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Cooperazione & Relazioni internazionali

L’UE ora stracci l’accordo con la Turchia sui migranti

Quale peso hanno i diritti nell'Europa dei "diritti"? Sempre meno, a giudicare da presupposti e conseguenze dell'accordo con il Paese in mano a Erdogan

di Marco Ehlardo

Diciamo la verità, l’accordo UE-Turchia sui migranti era una gran porcata già prima degli ultimi avvenimenti in quel Paese. Sei miliardi in cambio del sostanziale blocco dei flussi di migranti dalla Turchia all’UE. Se non altro, ci hanno fatto capire il prezzo esatto che l’Europa dà ai diritti umani. Un accordo grave, tra gli altri, per due motivi.

Il primo perché l’UE riconosce alla Turchia lo status di Paese terzo sicuro; ossia, per dirla semplicemente, dove un migrante possa essere rimandato senza correre rischi. E il concetto di Paese sicuro mette assieme una serie di requisiti (contenuti nella Convenzione di Ginevra del 1951 e nella Direttiva UE sulle procedure del 2013) quantomeno di dubbia presenza in Turchia già prima.

Il secondo motivo è che la Turchia non ha mai sottoscritto il Protocollo di New York del 1967, aggiuntivo alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951. Può sembrare un tecnicismo, ma non lo è affatto. La Convenzione di Ginevra sui rifugiati faceva riferimento solo agli sfollati europei a causa degli eventi antecedenti al 1951. Il protocollo di New York ha ridefinito tutto il tema allargando la platea di chi può fare richiesta di asilo. Dunque, legalmente ed in pratica, la Turchia non ha nessun obbligo rispetto ai rifugiati provenienti da Paesi extra-europei. Compresi, ad esempio, i siriani. Un accordo, in definitiva, che rappresenta un obbrobrio sia dal punto di vista etico che da quello legale. Dopo il (presunto) golpe del 15 luglio ed il (ben più reale) controgolpe di Erdogan, l’UE è rimasta sostanzialmente in silenzio, quasi ad interrogarsi: dobbiamo difendere i diritti umani in Turchia o l’accordo sui migranti con la stessa?

Pare, in tutta evidenza, che l’ipotesi più plausibile sia la seconda. Dunque ci troviamo di fronte ad un Paese che sfido chiunque a definire “Paese terzo sicuro” visto quanto sta accadendo, che non ha sottoscritto impegni internazionali per la tutela dei rifugiati (quelli non europei almeno), e col quale abbiamo ancora in piedi un accordo per il respingimento dei migranti. E per non farci mancare niente, la Turchia ha anche annunciato la sospensione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo; quella stessa convenzione che ha, al suo interno, dettagli insignificanti quali il diritto alla vita e il divieto di tortura e trattamenti inumani o degradanti. E noi continuiamo a tenere in piedi un accordo che di diritti umani, alla fine, si occupa. L’ennesimo capolavoro della “Europa dei diritti”. Il paradosso diventerà poi completo con i primi richiedenti asilo turchi che, prima o poi, riusciranno a fuggire verso l’Europa.

Che fai, al giornalista arrestato, e magari torturato, per fare il suo lavoro e tutelare il diritto di cronaca, gli respingi la domanda di asilo? E quando l’avrai accolta, come farai a dire che in Turchia puoi però continuare a respingere i migranti provenienti da altri Paesi? Considereremo la Turchia insicura per i turchi e sicura per tutti gli altri? Non ha davvero senso.

Concludendo che l’accordo tra UE e Turchia è una Dichiarazione e non un Trattato, e che dunque può essere annullato in maniera rapida e senza particolari passaggi istituzionali (lo stesso modo, d’altronde, col quale è stato sottoscritto), viene da chiedersi cosa stia aspettando l’UE a farlo. Ma come sempre cosa possiamo fare noi per sollecitarlo. Se esiste ancora, in questo Paese, un movimento per i diritti umani che abbia la forza di imporre questo tema al Governo italiano e, tramite esso, all’UE. Anche perché, se questo accordo rimane in piedi, non si porrà più il problema se la Turchia debba entrare o meno nell’UE, ma semmai quello di evitare che sia l’Unione Europea ad “aderire” alla Turchia.


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