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Cooperazione & Relazioni internazionali

Troppi migranti non conoscono i rischi del viaggio verso l’Europa

In Ghana solo il 20% dei giovani ritiene che la morte durate il viaggio sia un pericolo concreto. In Costa d'Avorio e Senegal la percentuale sale ma le persone sono lo stesso disposte a partire. «Se non si ha nulla, ci si deve muovere», dice uno di loro a VIS, Volontariato Internazionale per lo Sviluppo che insieme a Missioni Don Bosco dal 2015 porta avanti in alcuni Paesi dell'Africa subsahariana la campagna di sensibilizzazione Stop Tratta. Ghana, Senegal ed Etiopia i primi Paesi coinvolti

di Anna Spena

«Qui la vita è molto difficile: l’unica possibilità è provare la via per venire in Europa», dice Matar Mar in Senegal, a Thiaroye Sur-Mer, un piccolo villaggio di pescatori a Est della capitale Dakar. Matar ha 36 anni e ha una storia di migrazione alle spalle. La prima volta è partito nel 2005 e ha pagato circa 300 euro per un viaggio verso l’Europa. Erano in 81, su una barca di circa 20 metri. Dopo 13 giorni di navigazione, l’imbarcazione è stata colpita da una tempesta molto forte: solo l’intervento della Marina Militare marocchina ha evitato conseguenze peggiori. Ma «ci proverò ancora», dice ai volontari di VIS ,Volontariato Internazionale per lo Sviluppo. «Anzi, lo farò per tutta la vita, finché non ci riesco. È chiaro che se avessi un lavoro qui non ci penserei proprio a muovermi. Ma se la situazione rimane questa, sono costretto a provarci, perché devo aiutare la mia famiglia. Se non si ha nulla, ci si deve muovere: si deve andare a cercare fortuna fuori, lontano dal proprio Paese».

Mater come tanti altri dall’Africa con la speranza di trovare una vita migliore in Europa. Ma quando partono nessuno è consapevole dei rischi che corre. Sanno poco o nulla del pericolo di morte dei viaggi in mare. Quasi nessuno immagina cosa significhi “affidarsi” alle mani di un trafficante. In Ghana, ad esempio, solo il 20% dei giovani ritiene che la morte durate il viaggio sia un pericolo concreto.

Per gli ivoriani e i senegalesi, invece, la consapevolezza esiste. Rispettivamente il 63% e il 50% di loro hanno paura ma sono disposti a partire lo stesso. Questi sono solo alcuni dei dati raccolti sul campo da VIS, Volontariato Internazionale per lo Sviluppo e da Missioni Don Bosco che dal 2015, insieme, hanno dal il via alla campagna di sensibilizzazione Stop Tratta con l’obiettivo di contrastare il traffico di essere umani nella migrazione irregolare verso l’Europa. La campagna è attiva, per ora, in 5 Paesi dell’Africa Sub-sahariana: Ghana, Senegal, Etiopia, Nigeria e Costa d’Avorio.

«L’Africa», ha dichiarato Nico Lotta, presidente di VIS, «deve tornare ad essere una priorità nell’agenda estera italiana e europea. Non parlo solo di misure provvisorie, finalizzate a tamponare l’emergenza migrazione, ma di interventi duraturi e concreti, pensati sulle reali esigenze del continente». E, le reali esigenze del continente si scoprono all’interno dei Paesi. Dopo un primo momento di Assesment dove VIS e don Bosco hanno studiato e interagito con la popolazione locale, sono riusciti a comprendere, fino in fondo, quanto i potenziali migranti non siano coscienti delle difficoltà e della durata del viaggio, dei pericoli che incontrano affidandosi ai trafficanti.

Dalle analisi, infatti, è emersa una profonda disinformazione sull’Europa e sulle possibilità che potrebbe offrire. Attraverso campagne di sensibilizzazione in loco Stop Tratta sta provando ad aumentare attraverso spettacoli teatrali, incontri e manifestazioni, la consapevolezza dei potenziali migranti sui rischi del viaggio in mare. Tutte le campagne sono state condotte nelle lingue locali e hanno previsto l’utilizzo del social network e dei media nazionali e locali.

Per offrire una un’alternativa concreta alla migrazione le associazioni hanno deciso di sviluppare, sempre in loco, progetti che prevedono il rafforzamento della formazione professionale; (in particolar modo in campo agricolo), inserimento lavorativo, programmi di supporto scolastico e nutrizionale per i giovani, avviamento di cooperative (per esempio, di sartoria) e accesso al micro-credito. I primi tre progetti sono partiti in Senegal, Ghana ed Etiopia.

Ghana
I motivi che spingono la popolazione a partire sono principalmente la mancanza di un mercato del lavoro e un’agricoltura arretrata e di sussistenza. Così Stop Tratta ha deciso di intervenire nell’ambito dell’agricoltura eco-sostenibile e nella gestione delle risorse naturali e lo ha fatto concentrandosi sulla regione di Brong Ahafo Region, da cui parte il maggior numero di migranti. partendo dalla Brong Ahafo Region: la scuola agricola salesiana di Sunyani formerà i giovani più vulnerabili e i migranti di ritorno in botanica, concimazioni, entomologia, agricoltura biodinamica e consociazioni, fitofarmaci e pedologia. La costruzione della green house, una serra didattica, consentirà inoltre di coltivare diversi tipi di ortaggi e fornire così sostegno alimentare al Centro salesiano per i bambini di strada di Sunyani. Gli studenti che completeranno con successo i corsi di agricoltura, avranno accesso a un fondo di micro credito (da restituire entro un anno a un tasso di interesse inferiore a quello di mercato) attraverso il quale potranno avviare la propria impresa agricola.

Senegal
Stop Tratta risponde all'urgenza del mercato locale potenziando e ampliando il Centro di formazione professionale Don Bosco di Dakar. Già attivo dal 2014, il centro ora non è più in grado di sostenere il gran numero di domande e di fornire un'offerta formativa ampia e diversificata. Il progetto di Stop Tratta prevede dunque l'ampliamento del centro, la costruzione di una biblioteca, di aule e di un laboratorio di informatica dotato di computer, rete wireless e stampanti. Inoltre, saranno attivati corsi di idraulica e sartoria, oltre che di informatica. Tra le attività previste anche corsi di orientamento al lavoro, autoimpiego e imprenditorialità.

Etiopia
La mancanza di lavoro e le compromettenti condizioni economiche costringono i giovani più vulnerabili, tra cui i rifugiati eritrei, a migrare per cercare condizioni di vita più sostenibili. Stop Tratta agisce dunque in tre aree geografiche, individuate come prioritarie. A Mekanissa (Addis Abeba) la lotta contro la migrazione irregolare di Stop Tratta parte dalla formazione professionale; sono stati attivati corsi di formazione tecnica in elettronica, manifattura, idraulica e cucina, che consentiranno ai giovani rifugiati eritrei e ai potenziali migranti di acquisire abilità e competenze pratiche, realmente spendibili sul mercato del lavoro. Nell'area di Shire, invece, Stop Tratta investe nella formazione e nello sviluppo informatico, abilità essenziali per contribuire allo sviluppo della regione e sviluppare consapevolezza e autonomia. In Tigray il difficile accesso e gli elevati prezzi dei prodotti di base, fino ad ora acquistati e importati dalla città di Adigrat, costituiscono una delle principali cause di povertà nella regione. Grazie al progetto di sviluppo di Stop Tratta, saranno create sei cooperative, in grado di acquistare i beni di prima necessità direttamente dai grossisti, riducendo i prezzi dei prodotti e facilitandone l'accesso. L'empowerment economico-sociale della regione non è l'unico obiettivo del progetto: Stop Tratta interviene anche sull'educazione e la formazione delle popolazioni locali, oltre che sulla promozione e la salvaguardia delle loro condizioni di salute.


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