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Gianni Pittella: “La società civile, partner cruciale per salvare l’Europa”

“L’uscita del Regno Unito è la conseguenza di una bugia colossale fatta ai britannici. Ma il loro voto va rispettato, anche perché è l’espressione di un malessere nei confronti di Bruxelles. Bisogna colmare questo vuoto ripartendo da politiche pro-europeiste ambiziose. La società civile sarà un partner cruciale per salvare l’Europa”. Così a Vita.it il Presidente del Gruppo dei Socialisti e Democratici europei, Gianni Pitella, dopo la vittoria del Brexit.

di Joshua Massarenti

Presidente, lei ha parlato di un giorno molto triste per l’Europa, ma che non si tratta di un funerale. Intanto c’è chi sogna di portare un feretro UE al cimitero. Cosa bisogna fare per scongiurare questo scenario?

Dalla Le Pen in Francia a Salvini in Italia, passando per Geert Wilders nei Paesi-Bassi, ci sarà sicuramente il tentativo da parte delle forze nazionaliste europee di trasferire nelle loro nazioni il successo che hanno ottenuto nel Regno Unito. Questo è il pericolo più grande che corre l’Europa, un pericolo che va assolutamente fermato prima che l’effetto domino diventi irreversibile. Cameron si è assunto una responsabilità gravissima organizzando un referendum su una questione serissima come l’appartenenza o meno all’Unione Europea per rilegittimare la sua leadership.

Dopo questo risultato è indispensabile che le forze europeiste siano unite e sappiano dare risposte ai cittadini delusi dall'austerità. Abbiamo bisogno di una politica economica a sostegno della crescita e dell'occupazione e che recuperi le aree sociali più emarginate. Bisogna accelerare l’Europa federale anziché uccicerla, attraverso un governo economico e finanziario dell'UE, un bilancio comunitario forte, una lotta senza quartiere all’evasione fiscale che toglie soldi ai cittadini, politiche a favore della transizione energetica, il potenziamento dei programmi Erasmus per i giovani, la nomina di un ministro delle finanze europeo e l’elezione diretta del Presidente della Commissione UE.

Per quali motivi?

Due in sostanza. La campagna per eleggere il presidente della Commissione consentirà all’UE di riavvicinarsi ai cittadini europei, che saranno interpellati su programmi e progetti che li chiamano direttamente in causa. Secondo, uno scrutinio di questo genere renderebbe la Commissione europea più forte e più indipendente rispetto agli Stati Membri. E’ un passo importante per riconnettere i cittadini al sogno europeo, anche se oggi per salvare l’Europa abbiamo più che mai bisogno del supporto di tutte le forze progressiste attaccate ai valori dei Padri Fondatori dell’UE. L’Unione è il progetto politico più bello e ambizioso che sia accaduto negli ultimi 60 anni, non possiamo mandarlo in fumo per colpa dell’austerity o di paure del tutto infondante nei confronti di presunte orde di rifugiati.

In questa sfida, ritengo che la società civile avrà un ruolo cruciale da giocare per ricucire le ferite dell’Europa e salvarla. Io credo molto nell’apporto che il non profit ci può offrire. Lo fa da tempo, ogni giorno, presidiando le aree sociali più emarginate dell’UE. Lo stesso discorso vale per i giovani. Tra le pochissime notizie positive che ci sono giunte dalla Gran Bretagna ieri notte c’è il voto dei ragazzi e delle ragazze tra i 18 e 24 anni che al 69% hanno votato no al Brexit. Forse ci conviene ripartire da questo dato per tornare a sognare. E spetta soprattutto a noi politici rilanciare questo sogno, assumendoci le nostre responsabilità con l’obiettivo di prosciugare l’area degli euroscettici che trova linfa nella sfiducia dei cittadini.

Ritengo che la società civile avrà un ruolo cruciale da giocare per ricucire le ferite dell’Europa e salvarla. Io credo molto nell’apporto che il non profit ci può offrire.

In che modo?

Cercando di convincere gli ambienti più conservatori europei che è in gioco la sopravvivenza dell’Europa. Penso ad alcune aree del Partito popolare europeo che si devono alleare ai socialisti, ai liberali e ai Verdi per combattere i movimenti nazionalisti e fronteggiare i pericoli della disintegrazione europea.

Ci sono i presupposti per una simile alleanza?

Sarà il futuro a dircelo. A luglio dovremo consegnare alla Commissione un piano di lavoro che spero verrà adottato dalla quattro principali forze politiche pro-europeiste del Parlamento europeo. Dovremo altresì trovare accordi su politiche a favore dell’impiego, penso al rafforzamento del Piano d’investimenti per la creazione di nuovi posti di lavoro nello spazio europeo oppure sulla necessità di pagare le tasse laddove si fanno profitti adottando una direttiva ad hoc, o ancora il radoppiamento delle borse Erasmus. Ecco queste sono il tipo di decisioni importanti che i cittadini europei attendono da chi li rappresenta.

Il suo Gruppo ha fatto dell’Africa una priorità assoluta della politica estera dell’UE. Stamane l’Europa si presenta al mondo più divisa rispetto a ieri. Che messaggio si sente di lanciare ai partner africani e a chi è impegnato a rafforzare le relazioni tra i due continenti?

Intanto che questo voto non cambierà l’agenda politica del nostro gruppo nei confronti dell’Africa. Ci sono battaglie a cui non rinunceremo mai, tra queste la nostra volontà di favorire una vera partnership tra europei ed africani fondata sul rafforzamento dei valori che ci accomunano come il rispetto dei diritti umani e la democrazia, sulla necessità di favorire nuovi modelli di business lontani da quelli che vedono ancora troppe imprese europee sfruttare le risorse del continente africano. Il nostro impegno in Africa significa lottare assieme agli africani contro i mali che alimentano il terrorismo e le migrazioni irregolari, mettendo del resto a rischio la vita di migliaia di cittadini africani. Questo passa per una politica molto vigile sul modo con cui l’UE intende utilizzare i fondi destinati allo sviluppo.


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