Cooperazione & Relazioni internazionali

Mons. Perego: «Hanno ammazzato Emmanuel, Emmanuel è vivo»

Emmanuel, il ragazzo nigeriano morto a Fermo dopo essere stato aggredito da un italiano, continua a vivere. Ne è convinto Gian Carlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes che a Vita.it spiega che più del singolo assassino a fare paura è la «falsificazione dell’informazione e quella cultura politica che ci fa rifiutare l’identità dell’altro». Chinyery, la moglie di Emmanuel ha voluto ricordarlo cantando in una veglia organizzata nel seminario di Fermo. Il video

di Anna Spena

È morto in un letto di ospedale dopo un’emorragia celebrale che gli ha procurato un coma irreversibile. Emmanuel Chidi Namdi l’hanno ricoverato lo scorso martedì perché è stato aggredito con un palo della segnaletica stradale a Fermo, comune nelle Marche, mentre passeggiava con sua moglie Chinyery. Lei 24 anni. Lui 36. Sono fuggiti insieme da Boko Haram.

Hanno attraversato Niger, Libia, poi dopo il Mediterraneo, finalmente l’Italia e quel pizzico di felicità dovuta, merita: un matrimonio, come segno che la vita può continuare ancora. Vivevano nel seminario arcivescovile di Fermo dallo scorso settembre. Dalla Nigeria erano scappati perché dopo l’esplosione in una chiesetta, che ha ammazzato i lori genitori e la figlioletta di due anni, forse erano convinti che per quell’altro bimbo, quello che Chinyery aveva ancora nella pancia, ci potesse essere una storia migliore. Però quell’altro bimbo non è nato mai. Chinyery l’ha perso durante il viaggio per arrivare in Italia, probabilmente a causa delle percosse che ha subito nel tragitto. I fatti sono andati così, l’assassino, Amedeo Mancini, 38 anni, ultras di una squadra locale, ha iniziato a coprire di insulti la moglie di Emmanuel: “Scimmia africana”. Emmanuel, per difendere la moglie ha provato a reagire. Amedeo Mancini è il presunto assassino. Ma si può davvero limitare, circoscrivere, e minimizzare ad un'unica persona la morte di Emmanuel? Smettiamola di far finta di non vedere. Vita.it intervista Il monsignore Gian Carlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes: «Falsificazione dell’informazione. Scuola. Politica», dice il direttore di Migrantes. «Questi sono i temi su cui dobbiamo iniziare seriamente a riflettere. Facciamo obiezione di coscienza davanti a questa terribile forma di violenza. Hanno ammazzato Emmanuel, ma Emmanuel è vivo».


Dove la rivediamo la vita di Emmanuel?
Rimane vivo negli occhi della sua giovane moglie, e forse anche un po’ nei figli che ha perso. Rimane vivo nelle relazioni che ha costruito con gli atri nel seminario di Fermo. Rimane vivo nelle vite degli altri 124 giovani che come lui sono partiti per ricostruirsi una vita in Italia e anche nelle vite di quelli che stanno per arrivare, che arriveranno poi, che ancora non sono partiti ma vogliono partire. Tutti questi giovani che con la loro voglia di vita e il loro carico di sofferenza tengono in vita questo Paese, è lui che rischia di morire. Basti pensare che lo scorso anno ci sono stati 168mila morti in più rispetto alle persone che sono nate….

Chinyery, 24 anni, una giovane donna e già tutto questo carico di sofferenza sulle spalle. Che possiamo fare per lei?
Sostenerla immediatamente. Darle un permesso di richiedente asilo se ancora non l’ha ottenuto. Deve ricostruirsi una vita e se non vuole restare in Italia dobbiamo aiutarla ad andare via, in un altro Paese. Per lei ci vuole un valore aggiunto, un più di rispetto e di accoglienza.

Amedeo Mancini. Per lui invece?
Nel percorso penale deve recuperare la dignità e l’umanità che ha perso. Ha abitato mondi violenti di rifiuto e di morte.

“Mondi violenti”. Sono diversi i casi in cui il razzismo, l’intolleranza e forse l’immotivata paura vincono sul buon senso…
Di cosa ci meravigliamo? La discussione tra Amedeo Mancini e Emmanuel è nata perché il primo ha inveito contro la moglie di Emmanuel chiamandola “scimmia africana”. Non ci dimentichiamo mai che un nostro politico, poco tempo fa, ha additato con le stesse parole un’altra politica italiana… è il background politico e culturale che ci ha fatto arrivare a questo punto. (Il Monsignore si riferisce a Roberto Calderoli che qualche anno fa ha chiamato orango Cècile Kyenge ndr)

Italia e immigrazione: quali sono i nodi da sciogliere?
Io ne individuo tre: falsificazione dell’informazione; scuola; politica.

Ce li spieghi…
In Italia la paura nasce dalla “non conoscenza” dei fatti. Così la cattiva informazione si trasforma in materiale per una propaganda politica razzista e nazionalista che a tratti richiama i toni e i modi fascisti di un tempo che speravamo fosse finito. Alcuni giornali parlano di invasione. Ma quale invasione? I numeri sono così irrisori. E in ogni caso dobbiamo ricordare che stiamo parlando di persone: non sono criminali. Anzi sono loro ad essere continuamente “violentati” e non solo metaforicamente, ma anche con gesti e parole.

Politica?
Si sta sviluppando una politica dell’identità dove l’identità dell’altro viene rifiutata: questa mi sembra una forma di nuovo nazismo. E questo non accade solo in Italia ma anche negli altri Stati e in tutto il mondo: Nel nostro Paese si manifesta con questi episodi scellerati di violenza; nel resto del mondo con il terrorismo e con le guerre. Ce ne sono 33 in atto…In Italia dobbiamo fare accoglienza: su ottomila comuni che possono ospitare solo 600 stanno facendo qualcosa. La Bossi – Fini ha fatto dei danni gravissimi. Ha lasciato un’eredità di cui stiamo pagando ancora il prezzo. Le città devono essere luoghi da vivere, non luoghi di scontro. La politica basata sulla sicurezza deve essere sostituita da una politica basata sull’inclusione! È vergognoso che la legge sulla cittadinanza sia ancora ferma al Senato dopo essere passata alle camere. Gli immigrati residenti stabilmente in Italia devono avere il diritto di voto per scegliere qualcuno che li rappresenti.

E la scuola?
Educhiamo all’altro non ad andare contro l’altro. Stiamo attenti a quello che fanno i nostri bambini quando navigano in internet che sta diventando la “base” da cui partono le incitazioni alla violenza e la xenofobia. È pieno zeppo di messaggi che incitano anche i più piccoli alla violenza.

Oggi il Premier Renzi in un Tweet ha scritto «Il governo oggi a Fermo con le istituzioni locali in memoria di Emmanuel. Contro l’odio, il razzismo e la violenza»
Io credo che servano gesti di condanna pubblici e forti nei confronti di queste azioni che stanno avvenendo nelle nostre città.

Chinyery ha partecipato alla veglia organizzata nel prato di fronte al seminario diocesano che ospitava lei ed Emmanuel. Vestita di bianco. I capelli raccolti. Ha chiesto di cantare per lui. Più che una canzone un lamento. Più che un lamento una supplica: «Dio dove sei perché mi hai lasciato in questo mondo cattivo senza Emmanuel? Per me è molto doloroso stare da sola perché stare da è uccidere la mia vita. Quindi sarebbe meglio per me perdere la vita piuttosto che non stare insieme».

E noi? Che italiani vogliamo essere?


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