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«Amatrice come Onna, ma noi continuiamo a scavare»

Parla Lamberto Nonne, volontario di Protezione Civile delle Misericordie, «a dieci ore dal sisma speriamo di trovare persone ancora vive», racconta al telefono. Ha operato anche nei soccorsi di altri terremoti dall'Umbria, alle Marche all'Abruzzo, «ma non si fa il callo all'emergenza»

di Antonietta Nembri

«Sono al centro della zona rossa di Amatrice, non esiste più nulla si scava incessantemente», a parlare è Lamberto Nonne, un operatore di Protezione civile delle Misericordie. È uno dei 200 che sono partiti subito dopo le prime scosse per soccorrere le vittime del sisma.

Non ha molto tempo per rispondere al telefono: «Intorno a me si sta scavando con qualsiasi mezzo, con le mani, i picconi, le pale…. Inseguiamo le voci flebili, ci sono i cani. A dieci ore dal sisma continuiamo a sperare di trovare persone ancora vive».

Ad Amatrice dalle 8 del mattino di questo tragico 24 agosto, Lamberto per spiegare quello che vede davanti agli occhi richiama alla memoria l’immagine di un’altra tragedia: quella di Onna, il paesino raso al suolo dal sisma dell’Aquila del 2009 «Qui è come Onna, è tutto distrutto».

E i soccorsi? «Come sempre all’inizio c’è un po’ di caos, per così dire organizzato. Ci sono ambulanze in numero esagerato, ma ci sono ancora tante zone che non sono state raggiunte, frazioni di cui nessuno sa niente, le strade sono impercorribili ed è difficile arrivarci».

Per Lamberto occorre fare presto «questa è una zona in ombra» spiega, «tra poche ore cala il sole e dobbiamo continuare a scavare, ma…»
La sua voce si incrina…«purtroppo abbiamo estratto una sessantina di morti, molti bambini. Ed è qualcosa che straccia il cuore dei soccorritori, ma non ci si può fermare, dobbiamo continuare a lavorare». Nello scantinato di un garage è stata allestito un obitorio di fortuna.

Lamberto Nonne è per così dire un veterano, ha già prestato la sua opera di soccorso in Umbria e nelle Marche oltre che in Abruzzo… «ma ogni volta è un’esperienza diversa», conclude.
«A questo groppo che ti stringe la gola non ci si fa il callo. Non si fa il callo all’emergenza».


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