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«Quella vignetta di Charlie Hebdo è come una scoreggia in pubblico». Parola di Vernacoliere

L’intervista a Mario Cardinali, direttore del mensile satirico. «La libertà non è soltanto dare aria alla bocca. La tavola del settimanale francese sul terremoto e la pasta è una provocazione fine a se stessa, becera e inutile»

di Lorenzo Maria Alvaro

Charlie Hebdo, il celebre giornale satirico francese, divenuto ancora più conosciuto –tristemente- per l'attentato di cui fu fatto oggetto da terroristi islamisti, oggi è tornato su tutte le prime pagine.

Questa volta però la ribalta se l'è meritata per una vignetta. Nel mirino dei disegnatori francesi però non c'era qualche terrorista, la Chiesa Cattolica, Il Papa o Maometto. Questa volta l'obbiettivo erano gli italiani. In particolare quelli colpiti dal terremoto. Naturalmente il disegno ha subito infiammato un feroce dibattito su satira, libertà di espressione e censura. Vita ha deciso di rivolgersi ad una isituzione, la principale pubblicazione satirica italiana: il Vernacoliere. A risponderci il direttore Mario Cardinali.


Ha avuto modo di vedere la vignetta incriminata?
Sì, per caso. Mi sembra una provocazione fine a se stessa. Becera e inutile

Ora il punto è: ma c'è una definizione di satira?
Non ci sono caratteristiche precise. È un bisogno dell’anima e dell’intelletto di rompere i coglioni. Ognuno la intende come vuole. Poi c’è l’humus culturale in cui si è nati che detta altre differenze. In genere è un opporsi all’ordine e alla visione generale.

Dunque questa vignetta va presa per com'è…
Un momento. Qui non c’è satira. Dov'è questa satira.? Che tipo di ordine si vuole mettere in discussione? Per me è una cosa squallida, anche mentalmente. Dov’è la dissacrazione? Cosa si dissacra così? I morti? La natura?

Allora qualche tratto per tracciare un identikit della satira c'è…
Se c'è una caratteristica è che la satira serve per far riflettere. Spingere a riflettere su qualcosa. Per questo è pessimista. Ma qui non so dire su cosa dovrei riflettere. Quelle lasagne sono penose. Soprattutto per chi si definisce satirico.

Quindi sul Vernacoliere non avreste pubblicato niente del genere?
Io non solo non avrei mai pubblicato una cosa del genere. Non avrei mai neanche lavorato con qualcuno che me l’avesse proposta. Non lo vorrei con me qualcuno che pensa una cosa del genere.

Però c'è chi dice che questa è censura. Che sarebbe un attentato alla libertà di espressione…
È una solenne cazzata. La libertà di espressione non è soltanto dare aria alla bocca. Ruttare e scoreggiare in mezzo alla gente non è libertà. La censura è una prepotenza altrui che vuole soffocarmi. Qui non c’è nulla da soffocare. La società non è solo un insieme di obblighi e libertà. C’è anche l’incontro di intelligenze e di comprensioni. Quando si soffocano intelligenze e comprensioni è lì che c’è censura. Dov’è l’intelligenza di quella vignetta? Non è solo lecito, è anche doveroso dire che quella vignetta è una schifezza. Sarebbe come non opporsi agli stupidi che si mettono l’anellino nel buco del culo.

Mi scusi, a cosa si riferisce?
Intendo dire che siamo pieni di mode insignificanti e stupide. Piercing, tatuaggi e via dicendo. Perché non si può dire che sono stronzate? Questa vignetta come queste mode sono un attentato alla mia intelligenza, e quindi la mia intelligenza reagisce.

Se dovesse rispondere a tono cosa farebbe?
Non ci penso neanche. Non è degna di risposta. È come il vomito di un ubriaco o un rutto. Una cosa che non si può prendere in considerazione. La famosa vignetta del piatto di spaghetti con la pistola era satira. Perché aveva un messaggio e colpiva una questione vera. Questa non è nulla. È solo cattivo gusto.

C'è chi dice che il cattivo gusto è soggettivo. Non lo è?
È vero, è un’espressione complicata. Ma esiste un canone generale. Ciò che offende l’intelligenza è di cattivo gusto ad esempio. Anche se è vero che anche la stupidità può avere un senso. Invece qui non c’è nemmeno quello. Siamo di fronte alla voglia di colpire senza motivo. Un disegno che l’unica cosa che smuove è il pensare di aver appena visto una stronzata. Non è stupidità ma voglia di essere stupidi per fare male.


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