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Comitato editoriale

Un bambino con un tumore resta un bambino: perciò gioca con un imbuto

New entry nel Comitato Editoriale di Vita: è l'Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma. Nata a Genova nel 1993, oggi conta 120mila sostenitori. «Il neuroblastoma è una malattia subdola, la guarigione si ferma ancora al 25%. Per questo sostenere la ricerca è tanto importante», spiega Sara Costa, la presidente. Le speranze più grandi? Arrivano dall’immunoterapia genetica e da farmaci innovativi

di Sara De Carli

Oltre venti milioni di euro raccolti e destinati alla ricerca sul neuroblastoma e i tumori cerebrali pediatrici: è questo il dato che più racconta, in sintesi, la ventennale storia dell’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma Onlus, che da settembre 2016 entra nel Comitato Editoriale di Vita.

La sua storia inizia nel 1993 a Genova attorno all’Istituto “G.Gaslini”, punto di riferimento per tutti i piccoli pazienti colpiti da neuroblastoma: genitori e medici si mettono insieme per raccogliere fondi e finanziare la ricerca scientifica sul neuroblastoma, con il sogno di sconfiggerlo, individuando nuove e cure e terapie. «Il neuroblastoma è una malattia subdola, ha un’incidenza di 8-10 casi per milione all’anno, con circa 140 nuovi casi ogni anno in Italia e la percentuale di guarigione per i casi più aggressivi purtroppo è ancora ferma al 25%, mentre negli altri casi la lungo-sopravvivenza arriva anche al 60%. Quello che offriamo in Italia è assolutamente all’altezza di ciò che fanno altrove, i viaggi della speranza non servono, il problema non è la cura ma la malattia. Per questo i nostri sforzi devono aumentare continuamente», spiega Sara Costa, presidente dell’Associazione, arrivata al Gaslini nel 1992 per la malattia del figlio.

«Abbiamo sempre focalizzato l’attenzione sulle risorse umane: anche in questo sosteniamo i contratti di 28/35 ricercatori, biologi, biologi molecolari, bioinformatici…» continua la presidente. Grazie all’Associazione ad esempio a Genova già nel 1998 nacque un Laboratorio di ricerca sul Neuroblastoma, che dal 2013 è diventato parte integrante dell’Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza di Padova. Le due linee di ricerca principali che l’Associazione finanzia in questo momento, a cui pazienti, famiglie e medici affidano le loro speranze, riguardano l’immunoterapia genetica e la ricerca su farmaci innovativi che possano “bersagliare” in modo non tossico le cellule tumorali, in particolare le mutazioni del gene ALK. «Dal 2014 finanziamo un progetto di immunoterapia genetica che coinvolge otto centri, da Trento a Catania: il protocollo sperimentale partirà in autunno all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, con i primi casi trattati», spiega la presidente.

Dal 2006 l’Associazione e la sua Fondazione hanno esteso il campo d’attenzione a tutti i tumori cerebrali pediatrici, innanzitutto “esportando” il modello di centralizzazione dei dati messo in piedi per il neuroblastoma: «tutti i centri che hanno un sospetto tumore cerebrale mandano il materiale prelevato e i dati all’Università La Sapienza (per il neuroblastoma al Gaslini di Genova), affinché ci sia una conferma o meno, la registrazione del caso e l’ampliamento del registro dei casi di tumore cerebrale pediatrico, registro a cui tutto mondo scientifico accede. In pochi anni la percentuale di errore è scesa sotto il 2%, dal 36% che era e questo database consente anche di formulare più facilmente l’ipotesi di un possibile approccio terapuetico mirato. Avere un registro è inoltre la premessa fondamentale per qualsiasi ricerca, ma per realizzarlo servono fondi».

Nello stesso modo in cui ha saputo allargare con generosità il suo campo d’azione, così negli anni anche l’Associazione è uscita dalla culla genovese: oggi ha uffici in tre città (Genova, Milano e Serravalle Sesia) e fa 780 giornate all’anno di raccolta fondi con otto dipendenti, 300 volontari e 120mila sostenitori. Tutti insieme hanno consentito alla raccolta fondi di arrivare oltre i 3 milioni di euro, anche se l’ultimo bilancio si è chiuso a 1,5 milioni.

Il simbolo della lotta al neuroblastoma è un bambino con un imbuto in testa, perfettamente riconoscibile, giocoso e gioioso, che crea identità (anche la presidente si è prestata al gioco, nella foto): «È un simbolo nato per caso anni fa, ma in cui ci riconosciamo molto», ricorda lei. «Volevamo cambiare il nostro logo inziale, che era un po’ triste e un grafico ci propose una foto: bisognava acquistarla e costava moltissimo. Così noi genitori abbiamo portato un po’ di foto dei nostri figli e abbiamo scelto questa, perché esprime molto bene il nostro approccio, il nostro aver trasformato il dramma in speranza, con la gioiosità che un bambino malato comunque ha, con la sua ha voglia di giocare, con il suo restare innanzitutto un bambino. Il nostro vuole essere un messaggio di speranza».