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Education & Scuola

Bonus al merito dei prof. La calda estate dei presidi italiani

Sapete cosa stanno facendo i dirigenti scolastici in questi giorni di piena estate? Stanno passando in rassegna il lavoro fatto da ogni docente, diciamo un centinaio per ogni suola, in modo da individuare fra essi quali sono gli insegnanti che meritano un bonus.

di Sara De Carli

Sapete cosa stanno facendo i dirigenti scolastici in questi giorni di piena estate? Stanno passando in rassegna il lavoro fatto da ogni docente, diciamo un centinaio per ogni suola, in modo da individuare fra essi quali sono gli insegnanti che meritano un bonus.

È una novità introdotta dalla Buona Scuola. Per la prima volta i concetti di valutazione, premialità e merito investono il corpo docente. La legge (commi 126-130 della legge 107/2015) crea un apposito fondo di euro 200 milioni annui a decorrere dall'anno 2016, ripartiti fra le scuole in proporzione al numero di la complessità del territorio in cui la scuola opera, soprattutto in termini di aree caratterizzate da un maggiore rischio educativo. Fa all’incirca 23mila euro a scuola.

Entro il 31 agosto il dirigente scolastico assegnerà il bonus, sulla base dei criteri individuati dal Comitato di valutazione (ne fanno parte oltre al dirigente scolastico tre docenti della scuola; due rappresentanti dei genitori o un rappresentante degli studenti e un rappresentante dei genitori, per il secondo ciclo di istruzione; un componente esterno individuato dall'Ufficio scolastico regionale). Lo scopo? Valorizzare il merito. I criteri per individuare il “buon insegnante” quindi non sono stati definiti per legge, ma sono stati individuati da ciascuna scuola. La legge, a comma 129, indica solo tre aree entro cui individuare i criteri: a) la qualità dell'insegnamento; b) i risultati ottenuti in relazione al potenziamento delle competenze degli alunni, nonché della collaborazione alla diffusione di buone pratiche didattiche; c) le responsabilità nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale.

«Gli insegnanti valutano ma non vogliono essere valutati», abbiamo sentito ripetere in questi mesi. «Non abbiamo nulla contro la valutazione, il problema è chi e come valuta. C’è troppa discrezionalità», hanno replicato altri. I giornali hanno raccontato di scuole in secessione su questo punto, con docenti che rifiutano di entrare nei Comitati di valutazione (ma il 98% dei Comitati si è insediato) o di compilare la scheda di “autocandidatura” al bonus chiesta dai dirigenti. I docenti del Liceo Scientifico Fermi di Monticelli di Brindisi ad esempio hanno rifiutato il bonus, definito una “elemosina” visto che la scuola è senza contratto collettivo dal 2009 (qui la lettera) . Secondo un primissimo monitoraggio del Miur, su 1.400 scuole, ben 1.300 avevano scelto di mixare tutti i tre criteri e solo 10 hanno adottato il solo criterio organizzativo (lettera c).

Ecco come è andata in cinque scuole

La pseudoquattordicesima? Macché, l’effetto più interessante è il benchmark

Oltre che nel Comitato della mia scuola, sono membro esterno in altri due Comitati di Valutazione. In tutti e tre sono stati eletti insegnanti rappresentanti sindacali e in nessuno dei tre ho visto “mal di pancia”. Io ho curato particolarmente la preparazione dei genitori, perché potessero arrivare al Comitato come parte attiva. Idem con lo studente. Abbiamo preso il POF della scuola come punto di partenza: questo ha abbassato il timore di un eccesso di discrezionalità del dirigente.

Non è la mia testa che decide ma è la scuola che ha un piano di miglioramento che mi dice quali elementi della professionalità docente contano di più in questa scuola. Per noi l’utilizzo della didattica non frontale, l’elaborazione di contenuti disciplinari capaci di essere radicati nella realtà, le verifiche fatte non su carta ma come compiti autentici, il lavoro per progetti interdisciplinari, la capacità da parte dell’insegnante di riprogrammazione, il livello di miglioramento complessivo degli studenti. Abbiamo valorizzato la capacità di lavorare in équipe, perché gli ottimi insegnati non sono i singoli ma quelli che sanno lavorare insieme, tutte le organizzazioni del lavoro sanno che più si lavora in squadra più si migliora. Il comitato ha dato un peso a ogni indicatore, per cui alcuni valgono 10 e altri valgono 6, la prerogativa che ho tenuto per me è stabilire la percentuale di insegnanti che andrò a premiare. Quanti? Io credo che non supererò il 15%, sarà più facile tra 10%-12%. Ho avuto 37mila lordi, circa 28mila netti, definirò due fasce, una al massimo arriverà a 1.500 lorde, l’altra sarà un poco sotto. Mi sono data impegno morale di fare riferimento a una base documentale e da marzo in poi ho cercato di fare una visita didattica in classe ad hoc: è un’operazione che ai miei insegnanti è piaciuta molo, l’hanno vissuta molto bene, ma ho 110 docenti di ruolo e questo è il mio primo anno in questa scuola, ammetto che non sono riuscita a osservare in classe 110 docenti. I genitori hanno avuto un ruolo attivo, ma Bergamo ha un coordinamento dei comitati genitori molto buono. Sono stati da una parte molto rispettosi dei ruoli e dall’altra molto propositivi. In uno degli istituti dove ero membro esterno un genitore aveva evidentemente una competenza professionale specifica nel settore, non ha forzato nulla ma è stato molto propositivo nel metodo e negli indicatori. La cosa più interessante però non è questa “pseudoquattordicsima”, ma il fatto che i collegi docenti si siano riconosciuti in un elenco di indicatori che definiscono chi è in questo istituto specifico – in un liceo sarà diverso da un tecnico e da una primaria – l’ottimo insegnante: se qualcuno indica un profilo professionale, le persone tenderanno a quello. È questa la partita più interessante, non quella economica. È questa carta d’identità professionale di un insegnante.

Altro che mal di pancia

Lorenzo Caputo, Dirigente dell’ITCS Primo Levi di Bollate (MI)

La premialità? Altro che mal di pancia! Abbiamo stabilito i criteri, cercando che non si sovrapponessero alle funzioni già coperte dal FIS. Abbiamo predisposto una griglia di attività da documentare, chi avrà un punteggio sopra i 45 centesimi riceverà il bonus. Immagino saranno il 50-60% dei docenti. Ho un “montepremi” da 22mila euro, diciamo per semplificare che premierò 50 persone, fa circa 400 lorde a persona. Sarebbe stato meglio rivedere i contratti. Il concetto di premialità è giusto, sulla modalità invece non sono d’accordo: non bisognava scaricare sui dirigenti la responsabilità di decidere se questo tema sia o no oggetto di contrattazione, questo andava deciso a Roma. Insomma, è una buona idea che però, con gli strumenti attuali, ha portato più problemi che vantaggi.

Ma a scuola si gioca di squadra

Ho 90 insegnanti di ruolo, ci sono stati assegnati 24mila euro lordo Stato, che significa circa 18mila euro, da dare ai docenti entro fine agosto. Il comitato di valutazione ha operato all’unanimità, con tutti i componenti sempre presenti. Uno degli insegnanti è rappresentante sindacale. Abbiamo definito i criteri, stabilito che i docenti avrebbero compilato una scheda online anche se poi il dirigente valuta tutti i docenti, anche chi non compila la scheda. Diciamo che quello è un modulo per comunicare le evidenze rispetto ai criteri.

Entro fine agosto valuterò, come previsto. Immagino che assegnerò il bonus al massimo al 30% degli insegnanti, in modo che ognuno riceva una cifra intorno agli 800/1000 euro. Spero che la novità venga accettata in modo sereno, ma qualche preoccupazione ce l’ho: il rischio di una frattura nel collegio c’è, che venga meno quello spirito collaborazione che tanto è necessario. Qualcuno potrebbe dire “io pensavo di meritare, l’anno prossimo che faccia tutto tizio che è tanto bravo”. Spetta anche a noi dirigenti evitare che succeda. Come si fa? Si mette in campo tanto dialogo, condivisione. Io non mi sento contrapposto ai docenti, rifiuto completamente la mentalità del dirigente sceriffo come quella che dà per scontato che da parte dei dirigenti ci sia scarsa considerazione degli insegnanti. La contrapposizione è da evitare, nella scuola serve costruire squadra, per questo assegnerà il bonus obtorto collo. La scheda è semplice, 12 criteri per raccogliere le evidenze sui tre punti previsti dalla legge, sapendo che la qualità dell’insegnamento è difficile misurare: abbiamo optato per indicatori oggettivi, ad esempio un corso formazione, chi ha lavorato dentro la scuola per attività interna di formazione, un criterio particolare è la disponibilità ad aiutare in situazioni critiche, come in assenza di un collega. I genitori hanno suggerito – ed è stato accolto – di valorizzare gli insegnanti disponibili a svolgimento attività esterne. L’idea fondamentale, volendo sintetizzare, è quella che l’insegnante da premiare non è quello molto bravo di per sé, nella sua disciplina, quello lo diamo per scontato: deve essere anche collaborativo, in grado di lavorare insieme agli altri, con qualità organizzative, che all’occorrenza può stare in una commissione… È qualcosa che va oltre l’insegnamento? No, questo è il profilo dell’insegnante del futuro ma già anche del presente. Se uno pensa ancora che il bravissimo docente è quello che sa tutto della sua materia ma non sa colloquiare con famiglia o con i colleghi, che dinanzi a un problema dice “oh ma con me sono bravissimi”, è fuori strada. La scuola non è solo stare in classe ma anche progetti e attività esterne.

In eredità ho una banca-dati ricchissima del lavoro fatto a scuola

Dopo un primo momento di resistenza, siamo riusciti a mettere insieme il Comitato di valutazione e a trovare criteri ampiamente condivisi, che sono stati votati all’unanimità. In questi giorni è in corso l’elaborazione di tutte le documentazioni, in base a cui verrà erogata la premialità. Direi che non abbiamo incontrato grosse resistenze. Nella mia scuola abbiamo scelto di distribuire la premialità a un range del 20-30% del personale, quindi circa 25 docenti: è un po’ alto ma serviva per creare serenità e armonizzare le visioni, almeno in questo primo anno.

Mediamente andranno circa mille euro di bonus a docente, ma io ho scelto di non uniformare: ogni persona potrà ricevere una somma diversa sulla base della qualità lavoro svolto, immagino fra i 400 e i 2mila euro. Il criterio che più ci ha creato difficoltà è quello relativo alla prima area indicata dalla legge, come definire il buon insegnante (comma 129, lettera a), parla della «qualità dell'insegnamento e del contributo al miglioramento dell'istituzione scolastica, nonché del successo formativo e scolastico degli studenti», ndr). Non abbiamo scartato nessuno dei tre ambiti previsti dalla legge, altre scuole invece so che lo hanno fatto. Abbiamo cercato di fare in modo che il docente “da premiare” dovesse possedere requisiti in tutti e tre gli ambiti, essere una figura completa. Abbiamo valorizzato la partecipazione attiva a progetti coerenti con il piano dell’offerta formativa, con un aggancio stretto con il piano di miglioramento della scuola. Sul “buon insegnante” per il momento abbiamo preso in considerazione il fatto che alcuni docenti abbiamo contribuito a far ricevere alle classi dei premi. I corsi di formazione? Sì, ma ad essi deve aver fatto seguito una ricaduta didattica: già a settembre avevamo messo a punto un format per documentare le attività scolte e dare conto in maniera dettagliata di ciò che è stato realizzato. Sono uscite cose molto belle, si è creata nella scuola una banca data che potrà essere riutilizzata. Direi che è stato un anno migliore del precedente, durante l’iter di approvazione della legge ci furono momenti più tesi. Ho visto nei docenti lo sforzo di cercare di vedere il positivo delle novità introdotte. Di sicuro questa legge sta facendo venire fuori una figura diversa di insegnante, più innamorato del proprio lavoro, più attivo, più impegnato, con meno appiattimento della figura. Molto importante sarà la formazione permanente in arrivo.

L’importanza di un codice deontologico del dirigente

750 studenti, tre indirizzi, 62 docenti: questa è la mia scuola. Sul bonus per la valorizzazione dei docenti è stato detto tutto di più. Non le nascondo che al primo collegio, l’anno scorso, c’era un clima di totale ostruzionismo su questo punto. Questa mattina ho raccolto le schede di autovalutazione, l’ha presentata il 90% dei docenti. Questo per dire che nel momento in cui si è lavorato per far capire che il bonus non penalizzava nessuno, l’atteggiamento è cambiato, direi anzi che alla fine è stato vissuto come l’occasione per riflettere sul proprio lavoro. Anche per me questa documentazione si sta rivelando interessante, offre un quadro inatteso del lavoro della scuola, è uno strumento in più. Io penso di valorizzare dai 16 ai 20 docenti.

Il dirigente ha l’obbligo di applicare criteri rigorosi e oggettivi, subito ho ritenuto doveroso fare una dichiarazione deontologica su come avrei letto le loro schede e dichiarando che sarei stata io in persona a fare il lavoro di lettura e organizzazione, non la segreteria, questo fa la differenza. Credo che questo abbia contribuito a dare serenità alla persone, a non sentirsi sul banco degli imputati.

Oltre a premiere i singoli bisognerebbe premiare anche il contesto

Non sono negativo a priori sulla Buona Scuola, ma gli strumenti messi in atto non sono positivi: insomma, le premesse non sono delle migliori. Prendiamo il Comitato di Valutazione: il 98% di essi si è insediato, nonostante alcune resistenze, di questi il 90% ha definito i criteri. Le risorse finanziarie sono state allocate da poco, dai 15mila ai 24mila a scuola, dipende dall’organico. Non c’è nella legge un’indicazione di a quanti darlo. Sul campo ho visto un fortissimo utilizzo da parte dei dirigenti di griglie distribuite ai docenti, su cui fare un report di autovalutazione.

Penso che daranno dagli 800 ai 2.200 euro lordo Stato per ciascun docente, grossomodo uno stipendio in più, premiando intorno al 20%. Però ad oggi non c’è modo di prevedere come andrà nei fatti. Ho visto molta diffidenza e molte perplessità, però alla fine i comitati sono stati eletti e hanno lavorato, spesso con criteri condivisi con il collegio. La perplessità nostra non è sulla valutazione o sul merito, ma sullo strumento, legata al fatto che si tratta di una modalità di riconoscimento individuale. La scuola invece è un contesto in cui nessuno va avanti da solo. Siccome non hai la possibilità di leggere la performance della scuola, bypassi il problema individuando quelli che possono essere “i migliori”: questo però è solo un piccolo pezzo del puzzle. Nel momento in cui valuti e premi il singolo docente, rischi di buttare fumo negli occhi. Fai emergere una punta, che tale rimane. La domanda è: una volta premiati i singoli, che ricaduta ha questo sulla scuola tutta? Una cosa del genere non ha diretto impatto sull’intero.


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