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L’Erasmus dopo la Brexit? Niente paura, continuerà

Sono 2.695 gli studenti italiani che nel 2015 hanno fatto l'Erasmus nel Regno Unito. «Spiace per l’esito del referendum ma è importante rassicurare gli studenti e gli addetti ai lavori sul proseguimento delle attività in corso»: così Flaminio Galli, direttore dell'Agenzia Nazionale Erasmus+ Indire

di Redazione

La Brexit non segnerà la fine dell’Erasmus. Così Flaminio Galli, Direttore dell’Agenzia nazionale Erasmus+ Indire rassicura i tanti giovani che guardano al Regno Unito per arricchire i loro studi: «Non c’è automatismo tra Brexit e programma Erasmus+ ed è ingiustificato l’allarme sulla fine della cooperazione tra Unione Europea e Regno Unito in tema di mobilità di studenti e docenti universitari» afferma. «Spiace per l’esito del referendum ma è importante rassicurare gli studenti e gli addetti ai lavori sul proseguimento delle attività in corso, comprese quelle approvate nel quadro dell’Invito a presentare proposte 2016, che procederanno regolarmente fino alla scadenza prevista originariamente».

Il Regno Unito è tradizionalmente una delle mete preferite dagli studenti universitari europei nell’ambito del Programma Erasmus+: nel 2013/14 ha accolto 27.401 studenti, a fronte di 15.610 giovani inglesi partiti per fare un’esperienza di mobilità all’estero. L’8,5% arrivava dall’Italia. Dal 2007 al 2015, la mobilità degli studenti italiani verso il Regno Unito è cresciuta dell’80%: dai 1.500 del 2007 ai 2.695 del 2015, equamente divisi tra studio e tirocinio. Tra gli italiani però l’UK non è la destinazione più amata: tra chi si sposta per motivi di studio è solo al quarto posto dopo Spagna (oltre 7.500 studenti nel 2015 in mobilità), Francia e Germania, mentre nell’ambito dei tirocini è al secondo posto dopo la Spagna: le aziende britanniche nel 2015 hanno ospitato 1.303 tirocinanti italiani, con un incremento di oltre il 40% rispetto al 2013/2014.

Se quindi i programmi 2016 procederanno come previsto, che accadrà per gli anni a venire? «Dobbiamo essere fiduciosi perché Erasmus+ è un programma flessibile e articolato, non circoscritto ai soli paesi Ue, tant’è che partecipano a pieno diritto anche i Paesi dello spazio economico europeo (Norvegia, Islanda, Liechtenstein) e quelli candidati (Turchia, Ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia)», continua Flaminio Galli. «Non dimentichiamo, inoltre, che è già possibile in ambito universitario la mobilità anche da e verso Paesi extraeuropei. Siamo molto fiduciosi che il Regno Unito e la Commissione europea trovino una strada per far sì che la mobilità di studenti e docenti e la cooperazione transnazionale continuino a essere un’opportunità concreta per l’Europa e per lo stesso Regno Unito. Naturalmente, sarà nostro compito diffondere tempestivamente ogni novità sul Programma che arriverà dalla Commissione».

Foto di Jeff J Mitchell/Getty Images


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