Economia & Impresa sociale 

Quella strana alleanza per fare di Milano un paradiso fiscale

Da Ferruccio De Bortoli sul Corriere agli articoli su Il Foglio, Affari Italiani e Unità. È nato il fronte che vuole Milano come nuova city londinese che metta al bando la Tassa sulle Transazioni Finanziarie. Il punto di Leonardo Becchetti, economista e promotore della campagna Zero Zero Cinque

di Lorenzo Maria Alvaro

«Milano aspira giustamente a essere, dopo Brexit, una piazza finanziaria alternativa a Londra» ma per farlo «c’è un segnale che il governo potrebbe dare subito? Sì c’è, e sarebbe molto apprezzato dagli operatori e dai mercati. L’abolizione, o quantomeno la sospensione, dell’inutile e dannosa tassa sulle transazioni finanziarie, meglio conosciuta come Tobin tax». Questo il cuore di un articolo (Corriere della Sera del 23 luglio 2016) a firma dell’ex direttore Ferruccio De Bortoli. Un progetto, quella della Milano tax-free su modello della City londinese che, scrive De Bortoli vede «Renzi seriamente impegnato e il sindaco Sala spendersi con generosità». Che sia un progetto reale lo dimostra anche il fatto che ne abbiano scritto in tanti, da Il Foglio ad Affari Italiani fino all’Unità. Ma qual è la visione della Milano del futuro? Un piccolo paradiso fiscale dotato di policy che contempli una vera e propria corsa al ribasso nella concorrenza fiscale con altri Paesi UE e che ammicchi agli hedge fund. E naturalmente nemica giurata delle TTF – Tasse sulle transazioni Finanziarie.

Una movimentazione che non è passata inosservata a chi, come Economia e Felicità, Non Con I Miei Soldi, Osservatorio AIDS, Altraeconomia, Zero Zero Cinque e Valori aveva fatto a vario titolo propria la battaglia per l’introduzione del TTF. Per questo ne abbiamo parlato con l’economista Leonardo Becchetti, tra i più attivi sul fronte della tassazione finanziaria.


Lei ha definito deboli, poco articolate e moralmente discutibili le proposte di chi vuole una city a Milano. Perché?
L’ex ministro dell’economia Tommaso Padoa Schioppa, che non era certo un “estremista di sinistra”, diceva che pagare le tasse in democrazia «è bello» e riteneva che le imposte sulla CO2 e la tassa sulle transazioni finanziarie dovessero essere i pilastri della nuova fiscalità europea comune. È il pensiero nobile e alto di chi si propone di penalizzare inquinamento ambientale e finanziario, anche aumentando con la Tobin tax il costo relativo del trading speculativo rispetto all’investimento nell’economia reale. Auspicare il contrario significa fingere di non vedere che negli ultimi decenni, i benefici della globalizzazione sono stati distribuiti in maniera drammaticamente ineguale aumentando le diseguaglianze. E la quota dei “perdenti” che registrano un peggioramento significativo delle loro condizioni economiche e di lavoro è significativamente aumentata. I perdenti non hanno voce ma aspettano al varco i governi al potere nelle tornate elettorali. Ed esprimono la loro protesta votando “contro”, talvolta anche cedendo alla lusinga di populismi improbabili e aggressivi. Pensiamo a Brexit e Trump.

In particolare sul tema TTF ha sottolineato che si tratta di un messaggio irricevibile sia sotto il profilo della valenza fiscale e regolamentare, sia sotto il profilo di in-giustizia fiscale…
Si propone una storia della Tobin tax piuttosto partigiana e a senso unico. Pare esista solo l’esempio fallimentare svedese (tassa mal disegnata perché legata alla nazionalità del mercato di scambio e non del titolo) mentre la Tobin tax inglese che esiste da secoli e porta più di due miliardi di sterline nelle casse dello Stato ogni anno (non mortificando a quanto pare il mercato finanziario di Londra) è descritta come una minuzia. Così la tassa francese simile a quella italiana e il processo di cooperazione Ue che sta costruendo la tassa europea che dovrebbe portare ogni anno nelle casse comunitarie circa 22 miliardi di euro. Se stiamo ai fatti e ai risultati scientifici dell’ampia letteratura in materia – quella che ha superato il vaglio di referee indipendenti pubblicata su riviste internazionali -, essere a favore o contro la Tobin Tax è questione di sensibilità politica. Con la tassa si raccolgono risorse fiscali e si rende meno conveniente l’attività speculativa ad alta frequenza che produce le fibrillazioni infragiornaliere dei mercati che ben conosciamo. Quando la tassa è ben costruita, l’impatto su liquidità è nullo e il fatto che si facciano meno transazioni è tautologico.

Quindi secondo lei il punto qual è?
Il problema è decidere se vogliamo che le immense risorse finanziarie che circolano sui mercati diventino “capitali pazienti” al servizio dell’economia reale o “capitali supersonici” al servizio dei robot e degli algoritmi per il trading ad alta frequenza. Si tratta pertanto semplicemente di scegliere quale interesse vogliamo servire con la finanza.

Che cosa pensate di fare?
De Bortoli, insieme a molti altri, tira per la giacchetta il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, accusandolo di «simpatia» per la tassa e di debolezze socialisteggianti. E allora, noi facciamo lo stesso: tirando, a nostra volta e alla nostra maniera, la giacchetta del ministro.

Per dirgli che cosa?
Quel mondo "top 1 per cento", sinora fin troppo coccolato e lusingato, rappresenta una quota minoritaria di voti. Alle elezioni i perdenti sono, invece, stragrande maggioranza. È arrivato il momento di far capire che il governo di questo Paese è dalla loro parte, rilanciando una fase di crescita sostenibile con una ripartizione più equa dei benefici, maggiore attenzione ai poveri e l’avvio della svolta pro-famiglia con figli. L’abolizione della Tobin tax sarà anche in cima alla lista in qualche agenda del tutto particolare, ma non può essere un obiettivo dell’agenda di un governo che è nato per «cambiare verso» all’Italia ed è impegnato in una importante e decisiva strategia di rilancio del Sistema Paese.

Non è questa una posizione troppo dalla parte degli ultimi e poco oggettiva?
Guardare il mondo dalla parte dei perdenti, che ultimamente sono tanti e anche piuttosto arrabbiati, non solo è sacrosanto, ma è anche la migliore strategia di costruzione e di sopravvivenza politica. Per giustizia e per interesse: la Tobin tax non si può svuotare né tantomeno cancellare. Se accadesse gli 11 milioni di italiani che non hanno i soldi per curarsi e per fare analisi, e si sono arrabbiati per la scelta di Exor (finanziaria della Fiat) di andare in Olanda pe pagare meno tasse, lo diventerebbero ancor più.


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