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No Borders, la realtà virtuale dei migranti al Festival di Venezia

È la prima volta di una sezione della kermesse, Premio MigrArti, interamente dedicata ai nuovi italiani. Tra i progetti in concorso il primo documentario italiano in Realtà Virtuale, diretto da Haider Rashid, regista fiorentino di padre iracheno

di Monica Straniero

La 73. Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ospita quest’anno, per la prima volta, una sezione interamente dedicata ai corti e ai docufilm che vedono il coinvolgimento diretto dei nuovi italiani.

Una giuria, presieduta dal regista Ferzan Özpetek nominerà il 6 settembre il vincitore della prima edizione del Premio MigrArti che raccoglie le 16 pellicole vincitrici del bando del Mibact ideato per la promozione di progetti cinematografici capaci di contribuire alla valorizzazione delle culture delle popolazioni immigrate in Italia.

«Con il progetto Migrarti – ha sottolineato il ministro Franceschini in occasione della conferenza stampa di presentazione del Premio che ieri a Venezia, – stiamo cercando di colmare un colpevole ritardo e favorire la conoscenza delle tante culture e delle diverse comunità che vivono in Italia e in questo modo sensibilizzare al superamento delle paure, dei pregiudizi e degli stereotipi».

Tra i progetti in concorso, c’è No Borders, il primo documentario italiano in Realtà Virtuale, diretto da Haider Rashid, Il regista fiorentino di padre iracheno e madre italiana, si è imposto all’attenzione della critica con il lungometraggio Sta per piovere (2013), il primo film italiano sullo ius soli che narra le difficoltà di ottenere la cittadinanza italiana per chi, nonostante sia nato e cresciuto in Italia, è figlio di immigrati.

In No Borders, che sarà proiettato domani 3 settembre alle 11.30 nell’ambito delle Giornate degli autori, il regista racconta invece l’esperienza dei migranti di passaggio, uomini per la maggior parte ma anche donne e bambini che affrontano viaggi infernali per approdare sulle coste italiane con la speranza di raggiungere il nord Europa. Ed invece trovano muri, filo spinato e polizia che li costringono a stazionare nei punti di transito.

«La volontà è stata quella di raccontare l’accoglienza ai migranti dal punto di vista di chi lo fa quotidianamente», dice il regista. «Le realtà autogestite che abbiamo osservato e documentato si contrappongono categoricamente all'ondata di incontrollabile razzismo ed intolleranza che una parte degli italiani ha dimostrato negli ultimi anni, restituendo vita al senso di accoglienza, empatia ed umanità che ha spesso contraddistinto l'Italia».

Il documentario è stato in parte girato la scorsa estate presso il Centro Baobab di Roma, sgomberato nel dicembre 2015 dalle forze dell'ordine ed esempio di accoglienza nuovo, basato sul volontariato dal basso e sulla solidarietà dei cittadini romani. Le riprese si sono poi spostate al presidio No Borders di Ventimiglia, anch'esso sgomberato dopo alcuni mesi di attività, è una città di frontiera diventata ormai simbolo della lotta contro la chiusura delle frontiere.

No Borders che parla di guerra, della fuga e dell’accoglienza come necessaria conseguenza, si distingue però dagli altri perché utilizza i nuovi strumenti narrativi offerti dalla realtà virtuale. Il film a 360° permette agli spettatori di empatizzare con i migranti grazie all’utilizzo di un visore. Basterà infatti girare la testa o addirittura tutto il corpo per sapere cosa sta succedendo nei centri di accoglienza.

“Di fronte ad uno dei drammi che sicuramente verrà ricordato negli anni a venire come uno dei più grandi da cui l’Europa è stata colpita, era importante offrire un punto di vista diverso da quello dei media tradizionali, che spesso puntano più sul pietismo verso chi soffre, e annullare il più possibile le distanze tra la realtà e lo spettatore”, aggiunge Rashid. L’obiettivo è in sostanza lasciare libero chi si immerge nella realtà cosiddetta “aumentata” di trarre le proprie conclusioni e di provare le proprie emozioni.

Infine l’attore e attivista sociale Elio Germano fa da narratore nel percorso di scoperta della realtà migratoria in Italia spesso oggetto di fuorvianti semplificazioni che diffondono presso l’opinione pubblica una percezione distorta e strumentale del fenomeno migratorio. Il risultato è un racconto anti-ideologico capace di esporre le ragioni profonde che spingono centinaia di migliaia di donne e uomini a sfidare la morte pur di abbandonare guerre e miserie.


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