Famiglia & Minori

Più sport a scuola, fra promesse e realtà

Il giorno dopo la fine delle Olimpiadi, il Veneto lancia per marzo le giornate dello sport e invita i campioni a portare nelle scuole la loro testimonianza, mentre il ministro Stefania Giannini annuncia 140 milioni di euro in più per lo sport nelle scuole. Eppure i prof spesso giudicano negativamente l'impegno sportivo. Nonostante Gregorio Paltrinieri e Papa Francesco...

di Sara De Carli

Rio 2016, giù il sipario. Il giorno dopo la chiusura delle Olimpiadi, con negli occhi le immagini di quella esultanza pulita, del traguardo e della fatica, di tanti atleti, italiani e no, sembriamo tutti attraversati dalla piacevole consapevolezza del ruolo che lo sport può avere nell’educazione dei ragazzi. Ma cosa resterà dopo? Ecco un piccolo viaggio fra riflessioni, spunti e promesse.

Il ministro Giannini: 140 milioni in più per lo sport a scuola
«I valori dello sport, ogni giorno in vetrina e in diretta in questo mese, non si dissolveranno. Noi cercheremo di farli entrare nelle vite dei nostri ragazzi e nelle nostre scuole, che sono la prima palestra di vita. Il primo obiettivo è che lo sport sia sempre più e meglio diffuso nelle attività scolastiche curricolari, a partire dalla scuola primaria»: così ha scritto ieri il ministro Stefania Giannini sulla sua pagina Facebook.
«Ci proponiamo di raggiungerlo quest'anno, con risorse nuove e misure concrete: 140 milioni di euro per aumentare le ore di pratica sportiva per tutti, con una particolare attenzione ai bambini diversamente abili, per incrementare la partecipazione degli studenti alle gare sportive regionali e nazionali, per migliorare le palestre esistenti e costruirne di nuove, per sostenere i nostri alunni atleti con sperimentazioni didattiche, che consentano loro di raggiungere il diploma senza dover rinunciare al sogno sportivo.

I primi 6,7 milioni li abbiamo stanziati in queste ore, attraverso il decreto per l’arricchimento dell’offerta formativa che ho firmato venerdì. Rispetto al 2015 abbiamo più che triplicato le risorse dedicate allo sport. Con questi fondi attiveremo una strategia nazionale di promozione dell’educazione motoria e dello sport a scuola, in collaborazione con le Federazioni Sportive e, ovviamente, con il Coni. Sono risorse destinate fra l’altro alla maggiore partecipazione dei ragazzi alle competizioni e manifestazioni sportive. Perché possano emergere i campioni di domani. Ma sono anche un segno concreto di attenzione per la diffusione della cultura dei corretti stili di vita e dell'educazione alla salute, che, insieme all'educazione al movimento, sono la ricetta più efficace contro la sedentarietà e l’obesità.

Nei prossimi giorni lanceremo anche il bando annunciato la settimana scorsa (per l'allargamento in tutta Italia di Scuola Al Centro, il progetto per l'apertura delle scuole in orario extrascolastico, ndr): 240 milioni di risorse strutturali per il triennio 2017/2020, per garantire ai ragazzi di 6.000 scuole che si trovano nelle aree più difficili, nelle periferie, geografiche e sociali, 240 ore in più all'anno per rafforzare e migliorare la loro formazione scolastica, là dove la scuola è il luogo principale di aggregazione sociale e di possibile riscatto. In questo pacchetto innovativo, abbiamo voluto dare uno spazio speciale a sport e attività motoria: 60 milioni su 240, per 60 ore in più. Con altri 74 milioni potenzieremo le attrezzature e gli impianti dei licei sportivi, costruiremo nuove palestre nelle aree metropolitane, in cui è prevista l'apertura pomeridiana e il coinvolgimento degli studenti e delle associazioni sportive nella gestione degli spazi. Questi sono i nostri impegni e i progetti dedicati allo sport a scuola, in questa estate dedicata allo sport olimpionico».

I campioni nelle scuole
«Porterò le Olimpiadi nelle scuole, invitando gli atleti veneti di Rio a testimoniare agli studenti le emozioni, la sfida e i valori dello sport»: è la promessa odierna di Elena Donazzan, assessore all’istruzione e alla formazione della Regione Veneto. Tutte le scuole del Veneto dal 2 al 4 marzo 2017 vivranno “le giornate dello sport”. «Le ‘giornate dello sport’ saranno una opportunità formativa e didattica qualificata. Le attività si svolgeranno in orario scolastico, con lezioni teoriche e con lezioni di pratica sportiva». Agli istituti scolastici si propone di collaborare con le associazioni sportive presenti nel territorio per far conoscere le diverse discipline e far sperimentare, dentro e fuori la scuola, la pratica in prima persona. Agli studenti verrà proposto di provare una o più discipline sportive e verrà offerta la possibilità di proseguirne la pratica anche in seguito. «Ai nostri atleti olimpici e alle grandi personalità dello sport che il Veneto ha espresso e continua ad esprimere – aggiunge l’assessore – chiederò di incontrare i ragazzi nelle scuole il 2, 3 e 4 marzo per testimoniare i valori, la cultura e i significati di inclusione, collaborazione, stile di vita ed eccellenza che chi fa sport incarna quotidianamente».

I campioni olimpici e paralimpici – tre atleti (o squadre) vincitori di medaglie in discipline olimpiche e tre atleti (o squadre) di discipline paralimpiche – incontreranno gli studenti italiani anche grazie a una iniziativa promossa da Fondazione Agnelli in occasione del suo 50° anniversario (1966-2016) e realizzata in collaborazione con il CONI e La Gazzetta dello Sport (saranno scelti da una giuria costituita dai lettori del sito Gazzetta.it). Gli atleti riceveranno il Premio Fondazione Agnelli (il monte premi totale erogato dalla Fondazione Agnelli è di 550.000 euro), un corrispettivo in denaro aggiuntivo rispetto ai premi del CONI e nel corso dell’anno scolastico 2016-2017 i vincitori si impegneranno a portare la loro testimonianza sul tema dell'impegno e dei valori dello sport nelle scuole italiane. La Fondazione ha stanziato un ulteriore fondo di 60.000 euro per agevolare la preparazione degli atleti della FISIP che parteciperanno ai giochi paralimpici invernali di Pyeongchang 2018.

Nella scuola di Gregorio Paltrinieri, ovvero l’aut aut fra scuola e sport
Ha suscitato molto dibattito in questi giorni il post scritto da un’insegnante, di scienze motorie, Emanuela Zibordi, che a luglio è stata nella commissione per la maturità nel liceo frequentato da Gregorio Paltrinieri, classe 1994, oro a Rio nei 1500m (il post ha oggi oltre 2.600 like). «Una collega mi raccontava le reazioni di alcuni docenti di fronte alla sua scelta di impegnarsi per il nuoto, del tipo: “…ma cosa vuoi che riesca ad andare alle Olimpiadi!”». A tutti i colleghi che pensano che i propri studenti «siano come i dipendenti di una fabbrichetta, che devono fare solo ciò che l'insegnante ritiene che sia giusto secondo un modello quanto meno discutibile, chiedo di essere un po' più intelligenti, aperti e contenti che qualcuno di quelli trovi soddisfazione di ciò che fa, a cominciare da chi desidera continuare a giocare a calcio nella squadra del paese, a quello che vince un medaglione d'oro. I ragazzi e le ragazze si aiutano a crescere anche così», scriveva la professoressa. Nei commenti, tanti hanno denunciato l’ostilità di alcuni docenti verso lo sport, anche con umiliazioni pubbliche. «Alcuni genitori e studenti la tengono opportunamente nascosta, altri ancora mentono, comunicando la sospensione dell’attività che, invece, continua tranquillamente: in questo ultimo caso i risultati delle valutazioni scolastiche diventano più benevoli, con buona pace dell’ipocrisia e dell’ottusità educativa». Tanta attenzione ha spinto la professoressa Zibordi a una riflessione più articolata, pubblicata sul suo blog. La prof individua due problemi nel rapporto tra scuola e sport in Italia oggi: il primo è quello di ragazzi che praticano a livello agonistico che sono ostacolati dal sistema scolastico rigido e poco attento ai loro bisogni, il secondo è dato da quelli che vorrebbero praticare, ma vengono esclusi perché non corrispondono ai rispettivi standard competitivi.

«Insegno da 40 anni, anch’io ne ho sentite di tutti i colori, da parte di studenti, di genitori, di colleghi. Non pensavo, però, che il problema fosse così diffuso. Pochi sono i docenti illuminati a fronte di una massa che è convinta che la scuola debba essere l’unica agenzia educativa in grado di dare una prospettiva futura agli studenti. Questo vale per tutto ciò che sta al di fuori: musica, volontariato, attività varie, strutturate e non, formali, non formali. […] Non è bello sentire che la categoria dei docenti venga ricordata come quella che impone per autorità le rinunce ad attività altrettanto educative come lo sport, addirittura apostrofandole come inutili o paradossalmente dannose. Ci deve essere equilibrio ed attenzione nel riconoscere le aspirazioni di ciascuno studente, aiutarli a raggiungere i traguardi anche con un’organizzazione più flessibile e una forte motivazione. In questo, anche le nuove tecnologie ci possono venire in aiuto, come ad esempio la solidarietà in rete che già avviene tra gli studenti, di cui alcuni docenti non hanno nemmeno percezione, o con strategie di gamification per attivare stimolanti learning game. Queste tecniche stanno entrando nei processi educativi e sarebbe veramente ora che si procedesse ad uno svecchiamento, ad un profondo restyling della scuola, cominciando a stigmatizzare certi atteggiamenti anacronistici, purtroppo, molto diffusi».

Lo sport, per una educazione in cui tutti hanno un posto
«Oggi ci vuole una “educazione di emergenza”, bisogna puntare sull’“educazione informale”, perché l’educazione formale si è impoverita a causa dell’eredità del positivismo. Concepisce soltanto un tecnicismo intellettualista e il linguaggio della testa. E per questo, si è impoverita. Bisogna rompere questo schema. E ci sono esperienze, con l’arte, con lo sport… L’arte, lo sport, educano! Bisogna aprirsi a nuovi orizzonti, creare nuovi modelli… […] Ci sono tre linguaggi: il linguaggio della testa, il linguaggio del cuore, il linguaggio delle mani. L’educazione deve muoversi su queste tre strade. Insegnare a pensare, aiutare a sentire bene e accompagnare nel fare, cioè che i tre linguaggi siano in armonia; che il bambino, il ragazzo pensi quello che sente e che fa, senta quello che pensa e che fa, e faccia quello che pensa e sente. E così, un’educazione diventa inclusiva perché tutti hanno un posto; inclusiva anche umanamente. Il patto educativo è stato rotto per il fenomeno dell’esclusione. Noi troviamo i migliori, i più selettivi – che siano i più intelligenti, o siano quelli che hanno più soldi per pagare la scuola o l’università migliore – e lasciamo da parte gli altri. Il mondo non può andare avanti con un’educazione selettiva, perché non c’è un patto sociale che accomuni tutti. E questa è una sfida: cercare strade di educazione informale. Quella dell’arte, dello sport, tante, tante… Un grande educatore brasiliano diceva che nella scuola – nella scuola formale – si doveva evitare di cadere soltanto in un insegnamento di concetti. La vera scuola deve insegnare concetti, abitudini e valori; e quando una scuola non è capace di fare questo insieme, questa scuola è selettiva ed esclusiva e per pochi». Chi lo ha detto? Papa Francesco, il 21 novembre 2015, al congresso mondiale promosso dalla Congregazione per l'educazione cattolica.

Foto by Adam Pretty/Getty Images


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