Welfare & Lavoro

Delega Povertà, Gori: «Un buon testo, ma si può ancora migliorare»

Ora il testo passerà al Senato. L’analisi di Cristiano Gori, professore di Politica Sociale all’Università di Trento e coordinatore scientifico dell’Alleanza contro la povertà

di Lorenzo Maria Alvaro

I lavori in corso per la legge delega su contrasto alla povertà hanno fatto oggi un passo in avanti Il testo infatti è stato approvato alla Camera ed ora passerà al Senato. Vita.it ha intervistato Cristiano Gori, professore di Politica Sociale all’Università di Trento e coordinatore scientifico dell’Alleanza contro la povertà, per fare un promo bilancio

Professore quali sono gli aspetti positivi della legge?
Vorrei cominciare da un aspetto riguardante l’Alleanza contro la povertà. L'Alleanza nelle scorse settimane ha incontrato numerosi soggetti politici coinvolti nell’iter parlamentare della delega: il Governo, le relatrici alla Camera e i principali attori politici coinvolti, a cominciare da M5S e PD. Con tutti abbiamo avuto un confronto molto puntuale ed approfondito sul merito della normativa, in un clima di ascolto sostanziale. In un’epoca di anti politica crescente mi pare un punto da valorizzare.

Veniamo ora ai contenuti della delega
Nella discussione, prima in Commissione e poi in aula, sul testo sono introdotti una serie di miglioramenti riguardanti i criteri di accesso, il rafforzamento degli strumenti che lo Stato utilizzerà per sostenere gli attori impegnati localmente contro la povertà, riguardanti monitoraggio, affiancamento, formazione ed altro; infine la promozione sempre più decisa di forme di gestione associata degli interventi tra i comuni di uno stesso ambito sociale e altri aspetti che, come questi, sono di natura tecnica. Nel periodo che va dal passaggio al Senato fino alla legge di Stabilità certamente si potranno fare ulteriori miglioramenti tecnici. Ma ora la sfida è compiere alcune scelte politiche di fondo.

Cosa intende dire?
Serve realizzare un salto in avanti dal punto di vista politico, che porti a realizzare le scelte di fondo necessarie a costruire una delega all'altezza delle sfide in campo. Un salto in avanti che si deve giocare su tre punti.

Quali?
Il primo è prevedere un effettivo piano nazionale pluriennale contro la povertà. Infatti, la delega indica la necessità di rafforzare i sostegni già introdotti in modo da arrivare progressivamente a coprire tutta la popolazione in povertà assoluta ma se non vengono destinate le risorse economiche per questa crescita progressiva gli impegni dichiarati rimarranno lettera morta. È dunque necessario affiancare alla delega un piano di incremento progressivo di risorse per arrivare entro tre o quattro anni a coprire tutti i poveri assoluti. Il secondo punto è riconoscere che tutti i poveri sono uguali. Infatti l’attuale testo della delega prevede che la possibilità di entrare progressivamente in questo schema e diventare utenti del piano dipenda non solo nell’essere poveri ma dall’appartenere a specifiche categorie: nuclei famigliari con minori, con figli con disabilità grave, famiglie con donne in stato di gravidanza e famiglie con persone con più di 55 anni disoccupate. Evidentemente queste categorei sono in condizione di bisogno, ma lo sono anche gli altri poveri.Noi dell’Alleanza riteniamo che l’ordine di progressiva entrata nella misura debba essere esclusivamente relativa alla gravità della povertà. Partendo così da i più poveri raggiungendo poi, man mano, i meno poveri. Noi riteniamo che tutti i poveri siano uguali, dunque l’unico criterio deve essere proprio il grado di povertà.

Il terzo punto?
Consiste nel puntare effettivamente sul welfare locale. La delega infatti prevede che insieme al contributo economico ci siano percorsi di inserimento sociale e lavorativo. Però, seppur migliorato, il testo non fornisce garanzie che questi percorsi siano effettivamente finanziati da risorse nazionali e che quindi diventino un diritto sostantivo delle persone in povertà. Il rischio è che il cerino rimanga in mano ai Comuni.

Il clima politico, anche su questo tema, è di forte contrapposizione. Non crede possa essere un problema nella discussione del testo al Senato?
Bisogna evitare confusione. Il dibattito su cosa fare per contrastare la povertà soffre di un equivoco: quello di pensare che esistano posizioni difformi tra i principali attori politici nella lotta la povertà assoluta. Così non è. Sul fatto che ci debba essere una misura nazionale rivolta alla povertà assoluta sono tutti d'accordo. Lo richiede l'Alleanza. Lo dichiara il Governo negli obiettivi enunciati dalla delega, ancora però da concretizzare. Il Movimento 5 Stelle propone il Reddito di Cittadinanza che non andrebbe solo al 7,3% di persone in povertà assoluta ma coprirebbe anche quelle a rischio di povertà, arrivando a circa il 15% della popolazione. La diversità di vedute riguarda cosa fare contro il rischio di povertà, il M55 ritiene che anche chi è in questa condizione debba ricevere la stessa misura dei poveri assoluti, mentre l'Alleanza pensa che a queste persone si debba rispondere attraverso altre politiche (per la famiglia, l'occupazione, la non autosufficienza e altro). Insomma, sulla necessità di una misura nazionale contro la povertà assoluta si è, nelle dichiarazioni, tutti d'accordo. Ora siamo alla prova dei fatti.


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