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Cooperazione & Relazioni internazionali

Mostrare le immagini dei terroristi li espone a una glorificazione postuma

La fotografia di Adel Kermiche, uno degli attentatori di Saint-Etienne-de-Rouvray, non apparirà sul quotidiano "Le Monde". Lo stesso farà il seguitissimo canale "all news" francese BFM-TV. Per la prima volta i più autorevoli media europei si interrogano sullo statuto delle immagini e non si nascondono più dietro l'alibi dei "fatti". Da noi è il direttore di "Repubblica", Mario Calabresi, il primo a imboccare questa strada. Siamo tutti chiamati a riflettere su ciò che "condividiamo" e pubblichiamo, oggi più che mai

di Marco Dotti

Alla decisione presa martedì sera dal canale all news francese BFM-TV è seguita quella del direttore di Le Monde Jérôme Fenoglio, a cui a sua volta ha fatto eco ieri quella di Europe 1: nessuna immagine dei volti dei "protagonisti" dell'ondata di orrore che sta sconvolgendo il continente deve più passare in un flusso incontrollato di immagini, suoni, notizie forse è già scappato di mano. Da parte loro, tutti i canali di France Médias Monde (RFI, France 24 e Monte Carlo Doualiya) hanno espresso il proposito di mostrarsi «estremamente parsimiosi nell'uso del nome dei terroristi». Nomi, immagini, volti appariranno comunque, ma non guadagneranno la prima pagina o la scena dei principali media del Paese.

Da un lato, infatti, se è pur vero che è oggi estremamente difficile fermare il proliferare di immagini sui social network, è altrettanto vero che l'effetto prestigio si guadagna altrove. Con una prima pagina su Repubblica, ad esempio. E proprio Repubblica, oggi, in un editoriale del suo direttore Mario Calabresi titolato "Oscurare l'orrore" prende posizione: «Abbiamo deciso di evitare le foto dei giovani terroristi in prima pagina, di non mostrare le vittime e il sangue degli attentati e di non pubblicare sul sito i video più crudi e tutti quelli in cui ci sono morti o feriti». Una scelta ponderata e, probabilmente necessaria, viste anche le indicazioni che da tempo gli esperti di sicurezza stanno cercando di far passare.

Qualche anno fa, c'erano quelli che tiravano sassi dal cavalcavia, ma non si riprendevano col telefonino, e l'effetto imitazione si attivava tramite la visibilità data dai media tradizionali. Oggi la visibilità è user-generated, fatto nuovo e devastante, ma i media classici – chiamiamoli così per semplificare – sono ancora la via maestra per il prestigio. Senza "arenarsi" sulle pagine o sui siti dei principali quotidiani nazionali, il prestigio riflesso che l'Isis tenta di capitalizzare, spesso ex post, non si produrrebbe. Ecco la necessità di questa scelta, che non è solo etica, ma in qualche modo di sistema e strategica.

Da parte sua, il direttore di BFM- TV Hervé Béroud, dichiara che si presenta oramai chiara la necessità di «evitare di fare circolare indistintamente, nel flusso continuo dell'informazione, immagini che potrebbero ritornare più volte nel corso della giornata. Si tratta anche – precisa – di non menttere sullo stesso livello terroristi e vittime». Se l'informazione diventa mero flow e non riflessione, infatti, e tutto si muove a livello orizzontale e senza soluzione di continuità nessuna gerarchia di valori è possibile. Ciò che va scongiurata è la "glorificazione postuma" del soggetto.

Da quanto il terrorismo dell'Isis ha fatto la sua comparsa, osservava ieri il direttore di Le Monde, «abbiamo deciso di non usare immagine tratte da documenti della loro propaganda o dalle loro rivendicazioni». Dopo l'attentato di Nizza, però, l'allarme si è alzato e a Le Monde hanno scelto di «non pubblicare più fotografie degli assassini». Da parte loro, sia Le Monde che il canale tv BFM intendono rinunciare a pubblicare il nome degli attentatori, come invece intende fare un altro canale di informazione televisiva, Europe 1, quando questo nome non apporta informazioni utili per capire e riflettere e capire il contesto dei fatti.


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