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I teenager in ospedale: da Braccialetti Rossi alla realtà

Gli adolescenti in ospedale hanno bisogni specifici: non più bambini, non ancora adulti, devono fare i conti con una malattia che cambia drasticamente la loro progettualità. Gli ospedali stanno avviando programmi specifici. Al Meyer di Firenze hanno inaugurato una teen room e accoglieranno in corsia Edward Carey, l'autore della saga degli Iremonger.

di Sara De Carli

Leo, Vale, Cris, Davide e Toni: con loro e la fortunata serie tv Braccialetti Rossi, abbiamo scoperto il mondo degli adolescenti in ospedale (in attesa della terza serie, che andrà in ondo in ottobre, da questa sera Rai1 ripropone la seconda serie). Il Meyer di Firenze ha aperto una riflessione a 360 gradi sulle specifiche necessità degli adolescenti in ospedale, per darvi risposta. La storia dell’attenzione al bambino ricoverato e ai suoi bisogni non è vecchissima: trentacinque anni fa ancora i piccoli pazienti erano trattati semplicemente come adulti in miniatura. La ludoteca, il simbolo e il crocevia della dimensione più accogliente e attenta degli ospedali, agli adolescenti forse non basta più: molte realtà si stanno attrezzando per creare ambienti e approcci più adatti ai teenagers, magari più digitali. Al Meyer hanno avviato in questi giorni il programma adolescenti, sostenuto dalla Fondazione Meyer, che coinvolgerà tutto l’ospedale e sarà articolato in varie fasi e iniziative assistenziali, ludiche e culturali.

«La pediatria sta cambiando per effetto di fenomeni con cui ogni ospedale pediatrico, almeno nel mondo occidentale, deve fare i conti. Il progresso complessivo delle terapie, sia sotto il profilo farmaceutico che tecnologico ha migliorato la qualità della vita e la sopravvivenza dei pazienti, la malattia cronica è diventata più complessa e articolata da gestire dal punto di vista medico-sanitario, ma anche da quello psicologico e sociale. Ci troviamo di fronte a “nuovi pazienti”: bambini che sono cresciuti con la malattia e stanno diventando adolescenti, oppure ragazzi che nel pieno del loro sviluppo ricevono una diagnosi che rischia di interrompere drasticamente la loro progettualità e che probabilmente dovranno affrontare la sfida di diventare adulti con una patologia»: così spiegano dal Meyer. Tenacia e creatività sono le parole chiave. Il problema più urgente è quello della “transizione”, ovvero l’accompagnamento del ragazzo – non più bambino ma non ancora adulto – verso le cure del mondo adulto, evitando quella zona grigia di frammentazione e dispersione della presa in carico del paziente.

Al Meyer sono già presesnti percorsi di sostegno psicologico ma ora si fa un passo in più: è indispensabile offrire un contesto di esperienze su cui l’adolescente possa investire positivamente, per sentirsi attivo e parte di un gruppo, esperienze in grado di alimentare la fiducia e la prospettiva in un futuro positivo e desiderabile, nonostante le paure che lo accompagnano. Il programma del Meyer parte dall’Oncoematologia Pediatrica, dove nei giorni scorsi è stata inaugurata la “TeeN Room”, una stanza dedicata proprio agli adolescenti e ai loro bisogni di incontro, socializzazione, amicizia e dove svolgere attività laboratoristiche ed esperienziali (vengono realizzate con l’aiuto dell’Associazione Nicco Fans Club). La “TeeN Room” del Meyer è affrescata con i graffiti del writer Francesco Forconi, meglio conosciuto come Skim.

Lo sguardo dell'arte può aiutare anche noi, professionisti della cura, ad essere intellettualmente meno sterili grazie all’antidoto della creatività, a ripensare la tutela della fragilità come missione etica, a essere più attenti e sensibili all’inquietudine che leggiamo negli occhi dei nostri malati, che è una domanda cui non sempre riusciamo a dare risposta, ma che la merita, specie quando è una domanda di solidarietà e amicizia

Gianpaolo Donzelli

Sempre in Oncoematologia è stata già sperimentato il progetto “Doppio sorriso”, un corso di doppiaggio, attività ludico-formativa, durante la quale i ragazzi hanno prestato la propria voce ai beniamini del piccolo e grande schermo: un’esperienza che si è rivelata importante per i ragazzi ricoverati in reparto o in day hospital. I ragazzi hanno dato vita ai protagonisti di vari film e quindi a quel patrimonio di emozioni contrastanti presenti nei ragazzi. A settembre partirà un laboratorio di scrittura autobiografica, per far emergere “l’invisibile”, ovvero quei sentimenti che vengono sempre taciuti, per ripensare e narrare il proprio vissuto innanzitutto con se stessi e con uno sguardo verso il futuro.

Il Meyer inoltre propone la mostra dello scrittore e illustratore inglese Edward Carey, che a in corsia sarà anche ospite. I suoi Lombra, I segreti di Heap House e Foulsham, con le loro atmosfere cupe, da mondo parallelo, sono molto amate dai teenagers: «Quando Carey ha chiesto di stare per qualche giorno fra noi nell’ospedale dei bambini e degli adolescenti Meyer, non sono rimasto sorpreso. Quanti “Clod e Lucy” incontrerà non lo so, ma vivendo al nostro fianco, respirando l’atmosfera dell’ospedale, sentendo i pazienti e le famiglie, sono certo che troverà ispirazione per qualche opera che testimonierà questa sua esperienza. Il suo sguardo diverso sono certo potrà aiutare anche noi, professionisti della cura, ad essere intellettualmente meno sterili grazie all’antidoto della creatività, a ripensare la tutela della fragilità come missione etica, a essere più attenti e sensibili all’inquietudine che leggiamo negli occhi dei nostri malati, che è una domanda cui non sempre riusciamo a dare risposta, ma che la merita, specie quando è una domanda di solidarietà e amicizia» spiega Gianpaolo Donzelli, Presidente della Fondazione. La mostra della opere di Edward Carey si terrà a Firenze dal 2 al 16 luglio 2016 presso la Galleria Tornabuoni, in collaborazione con la milanesiana.


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