa a chi rivolgersi, di cosa parlare e cosa fare.

Anche Gianfranco Miglio è stato consumato dalla sua esperienza nella Lega?
No di certo. Il suo pensiero politico lo dimostra. La lettura di Miglio è una lettura lucidissima. Legge il suo tempo. La fine del mondo comunista è letta da Miglio come fine del conflitto politico. Lui si confrontava con quella crisi assoluta dello Stato che è, in fondo, un lungo tramonto senza fine. Le bestie giuridiche di cui si è circondato lo Stato moderno non stanno più in piedi. Nessuno, dopo il referendum di ieri, può più negare che il Re o lo Stato sia completamente nudo di fronte alla realtà della cose.

L'ospite

Politologo e storico delle dottrine politiche, Marco Luigi Bassani insegna alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano. Ha scritto imponenti monografie sul terzo presidente americano, il riformatore Thomas Jefferson (Il pensiero politico di Thomas Jefferson, Giuffrè, Milano, 2002; Thomas Jefferson. Un profilo intellettuale, Guida, Napoli, 2002), redatto, con William Stewart e Alessandro Vitale, un volume considerato fondamentale per la comprensione di un tema fin troppo frainteso in questi anni, il federalismo (I concetti del federalismo, Giuffrè, MIlano, 1995). Nato nel 1963 negli Stati Uniti è stato allievo di Gianfranco Miglio,

In copertina: JOHN MACDOUGALL/AFP/Getty Images


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA