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Sostenibilità sociale e ambientale

Consumo del suolo: ci stiamo giocando 35 ettari al giorno

L'ultima generazione ha consumato un quarto delle campagne coltivate. Il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, ricorda come un modello di sviluppo sbagliato ha fatto sì che si sia ridotta «la superficie agricola utilizzabile nel nostro Paese ad appena 12,8 milioni di ettari». Il territorio è diventato più fragile e in sette regioni italiane il 100% dei comuni è a rischio idrogeologico

di Antonietta Nembri

Oggi è il #SoilDay, la giornata dedicata interamente al suolo, ed è stata scelta non a caso per presentare uno studio dell’Ispra da cui emerge come in Italia si continuano a "consumare" 4 metri quadrati al secondo di suolo, ben 35 ettari al giorno.

Negli ultimi 25 anni, il tempo di una generazione, si è perso oltre 1/4 della terra coltivata (-28%) «per colpa della cementificazione e dell’abbandono provocati da un modello di sviluppo sbagliato che ha ridotto la superficie agricola utilizzabile nel nostro Paese ad appena 12,8 milioni di ettari» commenta il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo in occasione dell’associazione bonifiche italiane (Anbi) nel commentare lo studio dell’Ispra che stima in 55mila euro l’anno i costi occulti per ogni ettaro di terreno consumato, «riconoscendo così implicitamente il valore ecosistemico dell’agricoltura in termini produzione, stoccaggio del carbonio, protezione dell’erosione, prevenzione danni provocati dalla mancata infiltrazione dell’acqua e salvaguardia degli impollinatori», osserva una nota di Coldiretti.

Tutte attività che hanno un valore e che dal 2016 potrebbero costare all’intera collettività italiana oltre 800 milioni l’anno per fronteggiare le conseguenze del consumo di suolo degli ultimi 3 anni, in pratica per compensare il servizio ecosistemico che il terreno non può più fronteggiare: si va dalla produzione agricola (oltre 400 milioni di euro), allo stoccaggio del carbonio (circa 150 milioni), dalla protezione dell'erosione (oltre 120 milioni), ai danni provocati dalla mancata infiltrazione dell'acqua (quasi 100 milioni) e dall'assenza di impollinatori (quasi 3 milioni).

Oltretutto, su un territorio meno ricco e divenuto più fragile a causa del consumo di suolo si abbattono – continua la nota di Coldiretti – i cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire.
Un ulteriore risultato è che sono saliti a 7.145 i comuni italiani, ovvero l'88,3% del totale, che sono a rischio frane e/o alluvioni secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ispra. Di questi 1.640 hanno nel loro territorio solo aree a derivata propensione a fenomeni franosi, 1.607 sono invece i comuni a pericolosità idraulica e 3.898 quelli in cui coesistono entrambi i fenomeni.
Sette le regioni con il 100% dei Comuni a rischio idrogeologico: Valle d'Aosta, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Molise e Basilicata. A queste si aggiungono Calabria, provincia di Trento, Abruzzo, Piemonte, Sicilia, Campania e Puglia con una percentuale di comuni interessati maggiore del 90%.
Per proteggere la terra e i cittadini che vi vivono, conclude la Coldiretti, «l’Italia deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività agricola».

In apertura foto di Olivier Morin/Afp/Getty Images


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