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Un graffio rock per la Terra: la sfida ecologica di Neil Young

In Italia per un tour che sta toccando città e province, il cantante e chitarrista canadese rilancia la battaglia ecologista, con brani dal suo ultimo disco in studio: The Monsanto Years. Un attacco frontale alle multinazionali che, spiega Young, «fanno disinformazione e poi parlano di libertà di scelta. Noi, al contrario, facciamo informazione e la scelta la pratichiamo, senza predicarla»

di Marco Dotti

«La libertà di scelta non signica nulla, se non c’è conoscenza. Che cosa scegli, se non sai scegliere?». Parole dure, quelle di Neil Young, che sbattono contro una delle fanfare ideologiche che sorreggono la retorica del “free market” americano, proprio mentre quella fanfara risuona, in vista di una contesa per le presidenziali che si annuncia più dura che mai.

Prendiamo Donald Trump, ad esempio. Si è buttato nella mischia elettorale con discorsi anti-immigrati («Costruirò un muro contro i messicani», ha detto), liberisti e guerrafondai («Porteremo il mondo a temere gli Usa») ma che cosa gli sarà passato per la testa quando, per i suoi comizi, ha deciso di usare una canzone che dice tutto il contrario, come Rockin’ in the Free World, senza peraltro chiedere il permesso a Young? Per certi militanti del free market, «se usi la parola libertà stai parlando della loro libertà», ha commentato un attivista americano. E la risposta di Young non si è fatta attendere: «La musica è un linguaggio universale. Sono felice quando tante persone, con convinzioni diverse, traggono piacere dalla mia musica, anche se non condividono le mie opinioni. Se però mi avessero chiesto di poter utilizzare una delle mie canzoni per un campagna elettorale, io avrei risposto di no. Sono canadese, e non voto negli Stati Uniti, ma, cosa ancora più importante, non mi piacciono l’attuale sistema politico degli Stati Uniti e di altri stati. La democrazia è stata dirottata verso gli interessi delle multinazionali. I soldi necessari a una candidatura, quelli da investire nell’attività di lobbying, le crescenti disparità economiche e delle decisioni legislative ben sovvenzionate sono tutte cose a favore delle grandi aziende a discapito delle persone. Io non credo nei politici che accettano milioni da queste multinazionali. Io credo nelle persone. E la mia musica la faccio per la gente».

I soldi necessari a una candidatura, quelli da investire nell’attività di lobbying, le crescenti disparità economiche e delle decisioni legislative ben sovvenzionate sono tutte cose a favore delle grandi aziende ma a discapito delle persone. Io non credo nei politici che accettano milioni da queste multinazionali. Io credo nelle persone. E la mia musica la faccio per la gente.

Neil Young

Dopo anni di stallo, prodotto anche dalla retorica sulla green economy, la questione ecologica è rientrata a pieno diritto nella contesa politica. Tutti concordano, da Naomi Klein (canadese come Young) all’ultimo degli scienziati. C'è ancora chi si ostina a negare che il cambiamento climatico sia una conseguenza dei modi di produzione e degli stili di vita degli uomini, ma oramai la maggioranza ha capito come stanno le cose.

Per migliaia di agricoltori e allevatori americani non in aria da rodeo, Neil Young è ben più che un cantante: è un precursore. Le sue posizione ambientaliste, per un’ecologia integrale che vede al centro della scena non i produttori di ogm ma gli agricoltori («oggi privati, in nome della retorica della scelta, proprio della possibilità scegliere i loro semi, invasi dagli Ogm e dal monopolio delle multinazionali anche sui semi naturali»), in Young si sono sempre sposate con una forte passione per l’innovazione.

La libertà di scelta non signica nulla, se non c’è conoscenza. Che cosa scegli, se non sai scegliere? Ambiente ed economia non sono mondi separati, alle diseguaglianze economiche conseguono diseguaglianze ambientali

Neil Young

Uno dei suoi ultimi lavori è un inno al progetto, in cui lui stesso ha investito, di alimentare con energia elettrica pulita un vecchio modello di automobile, mentre è recente anche la sua campagna a favore del cotone biologico, che toglierebbe di mezzo il problema del forte impatto dei pesticidi necessari per la coltivazione del cotone “tradizionale”, ma rovinerebbe così il business miliardario di certi cartelli. Chi ha oggi interesse a che questi pesticidi continuino a essere usati? Semplice, dice Young, la Monsanto, la stessa che detiene il monopolio sui semi.

«Ambiente ed economia non sono mondi separati, alle diseguaglianze economiche conseguono diseguaglianze ambientali». Sembra di ascoltare Papa Francesco. Il cantante canadese è così da molti mesi al centro di una contesa, a colpi di canzoni, concerti e dibattiti, contro le grandimultinazionali che, una dopo l’altra, stanno cascando come birilli. Non ci sono marketing o secondi ni, anche se è uscito l'anno scorso un lavoro esplicito fun dal titolo, The Monsanto Years. Wall Mart ha annunciato di aver portato a 9 dollari la paga oraria dei suoi dipendenti, dopo essere finita nel mirino del cantante. Ora, sempre con il gruppo The Promise of the Real, esce Earth, terra, un nuovo live che prende il titolo dalla canzone di apertura, Mother Earth

Oh, Madre Terra, con le tue distese di verde ancora una volta sacrificate dalla mano affamata, per quanto tempo ancora potrai dare senza ricevere? Rispetta la Madre Terra o finirai col regalare al business anche Il futuro dei nostri figli

Neil Young, Mother Earth

Monsanto non fa che lanciare comunicati stampa in cui cerca maldestramente di smentire il cantante dichiarandosi “per un’agricoltura sostenibile”. E i responsabili di Starbucks, la catena di caffè americano che ha invaso il mondo? Si sono messi a chiosare i testi di Young, uno dopo l’altro. Lo stesso ha fatto la Chevron. Stiamo parlando di colossi da miliardi di dollari, costretti a piegare la loro strategia di comunicazione da un cantante, perché? «Perché ho semplicemente detto quello che tutti sanno e tutti tacciono, in faccia e a muso duro. Loro fanno disinformazione e predicano la libertà di scelta. Noi facciamo informazione e la scelta la pratichiamo», commenta Young.

In copertina: Neil Young, fotografia di Kevork Djansezian/Getty Images for Autism Speaks


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